L'Ospite

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Ripeti questa Parola

di don Mario Colavita

Dell’importanza della Parola di Dio ne ha parlato papa Francesco quando nel 2019 ha istituito la festa della Domenica della Parola di Dio.
Il papa scrisse: “Dedicare in modo particolare una domenica dell’Anno liturgico alla Parola di Dio consente, anzitutto, di far rivivere alla Chiesa il gesto del Risorto che apre anche per noi il tesoro della sua Parola perché possiamo essere nel mondo annunciatori di questa inesauribile ricchezza”.

Per noi credenti la Parola di Dio è un grande tesoro, il tesoro della Chiesa che splende di luce propria. Attraverso questo tesoro noi siamo orgogliosi di un Dio che non ci ha abbandonato ma che attraverso la sua Parola è con noi.
Questa domenica non è solo celebrativa, diventa anche impegnativa. L’impegno è a coltivare, leggere e studiare la Parola di Dio.

Se c’è una critica forte oggi a noi cristiani italiani è quella di essere dei veri ignoranti nella conoscenza della Bibbia e della preghiera con la Bibbia. Tra le tante devozioni a santi e santuari, dovremo includere quella al santuario della Parola di Dio.
La Parola ci aiuta ad avvicinarci a Dio, il diacono della Siria del IV secolo Efrem scriveva così: “Il Signore ha colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una ricchezza in ciò che contempla”.

La liturgia di oggi fa un elogio alla forza della Parola. Con Esdra e Neemia il popolo ritrova coraggio nel ricominciare un cammino di fiducia in Dio, ascoltando la lettura della Torah il popolo si commuove di gioia, piange perché quella parola evoca le grandi cose che Dio ha fatto nella storia.

Nel vangelo di Luca è Gesù a proclamare la Parola e a tenere una omelia brevissima: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21).
La liturgia sinagogale è molto semplice. Le prescrizioni rituali ci dicono che all’inizio del culto si recitava la shemà Israel, tratto dal libro del Deuteronomio, poi venivano lette le 18 benedizioni (una sorta di ringraziamento a Dio per quando ha fatto). La parte centrale del culto è costituita dalla lettura, in piedi, di due brani della scrittura: un brano del Pentateuco e un brano dei profeti, segue una breve omelia e il sacerdote conclude con la benedizione.

Gesù ha fatto così di sabato è entrato nella sinagoga del suo paese e ha letto un brano dei profeti (a dire il vero lo ha scelto lui) e ha fatto l’omelia.
Ora questa omelia ci interessa perché in essa si dice che quello che è stato proclamato diventa vita in coloro che lo ascoltano.

Cosa c’è di così importante in quello che Gesù ha letto? È la salvezza per tutti, festosa e universale, Gesù; leggendo il testo di Isaia dà l’avvio al compimento delle promesse divine contenute nelle profezie, nel momento stesso in cui lo proclama.
Una parola che si realizza, una Parola che ci incoraggia e ci dona sicurezza nell’agire di Dio nella storia e nelle storie.

L’oggi inaugura l’anno di grazia, il tempo della salvezza. Ciò che Gesù inizia a dire è la parola-evento che non è soltanto una informazione o un discorso, ma è già salvezza.
Dovremo invocare a voce alta Gesù e dire: Ripeti anche per noi, Gesù, quella parola che hai pronunciato quel giorno nella sinagoga di Nazaret: “Oggi si è compiuta questa Scrittura”.

Ripetila per tutti i cristiani depressi e impauriti, per quanti vivono in una nostalgia di chiesa che non c’è più, ripetila per aprirci gli occhi su quanto sta accadendo dentro di noi e attorno a noi.

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