Il delitto di campobasso

Omicidio di Natale, i punti oscuri delle due testimonianze

Ambedue le persone che erano con la vittima, nella deposizione resa ai carabinieri avrebbero dichiarato di non sapere di chi fosse il coltello. Sentiti separatamente, uno racconta di un alterco nato per gli “stupefacenti”, l’altro invece parla di “hascisc”. Sarebbero diversi gli aspetti che non tornano, l’unico elemento certo: l’estraneità di Cristiano Micatrotta alla vicenda, intervenuto per difendere un amico

Dagli elementi a disposizione degli investigatori non sono emersi aspetti utili a spiegare con chiarezza quello che è accaduto le ore prima del delitto di Natale. Al di là della certezza che Cristiano sarebbe stato raggiunto in un secondo momento dal fendente che lo ha ucciso perché intervenuto a difesa dell’amico, il resto è tutto ancora da ricostruire e da capire.

Anche le testimonianze rese ai carabinieri dalle due persone che la sera della vigilia della Natale erano con Cristiano Micatrotta presenterebbero punti oscuri sui quali probabilmente si baseranno anche le strategie processuali delle parti coinvolte.

Cristiano colpito da un fendente per difendere l’amico, gli avvocati: “Estraneo al mondo della droga”

L’unico indagato è Giovanni De Vivo, autore del colpo di lama che ha ucciso Cristiano e che probabilmente oggi incontrerà nel carcere di Benevento il suo difensore, l’avvocato Mariano Prencipe al quale potrebbe raccontare come sono andate le cose.

Sono emerse delle incoerenze nei racconti dei due testimoni. A partire dalla droga. Uno racconta ai carabinieri che la discussione era nata per gli “stupefacenti”; l’altro invece precisa che era nata per “l’hascisc”. Ma la pista degli inquirenti porterebbe invece ad altro tipo di sostanza. E porterebbe ad ipotizzare un alterco nato perché qualcuno (che non era Cristiano) aveva venduto il “pacco” all’altro. Ma chi ha dato la droga a chi è un passaggio ancora avvolto nel mistero. Un certo clima di reticenza non favorisce al momento una ricostruzione chiara dei fatti e per questo, determinante, potrebbe essere la deposizione che l’indagato farà prima di tutto al suo difensore.

Poi il coltello: ambedue i testimoni avrebbero dichiarato di non averlo visto quando sono arrivati in via Vico e quindi di non sapere  a chi appartenesse. Fatto, quest’ultimo, che apre ad alcuni interrogativi: ci si chiede se qualcuno stia coprendo qualcun altro. E perché.

Il solo fatto che il povero Cristiano sia stato ucciso da un fendente è l’unica certezza. La stessa arma è stata poi sequestrata e si trova a disposizione dell’autorità inquirente.

Dopo i fatti sarebbe stata eseguita anche una perquisizione a casa di De Vivo che – stando alle indiscrezioni emerse finora – non avrebbe fornito alcun esito positivo.

Si è di fronte ad un omicidio che si è consumato in pochi istanti. Che però ha una fase preliminare che si sarebbe consumata tra l’autore del delitto e un altro, che non è Cristiano. Tabulati alla mano, cellulari sotto sequestro e vite al microscopio, i carabinieri stanno eseguendo in questa fase approfondimenti e ragionamenti che partono da diverse ore prima dell’omicidio. Che iniziano ancora prima delle telefonate che Di Vivo quella sera fece ad un cellulare che non era quello di Cristiano.

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