Campobasso

Bimbo di 8 mesi positivo da 3 settimane: “Abbiamo dovuto pagare i tamponi di tasca nostra e siamo ancora isolati”

La disavventura di una famiglia campobassana che dal 31 dicembre attende di essere chiamata per un test sul piccolo, ora guarito ma non negativizzato

Quando il bambino ha accusato febbre alta e altri sintomi, i genitori hanno immediatamente attivato la procedura per fargli fare un tampone. Ma da dallo scorso 31 dicembre attendono ancora di essere chiamati dalla Asrem per sottoporre il bimbo di appena 8 mesi al test molecolare. Così hanno dovuto fare ricorso al proprio portafogli e pagare di tasca propria due molecolari dal costo di 65 euro ciascuno per accertarsi che il bimbo fosse effettivamente positivo.

Adesso che il peggio è passato, questa famiglia di Campobasso che ha vissuto le difficoltà del Covid-19 sulla propria pelle può denunciare l’inefficienza del sistema che dovrebbe portare a testare immediatamente le persone con sintomi riconducibili al Sars-Cov-2 e in particolare i più piccoli, ancora non vaccinabili.

“Voglio denunciare che questo sistema non funziona – racconta il giovane papà del bimbo -. Io e mia moglie siamo risultati positivi e quando abbiamo visto che nostro figlio aveva la febbre abbiamo immediatamente chiamato la pediatra per fargli fare un tampone. Siamo ancora aspettando. Nel frattempo ci siamo attivati privatamente e dal 31 dicembre lui è positivo. Ha avuto febbre alta e altri sintomi, ma adesso sta bene. Purtroppo dall’ultimo tampone sono passati meno di 10 giorni e quel giorno era ancora positivo. Vorremmo però che almeno l’ultimo test lo facesse tramite l’Azienda sanitaria regionale perché come tutti paghiamo le tasse e ne abbiamo diritto”.

Il genitore del piccolo racconta inoltre che “al centralino vengono forniti due numeri ma entrambi non rispondono. Anche gli addetti del centralino ne sono a conoscenza ma nessuno fa nulla per cambiare questa cosa. Stiamo così da quasi tre settimane e non sapendo se il bambino è negativo non possiamo lasciarlo ai nonni e tornare al lavoro”.

Uno sfogo assolutamente comprensibile per una famiglia che ha vissuto una brutta disavventura proprio a cavallo delle festività natalizie e che dopo lo spavento per le condizioni di salute del piccolo non è ancora riuscita a uscire dall‘incubo burocratico che tutto questo ha comportato.

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