La città in mano ai teppisti

Ragazzi violenti: il video choc di un’aggressione in pieno centro a Campobasso. Chi sa, adesso denunci

Quel vocio che da settimane girava davanti alle scuole o negli incontri tra i genitori sta prendendo forma, finalmente, nelle denunce che alcuni hanno scelto di rendere alla squadra mobile dopo gli accadimenti portati alla luce in queste ultime ore. I video che prima giravano soltanto sui gruppi social dei ragazzi, ora sono stati consegnati agli agenti che stanno indagando a tutto campo. Calci e pugni, infatti, non erano destinati soltanto a giovani fra i 14 e i 16 anni ma anche a persone più adulte

Dopo i fatti portati alla luce in queste ultime ore sulla brutalità ai danni di uno studente di 16 anni, alcuni (finalmente) hanno deciso di raccontare quello che sanno agli agenti della squadra mobile. Perché le voci tra madri e padri che si ritrovano davanti scuola ad aspettare i propri figli si rincorrevano da tempo. Spesso causando stupore e incredulità.

I video che molti ragazzi possedevano nei loro gruppi social, finalmente sono stati consegnati in questura. Ma molto ancora c’è da denunciare. E l’auspicio è che tutti quelli che sanno, che hanno visto o ascoltato fatti simili, che hanno addirittura subìto in silenzio, bussino alla porta degli uffici di via Tiberio e raccontino ogni cosa senza alcuna titubanza. Perché anche un elemento che può sembrare insignificante, agli uomini di Marco Graziano può rivelarsi utile per mettere le Autorità competenti nelle condizioni di poter agire rispetto ai presunti colpevoli e salvaguardare quella cultura della legalità, primo baluardo alla lotta contro ogni genere di sopraffazione.

Il video allegato è soltanto uno di altri in possesso di alcuni ragazzi – che a breve saranno ascoltati negli uffici della polizia – e custoditi nei loro smartphone. Si vede chiaramente la violenza inaudita che i tre teppisti usano contro un signore di mezz’età, palesemente spaventato e indifeso. Che probabilmente ha “osato” rimproverarli per qualcosa. Oppure li ha soltanto osservati “più del dovuto“, o ancora, ha reagito ad una loro provocazione. Sì, perché il modus operandi di questi “sciocchi del terrore” inizia proprio con la strategia della provocazione. Che a volte è verbale ma spesso è anche fisica: una spinta che sembra casuale ma non lo è, uno sgambetto, uno sguardo insistente.

Nel video, a placare quell’aggressione è il clacson di una Jeep, perché fino a quel momento in una delle strade più trafficate di Campobasso, Via Cavour (di fronte alla Casa circondariale) nessuno degli automobilisti di passaggio ha pensato di fermarsi e di chiamare il 113 oppure il 112. Nessuno.

Così ancora sabato scorso – 27 novembre – questa banda di teppisti ha seminato momenti di paura per le strade del centro urbano. Una mamma racconta del figlio aggredito lungo Corso Bucci. Un’altra, invece,  riporta l’episodio del figlio ‘provocato’ verbalmente mentre camminava lungo Viale Elena e che perché il giorno prima aveva letto in classe con i docenti l’articolo di Primonumero sui tre bulli, ha finto di non aver sentito le provocazioni ed è scappato a gambe levate. Un padre riferisce: “Mio figlio mi aspettava davanti alla pizzeria, stavo andando a prenderlo dopo una cena con i compagni di classe e mi ha raccontato di tre ragazzi più o meno suoi coetanei che a piedi, ubriachi, infastidivano i passanti”.

Fatti vecchi e nuovi che si rincorrono. Accadimenti che trasmettono l’immagine di una Campobasso quasi irriconoscibile.

Episodi che devono superare la barriera del silenzio o quella delle confessioni tra genitori-amici e conoscenti e prendere forma in denunce formali alla polizia. Perché nel video è chiara la violenza di cui questi balordi sono capaci.

Chi scrive non è affatto competente per stabilire se quei calci siano il frutto di un’infarinatura di arti marziali, ma azzardare che lo siano probabilmente non è poi così sbagliato. E se un calcio simile avesse colpito la tempia del povero signore in un certo modo, avrebbe potuto tranquillamente ucciderlo.

Non si può vivere di terrore. Chi sa, denunci. Chi ha visto, faccia lo stesso. Chi ha soltanto ascoltato, idem. Perché indignarsi soltanto davanti a certe immagini, non basta: bisogna muoversi.

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