Emergenza negli ospedali

Mancano pediatri e neonatologi, Asrem: “È un’emergenza”. Si ritenta col concorso, reclutati anche medici da Avellino

Per una grave carenza di medici negli ospedali del Molise, l'Azienda sanitaria regionale ricorre al reclutamento di specialisti da fuori regione: stipulato un accordo con Avellino per il 'prestito' di un imprecisato numero di neonatologi. Ma l'emorragia non si arresta tanto che l'Asrem ha indetto anche l'ennesimo concorso per cercare pediatri e altri neonatologi. L'accordo con la Campania cammina di pari passo col tentativo di portare anche medici della nostra regione nei reparti pediatrici che a causa dei turni di lavoro "estenuanti e di paghe basse" non si riescono a rimpiazzare. La situazione che lo stesso Florenzano definisce "una emergenza" giunge nel momento peggiore per i bambini esposti a rischio Covid 19 e all'attacco di potenti virus respiratori diversi dal Coronavirus.

Dal 1 dicembre 2021 e per un anno intero l’ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino fornirà neonatologi alle strutture sanitarie pubbliche del Molise.

Una grave carenza di medici specialisti (servirebbero almeno 7 pediatri e 5 neonatologi) compromette la continuità assistenziale e questo, unito alla necessità di “scongiurare l’interruzione di pubblico servizio” e tenuto conto “dell’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane interne all’Azienda”, è alla base di questa decisione deliberata il 6 dicembre scorso dal direttore generale Asrem, Oreste Florenzano.

La convenzione con l’azienda ospedaliera di Avellino, valida fino al 30 novembre del 2022, stabilisce che le prestazioni specialistiche saranno pagate 80 euro l’ora (lorde e comprensive di tutto escluse spese di viaggio e soggiorno). L’atto è talmente urgente da essere immediatamente eseguibile.

Pochi giorni dopo questo primo atto indifferibile l’Azienda sanitaria del Molise ricorre a una seconda soluzione. E’ notizia di ieri l’indizione di un nuovo avviso pubblico, per titoli, per l’assunzione a tempo determinato di cinque medici specializzati in Pediatria e Neonatologia. E anche di un nuovo concorso pubblico per l’assunzione a tempo indeterminato di altrettanti medici specialisti.

Ma come si è arrivati al punto di doverci far prestare pediatri e neonatologi dalla Campania? Possibile che in Molise non ci siano medici disposti ad andare a lavorare al Cardarelli di Campobasso, al San Timoteo di Termoli o al Veneziale di Isernia? E soprattutto perché?

La delibera del 6 dicembre scorso del direttore Florenzano è allarmante e fotografa una situazione disastrosa le cui conseguenze potrebbero ricadere sui bambini.

Nell’atto numero 1464 si parla esplicitamente di “perdurante grave carenza di personale medico ospedaliero, aggravata dalla difficoltà a reperire risorse umane” e di procedure per assumere medici (avvisi pubblici, selezioni, concorsi) “molte delle quali totalmente infruttuose e, pertanto, non risolutive delle criticità assunte consequenzialmente a dimensioni di una vera emergenza”.

La situazione, già molto precaria, è diventata gravissima da quanto la Covid-19 è stata dichiarata malattia pediatrica perché colpisce le fasce di popolazione più giovane non essendo ancora vaccinate. Ma anche da quando potenti virus respiratori hanno riconquistato il terreno perso l’anno scorso quando lockdown, didattica a distanza e mascherine ne limitavano la diffusione. Oggi abbiamo vere e proprie epidemie di bronchiliti, bronco-polmoniti e gravi forme di otite che rendono necessarie terapie importanti e, nei casi più seri, ricoveri.

Il risultato – e ve lo confermerà chiunque abbia figli piccoli – è che i reparti di pediatria del Molise sono ingolfati di piccoli pazienti come pure ambulatori pediatrici e pronto soccorso.

Ambulatori pediatrici strapieni, classi decimate, bambini in ospedale: epidemia di bronchiolite

Ma la carenza di specialisti nel Molise, commissariato da quasi 15 anni, è molto più antica. E riguarda anche altre discipline, come ricorda la delibera di Florenzano quando scrive che già a marzo l’Asrem si era rivolta a diverse aziende sanitarie limitrofe per stipulare convenzioni “per l’acquisto di prestazioni dirigenziali nelle discipline di anestesia e rianimazione, ortopedia/traumatologia e pediatria/neonatologia, al fine di commisurare la disponibilità di medici specialisti all’effettivo fabbisogno di personale necessario ad assicurare gli standard ospedalieri”.

I famosi Lea, che il Molise del commissario Donato Toma ha enormi difficoltà a garantire e che potrebbero valergli il ‘licenziamento’ dal Ministero della Salute.

A metà novembre hanno risposto per le vie brevi dall’ospedale San Giuseppe Moscati col quale l’Asrem ha definito l’accordo di collaborazione coi medici a partita Iva di Avellino.

Ad oggi non sappiamo quanti abbiano già preso servizio negli ospedali pubblici della nostra regione. Possiamo presumere non troppi visto che il 30 novembre scorso (due settimane dopo che Asrem e Azienda ospedaliera campana avevano già definito i dettagli della loro collaborazione) è tornato a riunirsi anche il Comitato regionale per la pediatria di libera scelta.

Sul tavolo regionale della struttura commissariale un accordo, o meglio, una bozza di accordo, che le parti alla fine non hanno firmato.

Cosa prevedeva che lo racconta il dottor Donato Meffe, segretario della sezione molisana della Fimp (Federazione italiana medici pediatri) e forte sostenitore di una precedente intesa stipulata nel 2017 sempre tra pediatri e l’allora commissario ad acta Paolo Di Laura Frattura. Accordo che salvaguardava la continuità assistenziale reclutando medici iscritti alla Federazione (lo sono tutti i pediatri molisani) per lavorare in quello che è stato un ambulatorio pediatrico attivo negli ospedali nei festivi e nei prefestivi (più conosciuto col nome di pronto soccorso pediatrico). Un servizio molto utile per le famiglie alle prese con bambini ammalati di sabato o domenica quando i pediatri di famiglia non lavorano e non si sa a chi rivolgersi.

Oggi quell’ambulatorio non c’è più: se un bambino sta male e il pediatra di famiglia non c’è perché è domenica ci si rivolge al pronto soccorso che, previo tampone molecolare e conseguente attesa di ore davanti al nosocomio, chiama un pediatra dal reparto per venire a visitare il bambino, valutare la situazione, la terapia e l’eventuale ricovero in reparto. Ammesso che ci sia posto: in pediatria al Cardarelli, per esempio, i posti letto sono stato tolti durante l’emergenza Covid e non sono stati ancora ripristinati tanto che sono davvero pochi.

La struttura commissariale dal canto suo avrebbe voluto che Meffe, in qualità di rappresentante della Fimp, firmasse una intesa per mandare in reparto i suoi pediatri i quali, in caso di emergenze, potessero seguire anche i bambini che arrivavano in pronto soccorso. Evenienza neppure tanto rara in questi ultimi mesi specie per le ragioni che spiegavamo poco fa.

Ma di medici disponibili a operare con questa modalità non ce ne sono: “I turni sono massacranti, chi finisce in pediatria non sa dove correre prima – racconta il segretario Fimp – e i pediatri vengono pagati anche meno rispetto a loro colleghi di altre regioni del Nord. C’è chi ha lavorato in ospedale, di notte e nei festivi, per un anno e mezzo e avanza ancora sei mesi di paga tanto che ora ha un contenzioso in atto, abbiamo dato disponibilità per la campagna vaccinale e da giugno a oggi non ci hanno ancora corrisposto alcunché, il personale che va in pensione non viene sostituito, questa situazione è pericolosa specie per i bambini e non so più come farglielo capire”.

Chiaro che se i pediatri su base volontaria dovessero lavorare in ospedale vorrebbero delle garanzie economiche per garantire la cosiddetta “guardia attiva” cioè il lavoro notturno e nei festivi, stabilendo con l’azienda sanitaria i turni organizzati in maniera tale da non compromettere la loro attività ambulatoriale. Insomma, turni sì negli ospedali ma non massacranti e pagati puntualmente mese per mese. Almeno fino a quando durerà questa grave carenza di specialisti.

Al momento queste premesse non ci sono. Ecco perché non si ravvedono ragioni logiche per le quali pediatri e neonatologi debbano rispondere in massa al nuovo avviso pubblico e al concorso. Forse giusto per onorare quel giuramento di Ippocrate che gli ricorda di andare “in qualsiasi casa per il sollievo dei malati”.

 

(in home foto ospedalebambinogesu.it) 

 

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