Il clima che si respira nella Terapia Intensiva dell’ospedale di Termoli non è dei migliori, anzi. Lo dimostra una nota di tre sigle sindacali (FP Cgil, Fials e Fsi Usae), indirizzata ai vertici Asrem, che ‘denuncia’ atteggiamenti intimidatori e vessatori da parte del responsabile facente funzioni del reparto nei confronti degli infermieri che vi lavorano.
Una situazione che sembra essersi esasperata dopo le note vicende di cronaca che hanno interessato il primario fecente funzione che, per il mancato possesso del Green Pass e insieme ad altri 20 dipendenti dell’Asrem, è stato attenzionato dai Nas e costretto a sanare la sua posizione.
La nota che i sindacati, a seguito di segnalazioni varie da parte del personale infermieristico che opera in reparto, hanno fatto ad Asrem rifacendosi al codice di comportamento dell’azienda – che “obbliga il dirigente ad avere un comportamento, nei rapporti interpersonali, improntato sui principi della correttezza e della collaborazione nei confronti degli altri operatori della struttura” – si basa su situazioni che di fatto stanno compromettendo la serenità nel reparto, oltremodo delicato, specie in un periodo come quello che stiamo vivendo.
Atteggiamenti descritti come vessatori e intimidatori, che si evidenziano “con ripetute minacce di distogliere personale dalla Terapia Intensiva per destinarlo a propria discrezione in altre attività del Blocco Operatorio”, si legge nella nota.
Una segnalazione non certo ‘tipica’ e che fa emergere in tutta la sua forza la problematica che sta interessando un reparto cruciale del San Timoteo. L’azienda sanitaria regionale – “sensibile ai temi inerenti il benessere organizzativo” – non ha certo chiuso un occhio di fronte a questa missiva e, anzi, come ci confermano fonti interne ai sindacati, ha nel giro di poco scritto al primario Giuseppe Germele chiedendogli ‘controdeduzioni’ a riguardo. Una richiesta di chiarimento scritta, insomma, cui il dirigente medico non avrebbe ancora risposto (la comunicazione Asrem gli sarebbe arrivata solo ieri).
Va detto che risulta che il medico abbia sanato la sua posizione vaccinale – ricordiamo che i sanitari sono obbligati per legge alla vaccinazione ai fini dell’attività lavorativa – perché a novembre si è sottoposto alla seconda dose (seppur a distanza di molto tempo dalla prima). Prima di quel momento era stato sospeso per tre giorni in maniera cautelativa per ‘mancanza di Green Pass’. Poi, una volta fatta l’iniezione e ottenuto il Certificato verde (e pagato una sanzione amministrativa di 420 euro) il medico ha ripreso regolarmente a lavorare. Sarà soggetto – come gli altri sanitari – all’obbligo di effettuare anche la terza dose, ma ciò non avverrà prima dei canonici 5 mesi dalla seconda, come spiegano dall’Ufficio Igiene dell’Asrem ribadendo che ci sono le linee guida del ministero a stabilire tempi e dosi per i sanitari.
Intanto, sanate la posizione di irregolarità amministrativa nonché quella vaccinale, resta in piedi l’indagine penale a carico dei sanitari che non si sono vaccinati nonostante l’obbligo di legge (per loro in vigore da aprile). Così come le indagini della Procura, che si avvalgono del Nucleo Antisofisticazione dei Carabinieri, vanno avanti per capire come e perché ci sia stata una falla nei controlli. Per quanto riguarda i sanitari, sono sì i rispettivi Ordini Professionali a dover controllare che i propri iscritti abbiano adempiuto all’obbligo di immunizzarsi. Ciò non toglie però che poi questi debbano comunicare, oltre che all’interessato, al datore di lavoro (in questo caso Asrem) la mancata vaccinazione. La ‘patata bollente’ poi è in capo a questo. Il meccanismo da qualche parte però si è inceppato.
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