Inchiesta sulla crisi della filiera

Latte a prezzo stracciato ‘uccide’ le stalle. Caseifici decimati da costi elevati, concorrenza sleale e assenza di un marchio

Il Molise, la regione della mozzarella e del caciocavallo, rischia di perdere un segmento fondamentale della propria economia oltre ai prodotti simbolo di questo territorio. "Negli ultimi 40 giorni hanno chiuso 70 allevamenti", denunciano dall'azienda Pallotta. Pesa l'aumento dei costi delle materie prime e per le spese energetiche. "Se chiudono le stalle, chiudiamo anche noi piccoli caseifici", evidenzia il titolare del 'San Marco' di Ferrazzano. Tra l'impossibilità di creare un consorzio, l'assenza di un marchio per distinguere chi trasforma il latte molisano e le condizioni svantaggiose dettate dalla grande distribuzione, i piccoli imprenditori provano a resistere e sperano nell'azione più incisiva della Regione Molise

Sarebbe impossibile immaginare un Molise senza il ‘suo’ caciocavallo, uno dei simboli di questa terra. Così come sarebbe una perdita gravissima dover rinunciare a ricotte, caciotte, mozzarelle, stracciate. Ma la realtà è che gli allevamenti molisani sono al collasso. E di questa crisi profonda sembrano accorgersi in pochi (a parte gli operatori del settore) perchè sulle nostre tavole spesso arrivano prodotti derivanti dalla trasformazione di latte estero. Spesso non riusciamo neppure a distinguere (in particolare se acquistiamo al supermercato) se la mozzarella che stiamo mangiando è frutto del latte delle mucche che pascolano sulle montagne della nostra regione.

Anzi, questa immagine bucolica potrebbe presto scomparire. La crisi del comparto si è aggravata dopo il lockdown e con i costi di produzione schizzati alle stelle. E’ aumentato tutto: il prezzo del mangime per gli animali, le spese energetiche. A catena le difficoltà delle stalle coinvolgono anche i piccoli caseifici molisani che utilizzano solo latte locale nella loro produzione.

L’assessore regionale all’Agricoltura Nicola Cavaliere ieri (9 novembre) ha comunicato di aver convocato un tavolo con allevatori e trasformatori sul problema “strettamente legato alla sopravvivenza stessa del nostro territorio. Perché la crisi del latte in Molise mette in discussione la nostra identità, il futuro delle aree interne e di tante, troppe famiglie. In ballo c’è la tenuta sociale dell’intero sistema”. Se chiudono le nostre stalle – le parole dell’assessore Cavaliere – muore la nostra agricoltura e di conseguenza il cuore pulsante dell’economia locale smette di battere”.

Basta parlare con i piccoli imprenditori della nostra regione, spesso titolari di aziende a conduzione familiare, per accorgersi che siamo ad un passo dal disastro: nei prossimi anni il Molise rischia di perdere un segmento fondamentale della propria economia. “Negli ultimi 40 giorni hanno chiuso 70 allevamenti molisani“, la drammatica fotografia scattata da uno dei titolari del caseificio Pallotta (in foto) che a Capracotta ha anche un’azienda agricola. E’ una delle eccellenze della nostra regione.

“Il problema – dice a Primonumero – è che la materie prime per alimentare gli animali sono aumentate, le spese energetiche sono schizzate alle stelle e il prezzo del latte di stalla è fermo a quello di 25 anni fa. Noi probabilmente siamo tra i pochi in regione a corrispondere 48 centesimi a litro più la qualità”.

C’è chi invece paga un litro di latte 37-38 centesimi. Altre aziende molisane poi preferiscono acquistare il latte all’estero pagandolo addirittura 28 centesimi a litro. Altri caseifici hanno utilizzato le cagliate o altri semilavorati che costano meno trasformandole in prodotti spacciati di ‘eccellenza’.

Tali condizioni hanno decretato la ‘morte’ degli allevamenti di vacche da latte: molte stalle molisane hanno chiuso, altre lo faranno tra poco perché sono guidate da persone anziane. Non c’è ricambio generazionale in questo comparto nonostante abbia storicamente contraddistinto la nostra regione.

“Io credo che della produzione molisana nemmeno l’1% sia realizzato con il latte locale“, la catastrofica previsione dell’imprenditore altomolisano. E poi “durante il lockdown il settore zootecnico è stato totalmente dimenticato. Il nostro caseificio ha dovuto buttare mille quintali di latte, nessuno è venuto a ritirarlo (anche se volevamo regalarlo) per trasformarlo e farci le mozzarelle”.

La mancata tutela dei prodotti locali tramite un marchio regionale che possa distinguere chi impiega il latte molisano per produrre mozzarella, ricotta e caciocavallo, l’assenza di un consorzio che possa riunire i piccoli imprenditori è anche una sconfitta per la Regione Molise.

Mentre i piccoli caseifici devono competere contro produttori più grandi che vendono a prezzi più bassi, hanno anche difficoltà ad arrivare sugli scaffali dei supermercati e quindi al consumatore finale.

“La grande distribuzione detta condizioni impossibili sul prezzo e sulla quantità di prodotto. Inoltre, fanno pagamenti a 90 giorni. Io pago a 30 giorni i contadini”, racconta invece il titolare del caseificio San Marco di Ferrazzano. La sua produzione si base su latte locale per realizzare prodotti di qualità (mozzarelle soprattutto) con cui rifornisce numerose pizzerie della città di Campobasso. Le stalle da cui acquista il latte si trovano tutte nella zona di Campobasso, a Cercemaggiore e a Campodipietra. Il piccolo imprenditore, che manda avanti l’azienda con i figli e alcuni dipendenti, paga 45 centesimi per ogni litro di latte più il trasporto. Insomma, “arrivo a pagare anche 50 centesimi a litro. Non scarico i problemi sui fornitori, sappiamo che sono in difficoltà ma più di così non riusciamo a pagare, il mio è un piccolo caseificio”.

mozzarelle san marco

“Siamo tutti preoccupati: se gli allevamenti chiudono, chiudono anche i caseifici”, aggiunge il piccolo imprenditore. Che ammette le difficoltà legate anche alle restrizioni imposte nei mesi scorsi a causa della pandemia: “Purtroppo abbiamo affrontato due chiusure forzate: l’anno scorso abbiamo lavorato fino a Natale, poi ci siamo dovuti fermare fino a Pasqua. E’ stata una mazzata”. 

I caseifici sanno che non possono rinunciare al latte, altrimenti chiuderebbero. Ecco perché ad esempio il caseificio Di Nucci di Agnone, che produce formaggi dal 1662, ha avviato un percorso di sostegno agli allevamenti che compongono la filiera tramite il pagamento del latte in base alla qualità. Le stalle si trovano tra Agnone, Capracotta e la Valle del Trigno. Alcune di queste ultime in passato lavoravano con la Parmalat.

“Sappiamo che quello del costo del latte è un problema sentito”, riferiscono invece dal caseificio della famiglia Di Nucci. “Purtroppo ci sono degli aumenti generalizzati (ma questo è valido sia per i caseifici che per le aziende agricole) che ci impone di rivedere i costi aziendali. Tutto ciò che è guadagno – che deriva dalla vendita del latte nel caso degli allevatori o dalla vendita dei formaggi nel nostro caso – va a coprire sempre meno i costi aziendali

“Nel nostro caso sosteniamo il reddito degli allevatori e la nostra filiera (composta da 15 stalle) con il pagamento latte-qualità. Non tutte le aziende fanno questo discorso perché magari la produzione non è artigianale ma industriale e c’è una limitazione del prezzo della materia prima. Tuttavia, a noi interessa avere una materia prima molto buona e la paghiamo bene”. 

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