Dopo la disfatta pentra

Salvini è morto a Termoli – Ascesa e caduta della Lega

Il 9 agosto 2019 l’ex ministro dell’Interno chiedeva dalla spiaggia della Cala Sveva “pieni poteri per governare l’Italia”. Da allora non ne ha più imbroccata una e il suo partito che toccò il 24% alle Europee nella nostra regione si è liquefatto. A Isernia non arriva al 3%, ultima lista della coalizione, e da tempo in regione non ha più rappresentanti

Dalle stelle – non cinque, per carità – alle stalle. Da primo partito alle Europee all’assenza in consiglio regionale. Da locomotiva della riscossa del centrodestra a Termoli a ultima ruota del carro a Isernia, col rischio concreto di rimanere senza un seggio. La Lega si è liquefatta in poco più di due anni. In Molise ha ormai un ruolo irrilevante, in Italia insegue Fratelli d’Italia che ormai l’ha sorpassata a destra, è proprio il caso di dirlo.

Da quando Matteo Salvini arrivava a Termoli chiedendo pieni poteri e mezza Italia lo acclamava sembra passato un secolo. Ma proprio lì, magari proprio quel giorno, la parabola politica dell’emblema sovranista ha conosciuto il suo apice.

Si può dire che politicamente Matteo Salvini sia morto a Termoli. Era il 9 agosto 2019 e fra un mojito e un remix, sotto il sole cocente dell’estate molisana, l’allora ministro degli Interni dichiarava guerra al Movimento Cinque Stelle e a Giuseppe Conte. Ma aveva fatto i conti senza l’oste. Matteo Renzi, con un giochetto politico dei suoi, per la prima volta aprì all’ipotesi di alleanza coi nemici giurati grillini, dando il suo placet al cosiddetto Governo giallorosso un minuto prima di uscire dal Pd e allontanando i sogni di Salvini di arrivare a Palazzo Chigi, facendolo pian piano scivolare anche nei sondaggi.

Solo pochi mesi prima, nel maggio 2019, la Lega era stato il primo partito italiano alle elezioni europee toccando il 34% dei consensi. L’ascesa era iniziata da tempo e il Molise non era stato immune dal fascino della propaganda sovranista. Nel marzo 2018 la Lega aveva preso 8,6% alla Camera in Molise, risultato quasi identico alle Regionali del mese successivo: 8,2% e due posti in Consiglio regionale.

Ma già lì erano emerse delle frizioni. Le due elette, Filomena Calenda e Aida Romagnuolo, hanno iniziato da subito a fare la guerra all’assessore scelto da Donato Toma in quota Lega. Luigi Mazzuto, non eletto perché non candidato, non ha avuto vita facile né breve.

Tuttavia a livello nazionale la cavalcata salviniana sembrava inarrestabile e in Molise i leghisti preferirono salvare le apparenze, sebbene l’esistenza di due diverse Leghe fosse già evidente ai più attenti. Ma il simbolo, quello vero, fece un figurone alle elezioni comunali sia a Campobasso che a Termoli. Nel capoluogo strappò il 10,5%, col grande rimpianto di non aver potuto esprimere il candidato sindaco (probabilmente Alberto Tramontano) nella competizione che vide trionfare Roberto Gravina. Sulla costa andò meglio: 12,7%, primo partito della coalizione che portò Francesco Roberti alla guida del Comune adriatico. Di conseguenza un assessorato e la presidenza del Consiglio comunale termolese.

Un posto, quest’ultimo, assegnato dapprima a Michele Marone. Già consigliere provinciale, divenuto presidente dell’assise nella propria città, Marone venne chiamato subito dopo a ricoprire un terzo ruolo politico: quello di assessore regionale al Lavoro e al Sociale.

Già perché nel frattempo la lotta fratricida nella Lega aveva avuto degli sviluppi. Aida Romagnuolo e Filomena Calenda, minacciando di passare all’opposizione, ottennero la testa di Mazzuto. Al quale non è rimasta nemmeno la guida del partito, affidata nelle mani di un brianzolo, non si sa quanto conoscitore delle beghe politiche fra il Biferno e il Volturno, il deputato Jari Colla.

Ma alle due leghiste per caso nemmeno Marone è andato bene. Anzi, un po’ tutta la maggioranza di Toma, sfilacciata come un maglione usurato, ne chiese la rimozione. E fu così che Marone, chiusa l’esperienza in Provincia e abbandonato il ruolo in Comune, dovette cedere anche la terza carica ritrovandosi con un pugno di mosche in mano. Lui come tutta la Lega, dato che Calenda e Romagnuolo hanno comunque abbandonato il partito, trasferendosi armi e bagagli una nell’Udc e l’altra in Fratelli d’Italia. Risultato? Mentre i sondaggi davano il Carroccio al 40%, la Lega spariva dal Consiglio regionale molisano.

Poi peròil mondo intero è cambiato e stavolta non è un modo di dire. La pandemia ha portato stravolgimenti impensabili e probabilmente la propaganda sovranista non fa più breccia come una volta. O almeno non quella della Lega salviniana, ormai relegata a brutta copia di Fratelli d’Italia. Il triste caso Morisi sembra un po’ una chiusura del cerchio per un partito che a livello nazionale mostra spaccature più che evidenti.

Da un lato l’ala sovranista, che strizza l’occhio ai No Green Pass e che attacca la ministra Lamorgese, dall’altra quella governista che dalle Regioni del Nord al Consiglio dei ministri sembra sempre più distante dalle prese di posizione del suo leader. Il quale negli ultimi mesi è stato più volte messo dietro la lavagna dal premier Mario Draghi, uno che ha l’autorità per affermazioni crude e provvedimenti che non guardano ai sondaggi.

È così che siamo arrivati all’ultimo miglio, quello delle comunali 2021. A livello nazionale la Lega prende il 10,7% a Milano, il 9,8% a Torino, il 5,9% a Roma. A Napoli addirittura non è riuscito a presentare una lista valida, contribuendo alla Caporetto del candidato sindaco di centrodestra. E a Isernia?

Schierata con Gabriele Melogli nel centrodestra ‘ufficiale’ contro Fratelli d’Italia, la Lega ha totalizzato un risultato che definire scarso è eufemistico: 364 voti, 2,98% e ultimo partito della coalizione, dietro persino alla lista ispirata a Vittorio Sgarbi. Se Melogli vincerà il ballottaggio, la Lega usufruirà di un seggio – uno soltanto – in Consiglio comunale. Qualora dovesse prevalere Castrataro, resterebbe invece fuori dall’assise civica.

C’è da scommettere che la disfatta di Isernia sia l’ultimo dei pensieri per Matteo Salvini. Anche se, guardandosi indietro, forse scoprirebbe che tutti i suoi mali sono iniziati proprio in Molise.

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