Guglionesi

La miseria, l’emigrazione, la luce di artista. Paolo Sassanelli omaggia in musica il cantastorie della sua terra e affabula il Teatro Fulvio

Serata teatral-musicale al Fulvio di Guglionesi con l’attore-sceneggiatore-regista Paolo Sassanelli, da molti conosciuto per la sua interpretazione in ‘Un medico in famiglia’, accompagnato da due dei componenti dei Rione Junno, incredibile band di musica etno-popolare, anche loro pugliesi. Uno spettacolo emozionante – omaggio alla vita del cantastorie di Apricena Matteo Salvatore - conclusosi con gli astanti in piedi ad applaudire gli artisti. Una sorta di anteprima della stagione teatrale che inizierà il 7 novembre

Una ventata di Puglia ieri ha sferzato il Teatro Fulvio di Guglionesi, con protagonisti l’attore Nastro d’Argento (ma anche regista e sceneggiatore) Paolo Sassanelli, volto noto anche della televisione in particolare per la sua interpretazione ne ‘Un medico in famiglia’, e i musicisti Federico Scarabino e Biagio de Nittis, due degli artisti dei Rione Junno, band che in circa 20 anni di carriera ha portato la musica popolare pugliese in giro per il mondo.

paolo sassanelli rione junno teatro fulvio

Tre pugliesi che hanno omaggiato, con musica e parole e a mo’ dei vecchi cantastorie, il conterraneo compositore Matteo Salvatore, morto nel 2005 e che a un certo punto si è messo a cantare la sua vita, dalla miseria dell’infanzia al sogno di gloria affidato alla musica e a quell’emigrazione. “I suoi racconti e le sue ballate sono gioielli di poesia grezza ma forte come il vento che soffia sui mulini del Gargano”.

Un omaggio al Sud, alla povera gente che nel dopoguerra si è trasferita al Nord in cerca di fortuna, proprio come Matteo Salvatore che in quel ‘mondo nuovo’ ha iniziato a comporre le sue straordinarie ballate accendendo la sua luce di artista.

Storia di un cantastorie’ è stato un bellissimo viaggio, intimo, nella vita del cantante di musica popolare del Gargano, scoperto da Claudio Villa e interprete di quell’Italia minore che non smette di raccontarci anche chi siamo oggi.

Matteo Salvatore è stato definito come il più grande cantautore dello sfruttamento. “Il grande poeta della povera gente”, così Eugenio Bennato. Una espressione bellissima su di lui è quella data da Italo Calvino: “Le parole di Matteo Salvatore noi le dobbiamo ancora inventare”.

E le parole, a volte taglienti a volte ironiche, sono state affidate a Paolo Sassanelli che ha saputo far ridere e commuovere con la sua irresistibile cadenza e le sue pregnanti interpretazioni sceniche. Sassanelli d’altronde è abilissimo nel passare da ruoli dai tratti comici, come quello interpretato ne La Capa Gira del pugliese Alessandro Piva, a interpretazioni malinconiche, come quella di Due piccoli italiani, film del 2018 di cui Sassanelli è anche regista.

Esilarante il suo racconto di un Matteo-bambino, la cui famiglia come tante è afflitta dalla povertà e se gli va bene mangia la ‘pasta nera’, che viene invitato per una settimana a pranzo – e che pranzo per chi non sapeva cosa fosse un secondo piatto – da notabili del paese. Poi si scoprirà perché: il figlio del medico è inappetente e come cura gli viene prescritta quella di mangiare assieme a un affamato. “Un bel giorno non mi hanno più chiamato a pranzare da loro, il bambino era guarito. Allora andavo in chiesa e pregavo la Madonna ‘Fa che cada di nuovo malato’”. Scoppiettante anche il racconto del Matteo che va al militare, e che come tanti analfabeti come lui non capisce gli ordini in italiano. Poi il cambio di registro, con la morte dell’innamorata Adriana (cantante anche lei) e l’accusa di omicidio. “Al Tribunale di San Marino mi hanno trattato bene, mi hanno detto che era delitto d’onore. La gente parla, ma che ne sa, io l’amavo”. Sul finire di spettacolo i racconti dai contorni sempre più tristi: la vita in roulotte, la malattia (una bronchite incipiente), il ritorno al Sud e l’addio alla musica.

Applausi sinceri per i tre artisti, che con le loro voci e le loro chitarre hanno tratteggiato in maniera divertente e struggente una figura sovente dimenticata ma così importante per la canzone popolare italiana. Infine la richiesta di bis. “Loro (i musicisti dei Rione Junno, ndr) sono di Monte Sant’Angelo. Io sono buddista da trent’anni, non sono cattolico ma sono molto legato a quel posto”, così l’attore barese. Quindi la dedica a sua madre e “a tutte le donne del Sud su cui questa società si regge” con San Michele del Monte.

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Una standing ovation ha concluso la serata, anteprima – come ha affermato sul palco il delegato alla Cultura Michele D’Anselmo – della stagione teatrale che sta per riprendere, il 7 novembre. “Dopo più di un anno e mezzo, con la stagione che si interruppe causa pandemia a marzo 2020, finalmente si ricomincia”.

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