Dopo il voto

I sindaci Cinque Stelle non durano e il M5S si scopre irrilevante: così Gravina può fare il Castrataro alla Regione

Roma e Torino confermano quanto già visto in passato: i grillini non bissano mai la vittoria al Comune e i consensi crollano sia da soli che in coalizione col centrosinistra. Per il primo cittadino di Campobasso si potrebbe aprire una prospettiva diversa

Roberto Gravina è avvisato: il bis alla guida di un Comune non è mai riuscito ai Cinque Stelle. Di indizi ce n’erano già stati, ma i risultati di Roma e Torino ne danno certezza. Un dato che fa il paio con i consensi in numeri pressoché irrilevanti conseguiti a Isernia, dove il partito si è presentato col simbolo Movimento 2050 in appoggio a Piero Castrataro raccogliendo un misero 3,7%. A due anni e mezzo dall’elezione, il primo cittadino campobassano potrebbe iniziare a pensare a un futuro diverso, magari per vestire i panni di Castrataro e mettere d’accordo centrosinistra e grillini alla Regione.

Troppo presto? Forse, ma non è detto. Cinque anni fa la narrazione pentastellata raccontava che “centrodestra e centrosinistra sono morti”. Lunedì notte Virginia Raggi ha definito “corazzate” le due coalizioni per giustificare la sua ingloriosa uscita di scena dopo cinque anni da sindaca di Roma, dimenticando forse di essere arrivata dietro anche a Calenda, che di lista ne aveva una sola. Ennesima giravolta di un M5S in profonda crisi d’identità. Piaccia o no, i risultati delle comunali 2021 certificano due dati per la creatura politica che Gianroberto Casaleggio faticherebbe a riconoscere.

Il primo è che nessuno dei sindaci pentastellati bissa il mandato da primo cittadino. Dopo gli indizi Livorno, Imola e diversi altri centri, sono arrivati i risultati di Roma e Torino a dare il crisma dell’ufficialità: Virginia Raggi quarta nella Capitale, Chiara Appendino non ricandidata per sua scelta e la sua erede a distanza siderale dal ballottaggio. Se non è una bocciatura delle elezioni questa, allora quale?

Gli italiani, salvo qualche caso, hanno voltato le spalle al M5S sia che corra ancora da solo, come a Roma e Torino, sia che vada in appoggio a esponenti del centrosinistra. Inutile fingere che non sia così: a Napoli il buon risultato figlio della forza elettorale di due big come Luigi Di Maio e Roberto Fico non è stato decisivo per il trionfo di Manfredi. A Bologna invece Lepore avrebbe stravinto anche senza la lista grillina.

Ci sarebbe poi il caso Milano che fa storia a sé: lì la rivoluzione del Vaffa non ha mai attecchito. Discorso a parte invece per Pizzarotti, eletto a Parma da grillino, cacciato da Grillo come un appestato, rieletto da indipendente per un secondo mandato.

E veniamo alle cose di casa nostra. Lo stesso schieramento che tre anni fa ha seriamente rischiato di prendere in mano la Regione senza alcun sostegno esterno, a Isernia ha preferito accodarsi al centrosinistra in una specie di alleanza giallorossa, non si sa bene decisa da chi visto che il M5S non ha un referente regionale e a livello nazionale la guida è stata affidata a Giuseppe Conte dopo la scelta delle alleanze per le elezioni e ognuno è andato a piacimento. Una crisi d’identità alla quale dovrà mettere mano proprio Conte, non proprio un campione di coerenza.

Detto questo, come commentare i 459 voti riportati dai Cinque Stelle a Isernia? Due i seggi che il Movimento otterrà in caso di successo di Castrataro, uno solo se dovesse affermarsi Melogli. Cinque anni fa, con Cosmo Bottiglieri candidato sindaco, i grillini erano arrivati a 1.013 voti di lista.

Tutto questo mentre a Campobasso la maggioranza è costretta a chiamare i rinforzi, portando in Consiglio il quintultimo per preferenze alle Comunali 2019 nella lista pentastellata, a causa di varie dimissioni. La voglia di cambiare la città e con essa il Molise non è più così forte a quanto pare.

Roberto Gravina ha davanti a sé altri due anni e mezzo di mandato, salvo sorprese. Ma le novità sono dietro l’angolo e si comincia già a parlare di elezioni regionali e conseguenti alleanze. Da molti il sindaco del capoluogo viene visto come l’anello di congiunzione fra due mondi che prima si guardavano in cagnesco e oggi stringono alleanze con orizzonti piuttosto limitati.

Insomma fare di Gravina il Castrataro del Molise da contrapporre al centrodestra è un’idea che circola da tempo. Anche perché gli elettori sono andati oltre la regola del vecchio M5S, secondo cui dopo due mandati si va a casa. Per i sindaci grillini ne basta uno.

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