Isernia

Soldi dei gruppi, guerra tra Calenda e Scarabeo. Lei va in Procura, lui replica: “Restituisca il denaro”

Continua lo scontro tra l'assessore regionale al Lavoro e l'ex consigliere sulle irregolarità delle spese sostenute dal Gruppo Misto e rilevate dalla Corte dei Conti. L'avvocato Barbieri: "Ipotesi di reato che vanno dalla truffa al peculato". Scarabeo: "Alla conferenza della Calenda un penalista e un commercialista pagati con il denaro della Regione"

Da un lato Mena Calenda, assessore regionale nel governo di centrodestra, dall’altro Massimiliano Scarabeo, ex consigliere regionale. In mezzo un verbale lungo quasi trenta pagine della Corte dei Conti che contesta l’irregolarità di circa 15mila euro di spese sostenute dal gruppo Misto nel 2020, anno in cui i due ne facevano parte.

Ad innescare la miccia è stata Mena Calenda in un infuocato – è proprio il caso di dirlo – intervento in Consiglio regionale “alla quale sono stata obbligata dalla formale notifica inviatami dal presidente dell’Assise” ha detto l’assessore.

Notifica che si fa rifà al verbale stilato della Corte della Conti e che si richiama ai circa 14mila euro di spese effettuate dal gruppo Misto “prima che io diventassi capogruppo” commenta la Calenda.

avvocato mena calenda

Per lei Scarabeo deve  restituire il denaro contestato dai giudici contabili, denaro che, lo ricordiamo, è servito principalmente per pagare i contratti ai collaboratori del gruppo Misto, per l’affitto di un paio di locali a Venafro e per una libreria con annessa scrivania da 4 mila euro. Ovviamente per Scarabeo quel denaro pubblico deve restituirlo invece l’attuale assessore al Lavoro “che sta strumentalizzando tutto quanto per la sua campagna elettorale a Isernia” ha detto l’ex consigliere regionale.

In realtà la campagna elettorale di Isernia vede ambedue protagonisti: Calenda sta con Melogli, Scarabeo con Tedeschi. Al di là di questo, la risposta di Massimiliano Scarabeo alla dichiarazione fatta all’aula del consiglio regionale dall’assessore Calenda non si è fatta attendere. Ed è stata tanto rapida quanto velenosa così da costringere la candidata al comune di Isernia ad indire una conferenza stampa, oggi pomeriggio, per “ripristinare la verità dei fatti”.

 E alle 16, quando ha inizio l’incontro con media, Filomena Calenda saluta gli ospiti ma “non sarò io a mettere in chiaro questa vicenda – dice – lo faranno l’avvocato Alessandro Barbieri e il commercialista Antonio Pietrarca. A scanso di equivoci vorrei solo sottolineare che non mi interessano ‘attacchi’ di alcuna natura come ho letto da qualche parte o qualcuno forse ha voluto scrivere distorcendo le cose, mi interessa soltanto che la popolazione sappia che quelle spese contestate dalla Corte dei Conti non appartengono alla mia gestione del Gruppo Misto”.

L’avvocato Barbieri interviene subito per dire che “alcun rilievo è stato mosso dalla Corte dei Conti durante la gestione del gruppo Misto di Mena Calenda che parla chiara di spese non rendicontabili. Dunque, un esempio: la signora Calenda non ha dimenticato i mobili come ho letto in qualche nota. Quei mobili sono stati comprati da società che invece non vendono mobili e per tanto capirete bene che la spesa non è quindi rendicontabile e a pagina 19 la Corte dei Conti scrive: la Calenda non solo non ha partecipato all’ideazione dell’acquisto ma ha rifiutato la presa in carico dei beni che si sono rivelati inutili e fonte di spreco di risorse pubbliche”. L’avvocato Barbieri snocciola punto per punto le pagine dei rilievi firmati dalla giustizia contabile e ammette che trova finanche “anomala la mia presenza oggi a Isernia perché i giudici sono così chiari nell’esposizione dei fatti che è assurdo finanche immaginare il gioco di parole ed interpretazione che invece è stato fatto. Il Gruppo Misto dovrà restituire i soldi e chi quei soldi li ha incassati ha integrato a mio parere ipotesi di reato che vanno dalla truffa aggravata al peculato. Al riguardo – aggiunge l’avvocato – abbiamo ovviamente provveduto ad inviare tutti gli atti alla Procura della Repubblica di Campobasso”.

“La Calenda – interviene il dottore Antonio Pietrarca –  il 6 maggio 2020 scrive alla Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti che  a seguito della decadenza del consigliere Scarabeo aveva assunto la qualifica di capogruppo e che – ricevuta la restituzione dei documenti contabili e fiscali – aveva appreso che il gruppo Misto si era “avvalso di prestazioni occasionali” per quasi 10mila euro, affitti per due immobili a Venafro e infine una lussuosa libreria pagata 4mila euro. Tutto per un totale di  14.596 euro di soldi pubblici di cui  i giudici della Corte dei Conti ora chiedono la restituzione”.

“A quella missiva la Corte – ha continuato Pietrarca – ha legittimamente risposto che i rilievi sarebbero stati eventualmente eseguiti dopo le verifiche soltanto con l’assestamento di Bilancio ma che avrebbe proceduto ad inviare gli elementi di cui si chiedeva conto all’attenzione della Procura erariale, escludendo a priori dalla gestione che è poi stata accertata l’assessore regionale al Lavoro”.

Finita la conferenza stampa indetta da Filomena Calenda, all’hotel Europa di Isernia, Massimiliano Scarabeo ha aperto la sua: “Ringrazio la Corte dei Conti per il lavoro svolto – ha detto – Non voglio tediare nessuno, ma la padovana è abituata a gettare fango sugli altri. Oggi che è assessore regionale al Lavoro e capogruppo del gruppo Misto, la Corte dei conti ha emesso un provvedimento chiaro: Mena Calenda deve restituire oltre 14mila euro. Vorrei ricordarle che la gestione dei gruppi da parte mia non ha mai avuto osservazione né da parte della magistratura penale né contabile.

“Il provvedimento è stato emesso cinque mesi fa, perché lo tira fuori adesso? Perché è candidata (a Isernia, ndr) ed evidentemente spaventata dal fatto che potessi chiederle come mai da aprile ad oggi ancora non ha restituito i soldi. Ma io non sono uomo di simili bassezze mentre la Calenda è una che due minuti dopo aver firmato la sfiducia a Toma ha ritrattato in cambio di un assessorato, specifico che lei ha preteso, visto che gestisce un Caf. Dall’insediamento ad oggi la Calenda a parte sbraitare cosa ha fatto? E chi è lei per arrogarsi il diritto di decidere se i miei collaboratori erano idonei o meno al lavoro svolto, giudizio proveniente da una che ha sbagliato finanche a girare un assegno. Lei che in conferenza stampa ha fatto intervenire un avvocato e un commercialista pagati dalla Regione. Una come lei poteva fare l’assessore con Toma. Una come lei è l’emblema del governo Toma ed è fomentata dal governatore”. Per Massimiliano Scarabeo, infatti, dietro l’operazione della Calenda ci sarebbe Donato Toma e conclude: “L’obbligo di restituzione grava solo su Mena Calenda”.

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