Pusher 2.0

Lo spaccio corre sui social, sette giovanissimi davanti al giudice. Parte offesa è il Ministero della Salute

Chiuse le indagini preliminari a carico dei giovani accusati di vendere hascisc, eroina e 6-Mam utilizzando gruppi whatsapp e telegram monitorati dalla polizia

I canali social usati come vetrina virtuale: whatsapp e telegram per rendere note le offerte, prendere gli accordi e concludere l’acquisto.

Ad organizzare e mettere in piedi lo shop 2.0 della droga sette giovani di Campobasso tra i 20 e i 25 anni che, organizzati tra loro, avevano messo a punto la start up dello spaccio. Un modo alternativo per evitare controlli su strada e “viaggiare” più sicuri, ignari del fatto che la polizia monitorasse anche i canali social.

Le indagini a loro carico sono ormai chiuse e nei prossimi giorni tutti compariranno davanti al Gup, Veronica D’Agnone, per l’udienza preliminare che stabilirà l’eventuale rinvio a giudizio.

L’attenzione degli investigatori in un’indagine che si è chiusa la scorsa primavera è stata attirata da una serie di segnalazioni che hanno portato gli agenti della squadra mobile a lavorare soprattutto sulle dinamiche di comunicazione che tra i giovani avvengono perlopiù usando i social.

Il monitoraggio dello scambio di comunicazioni ha fornito un ulteriore tassello per ricostruire il quadro probatorio e così è stato possibile capire come avveniva lo spaccio di droga a portata di click. Dove per esempio l’eroina e 6-Mam erano chiamate “caffè e pippotto”, l’hascisc era “caffè” e la marijuana “the verde”.

E nel fascicolo d’inchiesta compare anche chi recensisce l’acquisto e la qualità del servizio. Oppure chi mette in mostra i soldi guadagnati dallo spaccio.

In relazione all’eventuale processo la parte offesa risulta il Ministero della Salute che sarà rappresentato dall’Avvocatura regionale dello Stato.

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