L'Ospite

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Il recupero delle aree boschive dopo un incendio: “Va rispettato il riposo vegetativo”

di Angelo Sanzò, Presidente Comitato Scientifico Legambiente Molise

Nessuna persona di comune buon senso potrebbe mai comprendere e giustificare l’agire di una squadra di muratori che si mettesse a ricostruire le pareti delle case cadute in seguito ad un terremoto, eppure la voglia di piantare nuovi alberi, all’indomani di un incendio boschivo, sfugge sempre più spesso ad ogni irrefrenabile controllo dell’umano agire. Ripristinare il prezioso patrimonio costituito da un bosco, specialmente se ha accompagnato gran parte della nostra esistenza, per quanto non conforme ai pur minimi dettami indicati dalle scienze forestali, può diventare un atto cui assolvere pressoché ipso facto.

Ciononostante, in presenza di situazioni di tal genere ovvero là dove entrano in  gioco variabili di diversa origine e intensità naturalistiche, occorre soppesare nel modo più adeguato possibile i tempi e i modi con cui operare. Se non altro, come nel caso specifico, per la semplice constatazione, da tener bene a mente, che la messa a dimora di alberi è bene venga eseguita durante un definito e circoscritto periodo, coincidente col riposo vegetativo. Periodo che, com’è noto, non essendo uguale per tutte le specie e al fine di ottenere il massimo risultato, in linea con le varie fasi di attecchimento e sviluppo, è opportuno che venga allineato alla fascia climatica di pertinenza della zona interessata.

Si tratta di mettere in atto tutto quanto possa ripristinare, nel più breve tempo possibile, la funzionalità degli ecosistemi colpiti e quindi l’insieme dei beni e servizi forniti dalla risorsa bosco alla società.

I primi interventi di ripristino devono, in primo luogo, essere diretti alla individuazione e possibile rimozione di ogni ostacolo, potenzialmente, in grado di causare eventuali pericoli, sia alle persone che alle cose. I materiali, completamente o parzialmente, combusti vanno rimossi e/o adeguatamente trattati, al fine, sia di scongiurare i citati eventi negativi, che per poter essere all’origine di eventuali dissesti geo-idrologici per la neo accresciuta impermeabilizzazione dei suoli coinvolti.

In riferimento al medio-lungo periodo ovvero per gli anni a venire, le azioni da mettere in atto devono tendere al ripristino ecologico intaccato, in attesa di poter ridare la massima varietà e produttività possibile all’intero ecosistema danneggiato. In molti casi è addirittura sconsigliato intervenire operativamente, per il semplice fatto che particolari azioni potrebbero compromettere, in tempi e modi, la ricostituzione spontanea della situazione pregressa. Le nuove improvvisate piantumazioni potrebbero costituire un oggettivo intralcio, per le eventuali opere tese a rimuovere parti più o meno importanti del materiale combusto. Sono da favorire, in particolare, tutti gli interventi diretti tendenti a facilitare, sia un ordinato scorrimento superficiale delle acque, che la loro più proficua infiltrazione in profondità, compreso il naturale attecchimento dei semi dispersi.

Da ricordare, altresì, che ogni e qualunque intervento di ripristino, relativo sia al trattamento fisico dei luoghi che botanico ovvero rivolto alla scelta delle specie da mettere a dimora, deve necessariamente tenere nella giusta considerazione i futuri prevedibili scenari dei cambiamenti climatici in corso.   

È di estrema importanza pianificare, ad esempio, la scelta delle specie arboree da collocare nelle aree a ridosso dei centri abitati, nel senso di dover/poter individuare quelle che meglio resistono al fuoco e/o risultino meno infiammabili.

In definitiva, la realizzazione della struttura di un bosco va attentamente e correttamente programmata, in quanto oltre ad essere la principale, insostituibile risorsa degli equilibri nel cui ecosistema risulta esso inserito, è inevitabilmente anche parte integrante e identitaria del paesaggio che lo contiene.

 

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