L'Ospite

L'ospite

Figlio dell’uomo e Messia

gesù mosaico battistero firenze

 di don Mario Colavita

 

Nel vangelo di Marco Gesù si autodefinisce con un titolo strano, non è di immediata comprensione: Figlio dell’uomo. Esprime, con questo titolo, la sua solidarietà con la condizione umana, lasciando intravedere qualcosa della sua funzione di inviato di Dio; alla luce della Pasqua i primi cristiani rileggeranno questo titolo pensando alla venuta di Gesù nella gloria, quando egli assumerà la funzione di Giudice (in questo pensiamo al giudizio di Michelangelo).

Figlio dell’uomo porta con sé tre elementi importanti: prima di tutto l’umanità, il percorso di vita fra gli uomini; per secondo l’aspetto del fine e della fine di Gesù, tornerà nella gloria, siederà sul trono, alla destra di Dio; per terzo la natura divina, il Figlio dell’uomo  ha l’autorità di perdonare i peccati, qualità riservata solo a Dio.

Dopo la predicazione degli apostoli Gesù vuol verificare cosa la gente ha compreso e inteso, dalle risposte degli apostoli una confusione totale. Da qui nasce la domanda: Chi dite che io sia? Da un contesto di dubbio e confusione Gesù si rivolge ai suoi a coloro che lo hanno seguito ed è Pietro a significare la risposta di tutti: tu sei il Cristo. Ora nella tradizione ebraica Cristo e Messia è la stessa parola significa l’unto di Dio, il liberatore che porterà ordine e se ce bisogno anche con la forza. Allora, scrive l’evangelista Marco, Gesù vietò agli apostoli di parlare di lui. Perché questo divieto? Ma perché i discepoli non hanno capito, hanno sbagliato messia Gesù non è colui che pensano è diverso e distante dalla tradizione ebraica.

Il vangelo di Marco continua dicendo che Gesù insegno loro: “il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere” (Mc 8,31).

Il vero Messia è l’uomo dei dolori è l’uomo che porta sulle sue spalle tutti i dolori e le ingiustizie degli uomini è disprezzato al tal punto da essere allontanato da tutti, ucciso sulla croce ma dopo tre giorni risorgere.

È difficile accettare un Dio del genere, non è semplice seguire un maestro che si dichiara perdente. Pietro e compagnia la pensa più o meno come noi: solo chi è forte, fa vedere la sua forza, il suo vigore fisico, la disponibilità di soldi e di beni quest’uomo è in grado di salvarci.

È Gesù che rimette Pietro sulle giuste righe rimproverandolo duramente: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mc 8,32).

Ah, quante volte abbiamo in mente un dio sbagliato, ah quante volte sbagliamo nel confessare la fede!

Forse questo brano del vangelo ci serve per ri-dirci che per noi la croce non è un totem, un ornamento per abbellire le case o i nostri corpi è qualcosa di molto diverso e importante per entrare nel mistero di Dio.

Per la prima volta appare nel vangelo di Marco il tema della croce; a questi discepoli, che seguivano Gesù per ambizione, per condividere con lui il potere, il trono e il successo Gesù mette in chiaro che seguirlo significa andare incontro al disprezzo dello stesso popolo, al rifiuto da parte della società.

Da qui la proposta: “se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso”, cioè rinunci a questi ideali di successo, di ambizione e di potere, “prenda”, letteralmente “sollevi”, “la sua croce”.

Il cammino con Gesù non è lineare, semplice, per seguirLo c’è bisogno di capire e accogliere queste parole.

La fede in Cristo è lontana dalle belle parole e propositi essa si sostanzia con l’impegno alla sequela crucis e alla scientia amoris.

Nel tempo della pandemia molti cristiani sono venuti meno nel credere.  Sociologi della religione registrano un allontanamento dalla Chiesa e un calo di fede motivato da tante circostanze.

Una recente indagine ha rilevato che alla domanda secca: “Lei ha una vita spirituale?” il 66,4% degli italiani risponde no!

La cosa ancora più brutta non è soltanto il dato statistico, più della metà degli italiani non ha una vita spirituale, è la mancanza di nostalgia di una vita spirituale.

I sociologi concludono che se la devozione, la spiritualità non interessano più vuol dire due cose:

Uno: In un mondo tutto emozionale, la spiritualità è stata sostituita da altro, dallo yoga alla musica pop, alla partita della nazionale etc…

Due: L’uomo moderno ha perso il contatto con la sua dimensione interiore, si è addormentata l’anima.

Oggi non abbiamo bisogno di slogan per ri-dire la fede, abbiamo bisogno di scelte decise e vere dove le parole diventano gesti di verità e profezia di speranza.

Più informazioni
commenta