Benvenuti al sud

Bruno e Valeria, via da Milano alla ricerca del tempo perduto. Dal lockdown in regalo una seconda vita a Termoli

Lui consulente finanziario, lei avvocato, hanno lasciato Milano poco prima del lockdown immaginando di restare a Termoli una settimana. E invece sono ancora qua, dove "apri la finestra e puoi guardare il mare. La pandemia ha cambiato tanto cose, e soprattutto il modo di vivere il tempo". Storia di una coppia che nella cittadina adriatica, grazie all'opportunità del lavoro da remoto, ha sperimentato un altro modo di vivere.

Bruno e Valeria abitavano a Milano, città di origine di lui e di adozione di lei, in due diversi bilocali moderni e bene arredati sullo stesso pianerottolo. Vicini di casa, insomma. Si sono conosciuti così, anche se lei prima di acquistare quell’appartamento ha vissuto un anno e mezzo al primo piano dello stesso stabile, in affitto. “E non ci siamo mai nemmeno incrociati” rivela. Poi lui se l’è ritrovata come dirimpettaia e non ha potuto – evidentemente – non notarla. Il resto, come si dice, è arrivato da solo: si sono innamorati, hanno iniziato a convivere (in uno dei due bilocali) e come tutte le coppie stabili hanno iniziato a fare qualche programma a medio termine. Le vacanze, per esempio. Termoli l’hanno scoperta così, spostandosi da Campomarino – dove la famiglia di Valeria, nata e cresciuta a Foggia prima di partire per il nord con l’abilitazione alla professione forense in valigia – soggiorna in estate. E’ stato amore a prima vista, una folgorazione.

Ma se in questa storia, che comincia come una commedia romantica stile Meg Ryan o Julia Roberts, non fosse intervenuto il periodo più cupo, inquietante e controverso della storia moderna nel mondo occidentale, oggi Termoli sarebbe solo il loro buen retiro, la casa delle vacanze. E invece. Invece Bruno Ferraro, consulente finanziario esperto in analisi dei rischi e Valeria Guerrieri, avvocato, marito e moglie dal 2018, a Termoli ora ci abitano. Pur risultando ancora residenti a Milano, la loro prima casa è in via Duomo. Il Duomo di Termoli però, non quello della capitale lombarda. E la prima cosa che fanno al mattino, con la tazzina del caffè in mano, è aprire la finestra del loro terrazzo e guardare il mare.

“La nostra idea – raccontano – era quella di venirci in ferie e in qualche week end più lungo. Ma poi le cose sono andate diversamente”. La pandemia e il lockdown – parola che oggi suona come uno spauracchio evocando restrizioni e terrore – sono stati un’occasione per cambiare vita. Complice la possibilità di lavorare a distanza offerta dallo smart working, questo sconosciuto che ora è diventato una dimensione consolidata per milioni di italiani.

Così, a quasi due anni di distanza da quel 26 febbraio 2020 in cui hanno messo piede nella loro casa di Termoli, possono affermare che “di fatto la nostra prima abitazione è questa, anche se nessuno di noi due è termolese. E non ci dispiace per nulla, tutt’altro”.

Bruno Ferraro Valeria guerrieri

“Qui io esco per il piacere di uscire – dice Bruno Ferraro, nato e cresciuto nella capitale economica d’Italia, abituato al traffico, al cemento, agli orari inflessibili della vita metropolitana – per andare a fare la spesa, restando stupito dal fatto che la cassiera ti sistemi la spesa nel sacchetto come gesto di cortesia: su sarebbe impensabile. Esco per fare una passeggiata fino al muraglione e respirare il vento che arriva dalla spiaggia. Non sono costretto a prendere l’auto, faccio tutto a piedi. Ed è impagabile, credimi. Così come lo è incontrare qualcuno (c’è sempre qualcuno da incontrare, d’altronde) e fare quattro chiacchiere tra questi vicoli”. Dove, aggiunge Valeria Gerrieri, foggiana di origine, “Esiste una microvita affascinante, la stessa che ti spinge a sistemare un alberello addobbato sull’uscio a Natale, che ti fa raccogliere l’immondizia in spiaggia e gettarla nei contenitori appositi. Abbiamo trovato un contatto umano e una empatia che non ti fanno sentire soli nemmeno quando soli lo eravamo davvero. Solo noi due, nessun parente e all’inizio nemmeno un amico qua a Termoli”.

Lui, milanese doc, ha cominciato anni fa a maturare il sogno di una seconda casa in una città di mare. “Non in una città sul mare – precisa – come Chiavari, in Liguria, dove trascorrevo le vacanze da ragazzo coi miei. Mi affascinava l’idea di una città sul mare che vive tutto l’anno, e Termoli è proprio così, oltre a essere bellissima”. E’ piaciuta a entrambi al punto che non hanno avuto dubbi sull’investimento immobiliare subito dopo il matrimonio, nel 2018. “Termoli – chiarisce Valeria, gli occhi che brillano – ha costituito un riferimento da subito, pensa che la fotografa l’ha capito così bene che ci ha proposto di fare qua il servizio fotografico. E di fatto la nostra prima vera casa insieme è questa”.

80 metri quadrati nel cuore del Borgo, un terrazzo dal quale si vede l’azzurro dell’Adriatico sotto i riflessi del sole nella bella stagione e plumbeo e arrabbiato quando fa freddo e il vento sferza la costa. “Ma che spettacolo il mare in inverno” dice Bruno, attratto irresistibilmente da quello spicchio blu. “L’inverno qui è diverso. Non è certo l‘inverno di Milano. Noi a marzo 2020, in pieno lockdown, abbiamo pranzato in terrazzo. Ti rendi conto? Un miracolo”.

Miracolo possibile grazie a uno strumento di lavoro che gli italiani, forse impropriamente, definiscono smart working. Lavoro da remoto, o meglio: lavoro da dove vuoi, purchè si abbia un (buon) collegamento a Internet. “Abbiamo adeguato la casa di Termoli, dove non c’era il wi-fii – aggiunge Valeria, che fa l’avvocato a Milano ma cura le cause dal Molise  – e abbiamo cominciato a lavorare qui, dividendoci lo spazio tra il soggiorno e la cameretta”.

L’idea di “scendere” a Termoli è arrivata quando l’atmosfera in Lombardia è diventata pesante. “Erano cominciati i casi a Codogno – ricorda Bruno – e la mia agenzia aveva chiuso le filiali di Lodi e Piacenza. Ci hanno detto di stare a casa, di lavorare da casa. Allora ho guardato mia moglie e le ho fatto la proposta: ma scusa, se io devo lavorare a casa, perché non ce ne andiamo a Termoli?”.

“Si vociferava già che il Tribunale avrebbe chiuso – gli fa eco Valeria – io all’epoca non avevo nemmeno una stanza mia nello studio legale di Milano e entrambi avevamo una grande paura. Una città così grande, con così tanta gente, dove si è costretti per lavoro a prendere i mezzi pubblici.. no, decisamente la prospettiva era inquietante, tanto più le notizie che continuavano ad arrivare erano pessime. Abbiamo deciso così, d’impulso. Abbiamo mandato una mail al nostro medico, ma all’epoca non c’erano obblighi di comunicazione e lui è rimasto perfino spiazzato da questo eccesso di scrupolo. Siamo partiti in treno, con l’idea di stare via una settimana, al massimo due”.

 Invece poi le cose sono precipitate e l’8 marzo il Governo ha chiuso tutto… e siete rimasti qua

Valeria: “Io avevo solo maglioni, cappelli e sciarpa. Ricordo che la prima maglietta di cotone l’ho comprata da Tezenis a fine aprile”.

Bruno: “Io ho pensato, quando è arrivato il decreto: va bene, mi chiudo in casa, ma almeno vedo il mare. Al telefono sentivo gli amici, erano molto stressati oltre che preoccupati. Tutto faceva paura, anche l’idea di essere noi due qua, a 700 chilometri da casa. E certo, la camionetta della Protezione Civile che mandava il messaggio di stare a casa, dicendo ‘non è un consiglio ma un obbligo’, restituiva l’idea dell’emergenza, della gravità. Ma per me già poter fare due passi e arrivare al muraglione era una fortuna pazzesca”.

 

Il vostro modo di lavorare è cambiato molto. Dopo tutto questo tempo che bilancio avete?

Bruno: “Io ho un ruolo aziendale che necessita di essere legato alla sede, ma l’idea dello smart working era già presente nella mia azienda. Il lockdown ha accelerato le cose. Riesco a gestire tutto molto bene, ora mi capita spesso di dover tornare a Milano e lo faccio in treno o in aereo, da Pescara. Sicuramente il fatto di avere la stazione ferroviaria nel cuore della città conta molto, è eccezionale: scendi dal treno e ti ritrovi sul Corso principale. Sto via un giorno, rientro la sera o il giorno successivo ma diciamo che la mia base è questa, al momento”.

Valeria: “Riesco a lavorare bene, la pandemia ha modificato diverse cose compresa la possibilità di prendere il mandato legale a distanza. Certo, ci sono dei limiti ma anche dei vantaggi. Mi sono organizzata in base alle nuove esigenze, per esempio acquistando una stampante perchè non era possibile andare continuamente in cartoleria a stampare. Ma non ho registrato alcun decremento nella mia attività. Direi bilancio più che positivo. Quando è necessario essere fisicamente presente in aula e posso farlo, salgo su”.

Bruno: “Diciamo la verità, abbiamo guadagnato 10 anni di vita. Vuoi mettere respirare il vento del mare per un anno e mezzo invece dello smog della pianura padana?”.

E ridagli col mare. Ma ci sarà qualcosa che non vi piace qua, o è tutto rose e fiori?

Bruno: “Non mi trovo molto col fatto che le regole siano violate con un po’ troppa disinvoltura. Per esempio le auto che entrano nel borgo pur non potendolo fare e si piazzano davanti casa, bloccando l’ingresso. Non mi trovo con questo modo di agire”.

Valeria: “Una cosa che cambierei subito è la pulizia del Borgo, che dovrebbe essere pulito molto meglio..”.

Bruno: “Non ho mai visto un lavaggio strade come si deve da quando siamo qua…”.

Valeria: “E c’è il problema della differenziata. Non si possono costringere i residenti a depositare i rifiuti al mattino tra le 7 e le 9 e chiudere tutte le isole ecologiche. Ma se io non faccio in tempo come devo fare?”

In effetti il servizio aveva garantito la presenza di camioncini nel Borgo per depositare i rifiuti la sera, ma non è mai partito.

Bruno: “Speriamo che parta, meglio tardi che mai. Questo posto è fantastico, basterebbero piccoli accorgimenti per migliorarlo”.

Valeria: “Tanto più che in estate vengono migliaia di turisti. Sarebbe il caso di aggiungere qualche contenitore in più per i rifiuti, no?”.

Bruno Ferraro Valeria guerrieri

Molte coppie sono scoppiate durante o dopo il lockdown. Troppo tempo insieme, nello stesso spazio ristretto. Non lo dico io, ma i dati sulle separazioni. A voi com’è andata?

Valeria: “Bene, benissimo. Importante è l’autonomia, rispettarsi anche negli spazi, l’uno con l’altra. Se io ho una videoconferenza Bruno si allontana, e viceversa. Abbiamo una cameretta in più, e ci permette di stare tranquilli. Ovviamente questo anche perché non abbiamo figli…”

Bruno: “Siamo stati davvero tranquilli, è una controprova che il matrimonio funziona, giusto?”.

A Milano la mattina si separavano per rivedersi la sera. Qui trascorrono gran parte della giornata insieme, dividendosi lo stesso spazio. “Ma –  confida Valeria Guerrieri – ora l’idea di tornare su e fare la vita di prima mi pesa. È vero che Milano è una città in fermento, piena di stimoli. Ma finisci per diventare una trottola, devi fare i conti costantemente con il tempo che non c’è, non hai neanche la possibilità di levarti le scarpe fino alle 8 di sera. A me oggi questo pensiero non mi tranquillizza per niente”.

Con le riaperture in corso Bruno dovrà trascorrere almeno 10 giorni lavorativi al mese in ufficio, così si stanno organizzando per una vita a metà tra Milano e Termoli, ma con l’obiettivo di aumentare sempre di più i periodi trascorsi in Molise, regione della quale stanno apprezzando anche i piccoli borghi, le aree meno conosciute dove quando c’è tempo vanno a fare una gita.

A Milano tornano, per ragioni di lavoro oppure, come capitato negli ultimi mesi, per poter fare il vaccino che il Molise non ha riservato ai non residenti. “Ma la nostra idea – dice lui – è quella di trasferirci gradualmente a Termoli, dove abbiamo anche conosciuto persone piacevoli e dove io ho trovato una maggiore facilità all’empatia”. Merito del sud, probabilmente, ma forse anche di una trasformazione interiore, come la definisce Valeria. “La pandemia ci ha portato a riflettere sulla nostra vita in generale e su quello di cui abbiamo davvero bisogno. E’ cambiato il valore del tempo, io stessa mi sono ritrovata a fare cose che non avrei mai creduto possibile, come trascorrere tante ore in cucina. Ora scopri che prendere una borsa griffata per uscire non è così importante, ti concentri su un lato della vita che non avevi mai valutato”.

Il lockdown è stata quindi una occasione?

“La verità è che lo è stata, si. Lo abbiamo detto anche ai nostri amici di su, sorpresi da questa decisione e dal fatto che non ci siamo precipitati di nuovo su a Milano appena è stato possibile farlo”.

Ma ci sarà qualcosa che vi manca davvero di una città che offre tutto?

Bruno: “Milano offre tutto, su questo non c’è dubbio, ma non siamo 25enni, e con la vita lavorativa pesante finisci per uscire al mattino e tornare la sera e non fai granché. Cinema, teatro, aperitivi. Molte cose si possono fare anche qui. Certo, ci mancano gli amici, ma teniamo i rapporti sistematicamente al telefono e ci piace pensare che è la qualità del tempo che si passa insieme, più che la quantità, a fare la differenza”.

“Una mia amica – conclude Valeria – mi ha chiesto come faccio a stare qui, che lei non potrebbe mai stare senza delivery. Beh, sicuramente qui ci sono meno occasioni di mangiare asiatico o sushi…”. “Ma -sintetizza Bruno – per come si mangia da queste parti, chi se ne frega del sushi”.

commenta