Una lunga scia di delitti

Narcotraffico, racket, armi e sangue a 40 chilometri dal Molise: terra di mezzo dove lecito e illecito si confondono

A San Severo esiste una criminalità pronta a tutto e preoccupa anche le autorità molisane. Il comune della provincia di Foggia si trova in una posizione geografica felice: è uno snodo commerciale importante che nasce al centro del Tavoliere, vicino al Molise e alla Campania. Proprio questa vicinanza geografica incoraggia tanto le attività legali quanto quelle illegali

Guerre di mafia combattute a colpi di kalashnikov, scie di sangue, infiltrazioni nel tessuto economico e sociale, narcotraffico con legami imbastiti anche con cosche calabresi e clan camorristici, estorsioni nel silenzio dei taglieggiati e denaro illecito investito nei settori agroalimentari e turistico-alberghiero.

Accade a 40 minuti da Termoli e a poco più di un’ora da Campobasso. La mafia foggiana – e lo dice anche la Dia – ha uno “strettissimo rapporto con il territorio, dove esercita un potere di intimidazione e pone in essere estorsioni, traffico di stupefacenti e usura”. Scenario in continua evoluzione, che preoccupa tanto l’alta Puglia quanto il Molise.

Il nome della nostra regione non è quasi mai estraneo alle relazioni semestrali della Dia che dal 15 febbraio 2020 è stata istituita a Foggia. Compare continuamente, come una sorta di ‘terra di mezzo’ dove affari leciti e illeciti tendono a incontrarsi, fino a confondersi. È soprattutto il Basso Molise la zona scelta per gli “spostamenti” di chi fugge da faide e controlli delle autorità investigative e giudiziarie. “Campomarino – dicono gli investigatori della provincia di Campobasso – è per esempio una cittadina facilmente raggiungibile dove riscontriamo un rilevante presenza di soggetti, come dire, ‘attenzionati'”.

La risposta istituzionale alle rappresaglie che nell’ultimo anno e mezzo hanno riguardato la zona di San Severo ha destabilizzato le consorterie mafiose, determinando un nuovo scenario caratterizzato da alleanze fra i gruppi di diverse macro-aree (capoluogo, Gargano, alto e basso Tavoliere). Emerge quindi un quadro complesso e instabile, rispetto al quale “sicurezza e giustizia” vacillano e sconfinano, insediandosi o provando a farlo anche in Molise.

Ma come è possibile che San Severo, paesone di 50mila abitanti in mezzo alle campagne, abbia una criminalità tanto violenta e pronta a tutto? Intanto si trova in una posizione geografica felice. È uno snodo commerciale importante per l’agricoltura, i mobili e il terziario perché la città nasce al centro del Tavoliere, vicino al Molise e alla Campania, appunto. E proprio questa vicinanza geografica incoraggia tanto le attività lecite quanto quelle illecite.

Se da una parte i clan si riforniscono di droga dalla camorra, dall’altra poi rivendono la merce anche sulle piazze di spaccio della provincia di Campobasso. Tant’è che sempre la Dia definisce San Severo “epicentro delle dinamiche criminali della provincia per il ruolo strategico assunto nel traffico degli stupefacenti, con proiezioni anche extraterritoriali grazie ai forti legami con la camorra, la ‘ndrangheta e la criminalità albanese”.

La presenza della criminalità organizzata pugliese è conclamata ormai in Abruzzo, Molise e Marche, nonché in Lombardia. Lo è per la continua esistenza di nomi di spicco della mala in fatti di droga – e lo ribadiscono gli atti giudiziari della procura di Campobasso – ma inizia ad esserlo anche per il fenomeno delle estorsioni.

Alcune delle inchieste condotte in Basso Molise, in merito perlopiù ad atti incendiari, hanno evidenziato in alcuni casi il passaggio dal “tradizionale racket con minacce esplicite e violenze dirette” ad un “modello più insidioso” in cui “per l’assoggettamento sono sufficienti la fama criminale e la forza intimidatrice” che derivano dal vincolo associativo. Gli inquirenti definiscono questo tipo di estorsione come “ambientale”.

La condizione sociale ed economica vissuta dai cittadini è di vero e proprio “assoggettamento” quando “non direttamente connesso agli atti intimidatori perpetrati dalle cosche, è il risultato della diffusa consapevolezza che la mafia di quella provincia è spietata e punisce pesantemente chi si ribella”.

Il clima che si respira è anche il frutto della “massiccia presenza di armi ed esplosivi” che favorisce “un contesto ambientale omertoso e violento”, tanto che il pm della Dda di Bari, Giuseppe Gatti (che coordina anche la Dia di Campobasso), ha chiarito come “la mafia foggiana ha portato a sistema l’estorsione per educare la collettività ad accettare la propria presenza”. Una situazione critica, confermata anche dagli attentati compiuti dall’inizio dell’anno nella provincia di Foggia e dai molteplici danni alle attività di commercianti e imprenditori con estorsioni, rapine e furti di autovetture che anche in Basso Molise sono sempre più frequenti.

Le attività criminali delle consorterie di San Severo e dintorni si sviluppano sostanzialmente su diversi fronti ma – prima di tutto – c’è il traffico di stupefacenti. E questo è l’elemento che si consolida anche nelle riunioni per il coordinamento della sicurezza pubblica presso la prefettura di Campobasso.

La zona garganica, grazie alla posizione geografica favorevole che è data dall’affaccio delle coste sull’Adriatico, rappresenta un’importante fetta di mercato per la criminalità. Quest’ultima utilizza il narcotraffico come attività illecita maggiormente remunerativa e spesso questo mercato è il frutto di una collaborazione con altre organizzazioni malavitose come è spesso emerso anche nelle inchieste condotte in Molise.

Se le autorità della provincia di Foggia hanno quindi chiesto, in queste ultime settimane, un intervento del Ministero affinché sia ripristinato il concetto di sicurezza e quello di legalità, soppiantati da omicidi e intimidazioni, la Dia di Campobasso collabora ormai da mesi in modo efficiente ed efficace con le autorità di Bari (provincia dalla quale dipende) per monitorare l’emigrazione di una mala particolarmente spietata e “pronta a tutto per accaparrarsi il monopolio del territorio”.

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