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Le fonti rinnovabili di energia e la percezione del paesaggio nello spazio e nel tempo

Angelo Sanzò – Presidente del Comitato Scientifico Legambiente Molise

 

Per accrescere e velocizzare le quantità di beni e servizi, utili a migliorare la qualità della sua vita e delle comunità di appartenenza, l’Uomo ha sempre cercato di sommare l’energia, che il suo corpo era in grado di fornirgli, a quella che poteva accaparrarsi traendola dalle risorse disponibili nell’ambiente in cui svolgeva le sue usuali attività.

Si concretizzarono, in primo luogo e diventarono nel tempo operativi, nella quotidianità del lavoro e dei servizi, come ben sappiamo dalla storia, l’addomesticamento degli animali e l’uso del calore in seguito alla scoperta del fuoco. Si trattò, com’è evidente, dell’uso primordiale delle energie rinnovabili ovvero di quelle provenienti dai raggi solari, direttamente o attraverso un più o meno articolato percorso, tramite la ben nota reazione chimica della fotosintesi clorofilliana che, per la sua reversibilità, racchiude il segreto della vita sulla Terra. Da un lato, infatti, la luce del Sole permette, in seguito alla reazione dell’acqua con l’anidride carbonica, la produzione delle sostanze organiche commestibili, poste alla base della catena alimentare, emettendo ossigeno, quale prodotto di rifiuto, dall’altra, tramite le combustioni, qual è anche la digestione, ovvero la loro combinazione con l’ossigeno, rifornisce di energia la maggior parte degli organismi viventi del nostro pianeta.

Le due forme tradizionali di energia rinnovabile, più diffusamente utilizzate su scala globale, derivano o da quella idraulica o dalla forza del vento. Nel primo caso fu, per lungo tempo e molto diffuso nelle zone interne del nostro Paese, l’invenzione dei mulini ad acqua a farla da padrone, costituendo essi quella rete di strutture, con tanto di gore e bottacci (fote, dalle nostre parti), specificatamente utilizzate per fornire la giusta riserva idrica per alimentare il movimento delle macine dei sottostanti mulini.

Nelle stesse zone interne, sia delle Alpi che dell’Appennino, fin dall’invenzione della macchina elettrica, furono utilizzate, su scala prettamente industriale, per la produzione e il consumo di enormi quantitativi di chilowattora di potenza elettrica, tutte le possibili occasioni che la natura potesse rendere disponibili. Ogni località, le cui condizioni geomorfologiche permettevano il possibile accumulo, in quota, di appropriati quantitativi di risorsa idrica, specie nella prima parte del secolo scorso, è diventata e continua ad essere sede operativa di una o più centrali idroelettriche per la produzione di energia.

La seconda, non meno importate fonte erogatrice di energia rinnovabile, sia pur scarsamente diffusa nel nostro Paese, è stata quella associata ai mulini a vento, notoriamente riferita ad un ricco corredo d’immagini, al di fuori degli scopi che si vogliono qui evidenziare. Basta ricordare quanto le loro figure, reali e virtuali, ci hanno suggestionato e continuano a farlo, nell’essere abbinati al Paese che più di tutti ne ha fatto l’uso per eccellenza.

A tal proposito, è evidente che se per catturare la corrente d’aria più favorevole, era possibile giocare su un certo margine spaziale, per posizionare il singolo aerogeneratore, in un luogo piuttosto che in un altro, la localizzazione degli impianti di sbarramento per gli accumuli idrici, necessari per muovere le macchine (turbine e alternatori) addette alla produzione di energia, era di fatto prefissata e non gestibile.

Nel tempo presente, di fronte alla vissuta attualità, relativa all’essere ormai, pressoché, unanimemente consapevoli della necessità di abbandonare, nel più breve tempo possibile, l’uso delle fonti fossili di energia, è quanto mai urgente massimizzare la resa di ogni fonte rinnovabile di energia disponibile. Tutti gli attori in campo, pubblici e privati, singoli e associati, sono chiamati a cimentarsi con scelte epocali, sul come e nel dove collocare i numerosi impianti produttivi necessari per le comuni esigenze odierne e delle generazioni future.

In materia, è bene ricordare che le modalità operative di massima, cui fare riferimento, per il presente e il prossimo futuro, per la detta localizzazione degli allestimenti per le rinnovabili, sono sostanzialmente due: a) concentrare la produzione in luoghi circoscritti e distribuire ai richiedenti i quantitativi, prodotti e disponibili, per tutti gli usi civili e industriali necessari; b) produrre in modo diffuso sul territorio, attraverso reti di contenute dimensioni, come previsto per le tante comunità energetiche, in esercizio e/o in via di formazione.

Evidentemente una soluzione non esclude l’altra, ambedue sono da implementare e geograficamente da calibrare, con la massima attenzione possibile, tenendo ben presente tutte le risorse naturali e culturali esistenti. È il caso di costruire, dal basso, un sentimento sociale, ampio e consapevole, teso a delineare le caratteristiche più consone dei luoghi da destinare all’una o all’altra soluzione. È un impegno sociale mai prima affrontato nei termini descritti, eppure non eludibile. Si tratta d’immaginare, mettendo in atto uno sforzo premonitorio senza precedenti, sulla base delle conoscenze delle più diverse matrici culturali disponibili, la composizione di paesaggi, compatibili, nell’estetica e nella sostanza, sia con i bisogni materiali dell’uomo che con i vari aspetti associati alla natura, in essere e in divenire, nel solco della sua globale evoluzione.

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