La chiesa dei santi Paolo e Pietro riesce ad accogliere meno di un terzo della folla che nel pomeriggio di oggi – 24 agosto – si è radunata sul piazzale, tra mazzi di fiori bianchi e palloncini candidi, per salutare Valeria, 16 anni. Le norme anti covid riducono lo spazio, ma se anche non esistesse il distanziamento sarebbero comunque troppi per starci tutti.
È uno di quei funerali, quello di oggi, che padre Enzo non vorrebbe mai dover celebrare. E invece ancora una volta, dall’altare, deve raccontare il senso di un dolore che non trova argini, né consolazioni. È difficile parlare di senso del dolore ai ragazzi, e loro sono poco più che bambini. Fino all’altro giorno conoscevano di Valeria Cinalli il sorriso radioso, gli occhi scintillanti, la bellezza flessuosa di un corpo appena sbocciato. Hanno imparato in fretta, loro malgrado, che la perfezione non dura. E lo strazio è dietro l’angolo, feroce più del caldo di un Ferragosto di festa, allegria, che ancora prima di sera si trasforma in tragedia.
Scioccati, le mascherine sul volto che lasciano vedere solo gli occhi colmi di lacrime, lo sguardo incredulo, seguono la funzione con la famiglia, i giovani genitori sfiancati dalla perdita, il fratello maggiore di Valeria, gli zii e le nonne. Ma a 16 anni, investiti dalla tempesta, non è possibile mantenere la compostezza, trattenere i singhiozzi. Padre Enzo osserva quei giovanissimi figli di Termoli, la città teatro della tragedia sulla strada, e fa loro un appello a far germogliare “dentro di voi il seme del dolore che il viaggio di Valeria spezzato dopo 16 anni vi ha creato, fate che questo dolore non sia inutile”.
Il corpo di Valeria, dichiarata morta all’ospedale di Pescara il 17 agosto, è tornato a Termoli ieri mattina, per l’autopsia. C’è una indagine per omicidio stradale e gli inquirenti non vogliono tralasciare nulla. C’è di mezzo la vita di una 16enne, il futuro di una famiglia, ma anche il destino di un altro giovanissimo, il 19enne che guidava – a forte velocità e dopo aver bevuto qualche bicchiere, come ha indicato il tasso alcolemico – sulla provinciale 51, la Mini che si è ribaltata uscendo dal curvone come una scheggia impazzita e finendo nei campi a testa in giù.
Valeria era seduta dietro, le stavano dando un passaggio per rientrare a casa. Dietro un’altra auto con quattro suoi amici, anche loro qui al funerale, che forse solo da lontano hanno seguito quel volo nel vuoto, fino allo schianto. I ragazzi e le ragazze che fanno i conti oggi, molti per la prima volta, con l’imprevedibilità beffarda della vita, indossano il colore nero, quasi tutti. È un caso, probabilmente, una scelta cromatica adatta alla giornata di lutto e un colore che tutti hanno nell’armadio.
All’uscita della messa, prima che la bara bianca salga sul carro funebre dell’agenzia Jovine per raggiungere il cimitero comunale, fra quei palloncini bianchi gonfi d’aria che si liberano in cielo, mentre le colombe bianche volteggiano sulle note dei brani Sfera Ebbasta e Ultimo – che Valeria amava – le t-shirt, i leggings neri e gli occhiali da sole sembrano una metafora, il paradosso dell’esistenza stessa che si muove veloce tra il buio e la luce, come in un fotogramma accelerato in timelapse. E una domanda di fondo, angosciante, che pesa sul cuore di tutti e fa a meno del punto interrogativo: poteva accadere a me. (MV)
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