Campomarino

Decine di tartarughe esplose, centinaia di uova bruciate, migliaia di pini in cenere: “E’ una catastrofe ambientale”

L’incendio nella pineta di Campomarino ha devastato un habitat naturale prezioso non solo come polmone verde ma anche perché ospitava, da 70 anni, un patrimonio di fauna e flora unico nel genere. L’esperto Nicola Norante, in ricognizione con il gruppo molisano studi ornitologici e con esperti di rettili, classifica la strage degli animali e della flora. Ritrovati decine di carapaci di testuggine di Hermann, che hanno già nidificato: distrutte centinaia di uova. Fabio Ventriglia Campana, autore di un reportage prezioso anche a fini investigativi, racconta il paradiso perduto sotto l'orrore del business del fuoco.

Tutto è grigio, un colore di morte, in quella che fino a domenica era la verde pineta Vallona di Campomarino. Scavando in quel manto di cenere, setacciando il suolo ricoperto di fuliggine ancora ardente, che scioglie la gomma delle scarpe, vengono fuori i resti di centinaia di animali uccisi dal fuoco. “E’ una cosa incredibile, straziante”. Nicola Norante, ornitologo, ha un bilancio drammatico dalla ricognizione che ha svolto ieri mattina col Gruppo Molisani Studi Ornitologici e con i colleghi esperti di rettili.

“Il terreno era ancora caldissimo – racconta – e ancora i tronchi ardevano. Ma già da questo sopralluogo, pure fatto in condizioni complicate, è emerso il disastro”. La flora, prima di tutto. Un patrimonio distrutto sotto la forza del fuoco spinto dal vento di garbino, con raffiche che hanno superato i 50 chilometri orari consumando in fretta migliaia di alberi. “Quei bellissimi pini di Aleppo erano stati piantati negli anni Cinquanta con un’opera di rimboschimento nell’ambito di un piano nazionale e rappresentavano un polmone verde prezioso ma anche un importante habitat naturale per tante specie di uccelli migratori che lì trovavano riparo dal nord Europa durante i loro viaggi. Tutto questo non c’è più, e non è esagerato parlare di catastrofe ambientale”.

Pineta campomarino anni 50 foto giuseppe chimisso

In questa foto storica degli anni Cinquanta, di Giuseppe Chimisso, si vedono gli operai impegnati a piantare gli alberi della pineta Vallona

E poi gli animali. Una strage che spezza il cuore e delinea la follia dell’uomo che con mano scellerata stermina le altre specie, negando a se stesso e ai discendenti le garanzie di un pianeta abitabile. Si sente ripetere la parola “criminali” che echeggia sinistra tra questi tronchi nudi e sbriciolati. Nicola Norante, come gli uomini delle squadre di soccorso che hanno lavorato in condizioni infernali, come i tanti volontari che hanno resistito per fare il possibile, sperando nel miracolo che non è arrivato, non ha dubbi. “Chiaro, incendio doloso. Poi bisogna capire se c sia stata una strategia a tavolino o se è il risultato di menti deviate, dipendenti dall’ignoranza e dall’incuria. Le indagini servono a questo, noi abbiamo già messo insieme una documentazione che spero sarà utile ai Forestali”.

Testuggini esplose incendio Pineta Campomarino tartarughe carapaci

Eppure si respira, insieme al fumo che persiste acre e impregna capelli e indumenti del suo puzzo letale, un retrogusto di malvagità, una scia malefica e rovinosa che attraversa la carcassa di un gufo, il corpo già attaccato dalle mosche della carne di un volpacchiotto che non è riuscito a mettersi in salvo.

La pineta è un cimitero, invisibile ai tanti curiosi che vengono a vedere la devastazione e la filmano, consegnando ai social la loro personale testimonianza di paradiso perduto ma ben chiara agli esperti che classificano i resti di centinaia di uccelli. Colombacci, tortore selvatiche, tortore dal collare, “per lo più nidiacei incapaci di volare…”. E le tartarughe, lo strazio di decine di gusti esplosi, sventrati dal calore, finiti a pezzi.

“Abbiamo documentato un numero considerevole di testuggini di Hermann morte a causa del fuoco e dal calore, alcuni carapaci sono esplosi” spiega con la voce incrinata dallo sconforto, che rivive lo stesso stato d’animo della strage – anche quella disastrosa – documentata nel luglio 2020 con l’incendio del bosco Fantine, sempre a Campomarino. Sopra la cenere i carapaci divelti come durante una esplosione, sotto la cenere centinaia di uova. “Avevano nidificato già, da poco tempo – spiega Norante – e le uova si sarebbero schiuse a ottobre. Ora non accadrà più”.

Testuggini esplose incendio Pineta Campomarino tartarughe carapaci

Ora la pineta Vallona è andata, e ripristinarla – ammesso che si possa fare – sarà un lavoro immane e lunghissimo.  “La Pineta di Vallona era un posto magico, ‘un angolo di Sardegna’ in Molise – dice Fabio Ventriglia Campana, appassionato ed esperto di natura, particolarmente affezionato a quel luogo e autore di un reportage di straordinario interesse anche a fini investigativi che Primonumero.it ha pubblicato ieri.

Un paradiso naturale cancellato in poche ore: quel che resta della pineta di Campomarino

“La pineta era nata grazie all’impegno di tanti uomini, che negli anni Cinquanta, con grande fatica, piantarono uno ad uno i piccoli Pini. Si racconta che per innaffiare queste piante furono addirittura scavati dei pozzi in modo da potergli garantire la sopravvivenza anche nei periodi più caldi e creati dei ripari di canne contro il vento. Una Pineta che aveva ben 70 anni, che era nel cuore di tante persone abituate a fare passeggiate o a passare spensierate giornate di mare. Un gran lavoro negli anni per cercare di tenerla pulita con piccoli e grandi gesti. Tanti i cittadini che cercavano di compensare quello che altri non facevano con i propri rifiuti. Le istituzioni che anche nelle ultime settimane si sono adoperate per rimuovere cumuli di immondizia e installare dei secchi in prossimità della spiaggia in modo da indurre le persone a non abbandonare i rifiuti spargendoli nella pineta”.

Pineta Campomarino prima

Talmente bella, la pineta Vallona, che era stata da poco citata anche nella guida “Lonely Planet” Abruzzo/Molise di recente pubblicazione, come una delle spiagge più affascinanti della costa, un angolo incontaminato per gli amanti della natura al pari della rinomatissima Punta Aderci a Vasto.

“Mi è capitato di pubblicare dei post con foto della pineta e  amici sparsi in giro per l’Italia e – aggiunge Fabio – mi rispondevano “dove sei in vacanza in Sardegna?” e io “no, sono in un angolo di Sardegna in Molise”.

Un patrimonio, una ricchezza vera, andata in fumo in poche ore. Quello che la natura aveva fatto in 70 anni è stato distrutto dal fuoco e dall’uomo in poche ore.

Quella di Fabio è una riflessione che accomuna, in queste ore, tanti cittadini. “La contemporaneità di tanti incendi nelle regioni Abruzzo e Molise fa pensare che possa esistere un’unica regia dietro un attacco incendiario di questo tipo molto simile a quello che nel 2007 avvenne sulle dune di Campomarino e sulla statale 16 a Termoli. Una regia che potrebbe essere spinta a creare incendi per trarre profitto dal business del fuoco”.

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