Criminalità

Dal cavallo di ritorno al socio in affari della mala foggiana: l’imprenditoria bassomolisana schiacciata dal racket

Come funzionano le infiltrazioni malavitose e il pericolo concreto che la costa sta vivendo nel racconto del Procuratore Distrettuale Antimafia di Campobasso Nicola D’Angelo. Indagini e numeri alla mano (ma purtroppo zero denunce): ecco i quattro livelli di estorsione

Il procuratore distrettuale Antimafia di Campobasso Nicola D’Angelo non partecipa né spesso né volentieri ai tanti incontri pubblici ai quali viene invitato, con la preghiera di contribuire al dibattito fornendo la sua esperienza al vertice dell’organo inquirente. Al convegno promosso da Sos Impresa Confesercenti di martedì pomeriggio a Termoli su usura e racket però era presente. “Mi rendo conto che è un momento delicato, difficile per la nostra regione ma anche e soprattutto per il Basso Molise”, esordisce chiarendo così le ragioni per le quali ha accettato di intervenire, al fianco della collega Procuratore capo della Repubblica di Larino Isabella Ginefra. Lo spunto è illustrare il fondo di solidarietà messo a disposizione da Confesercenti per favorire le denunce delle vittime e la loro rinascita economica. Sos Impresa Molise (0874/412209) sia grazie a importanti risorse economiche che a figure professionali e di consulenza, ha come obiettivo quello di accompagnare gli imprenditori e i commercianti nel difficile percorso della denuncia, mettendo in campo strumenti legislativi utili sia in sede processuale che nel prosieguo delle attività lavorative, per accedere a mutui e ottenere finanziamenti agevolati e anche anticipati, evitando così di ricorrere agli strozzini.

Procuratore D’Angelo, il Molise è al quarto posto per rischio di infiltrazioni malavitose in Italia, con un indice di permeabilità giudicato alto. Lo dicono i dati.
“I dati statistici Eurispes possono avere un certo significato sicuramente preoccupante, ma quello che noi leggiamo dalle carte e che conosciamo in modo approfondito ci preoccupa molto di più. Soprattutto ci preoccupa la situazione di Termoli e dei dintorni. Ricordo quando abbiamo fatto l’indagine denominata Piazza Pulita, conclusasi nella fase investigativa con 39 misure cautelari – tra l’altro tutte confermate dal Riesame – magistrato della Direzione Nazionale Antimafia di Roma, analizzando la situazione , a un certo punto disse: Sta succedendo la stessa cosa accaduta in Basilicata”.

Perché in Basilicata? Cosa è successo lì?
“Ci sono regioni in cui la criminalità organizzata è endemica, come la Sicilia, la Campania, la Puglia. Ce ne sono altre che sono state pian piano risucchiate nella morsa come la Basilicata, appunto. Se voi vedete le analisi che vengono svolte a livello semestrale ormai la Basilicata è considerata a parte. Ecco, noi siamo il territorio di confine, ma non solo perché da qui passa la criminalità foggiana. Noi siamo anche il fronte rispetto a un ingresso completo della malavita”.

Piazza Pulita, l’indagine che ha citato, ne è un esempio. In quel caso la camorra voleva controllare il mercato della droga il più possibile…
“Sì, ma per poi fare altro. Ecco diciamo che in questa zona, in Basso Molise, siamo già passati alla seconda fase, già si sta facendo altro”.

Siamo già oltre? Ci troviamo già in una fase avanzata rispetto alle infiltrazioni?
“Sì. E oggi mi sarebbe piaciuto avere davanti gli imprenditori, che invece non vedo presenti e voglio sperare che questo dipenda solo da altri impegni, per poterli guardare negli occhi. Perché so benissimo quello che loro vivono sulla loro pelle. Eppure non denunciano, ma subiscono le estorsioni”.

Quali sono le tipologie di estorsione in questo territorio?
“Ce ne sono diversi tipi. E sono tutte presenti in questa fascia, da Termoli a Campomarino. C’è l’estorsione base, della quale generalmente si occupa la Procura ordinaria, che avviene con il cosiddetto cavallo di ritorno. Viene rubato un trattore, un mezzo agricolo da 50mila euro, faccio un esempio, proprio nel momento in cui serve per l’attività agricola. L’imprenditore così non solo ha una perdita importante, ma anche un mancato guadagno. A fronte della prospettiva di pagare 3 o 4mila euro per riavere il trattore, paga pensando di risolvere il problema così. Ottiene il mezzo e non denuncia i fatti, ma non sa che in questo modo condanna se stesso a essere ancora e ancora una vittima. La criminalità non è fatta da persone che cercano singoli guadagni ma da persone che cercano strade per guadagnare, e guadagnare sempre di più. Dobbiamo immaginarle come delle iene che cercano una zebra da sbranare volta per volta. Si può star sicuri di questo, cioè del fatto che torneranno sicuramente dall’imprenditore che ha pagato un’altra volta, e un’altra volta ancora”.

Le denunce scarseggiano anche per altri episodi legati al racket in BassoMolise?
“Le denunce non arrivano, e questo è un pessimo segnale. Per esempio non ci sono state denunce nemmeno per i filari dei vigneti rotti a Campomarino. In quel caso la criminalità ha rotto solo alcuni tiranti, in modo tale che tutto sommato il danno si potesse riparare. Ma ha fatto capire che se vuole può fare un danno enorme. Eppure, ripeto, non ci sono denunce”.

Questo è il livello base delle estorsioni, dunque. Poi a cosa si passa?
“C’è un secondo livello, che pure riscontriamo qui a Termoli e in zona. E cioè gli stessi imprenditori che si rivolgono alla criminalità per risolvere i loro problemi economici, per recuperare dei crediti. E’ singolare che quando questo è avvenuto a Campobasso, due ore dopo l’imprenditore vittima dell’estorsione – in quel caso tentata ma non consumata – si era già recato in Questura”.

Dunque in quel caso la denuncia è arrivata?
“Sì, esatto. Anche se lui chiaramente aveva paura. Ma sapeva che era l’unica cosa da fare, e difatti 15 giorni dopo queste persone sono state arrestate e portate in carcere, dove si trovano tuttora. E’ singolare che una di queste persone viveva da anni a Termoli. E voglio domandarlo a voi: ma pensate veramente che ha deciso di fare un’estorsione a Campobasso e basta?”

Cosa succede quando l’imprenditore si trasforma egli stesso in estorsore?
“Si rivolge a un criminale per recuperare i presunti crediti pensando di risolvere i problemi, ma il criminale questo servizio se lo fa pagare e se lo fa pagare bene. Se lo fa pagare non solo in denaro, ma in obblighi di assunzione. Assunzioni che riguardano per esempio detenuti pregiudicati, che grazie a un contratto di assunzione riesce ad avere il permesso per uscire dal carcere. Ma a beneficio di tutti dico che assumere un pluripregiudicato non è quasi mai una scelta per aiutare la persona che vuole iniziare un diverso percorso di vita, bensì un obbligo, un modo per soddisfare l’ordine dato da chi comanda su di te”.

E’ un meccanismo pericoloso. Si finisce per restare intrappolati nella morsa, legati mani e piedi alla malavita.
“Ma succede anche di peggio, attenzione. Infatti c’è un terzo livello, e anche su questo abbiamo segnali che in qualche caso si sia verificato a Termoli, per il quale l’imprenditore che è in difficoltà economica riceve la richiesta di pagamenti che non può assolutamente soddisfare perché i soldi non ce li ha ma viene avvicinato da qualcuno che gli dice: oggi è il tuo giorno fortunato”.

Cioè?
“Mettiamo che l’imprenditore debba pagare 300mila euro di debiti contratti con strozzini, magari gente in giacca e cravatta che lo ha illuso di potergli dare un mano. Ecco, arriva il momento in cui è in maniera molto cortese gli viene detto: oggi hai una grossa possibilità, non solo non devi pagare niente, ma devi inserire nella tua società altre persone che inseriranno altro capitale liquido. Insomma, sei davvero fortunato! E così lui, che fino a quel momento ha lavorato notte e giorno senza grandi risultati anzi accumulando dei debiti, si ritrova a poter ampliare la propria attività, avere disponibilità economiche praticamente illimitate e essere un imprenditore di successo. E magari crede davvero che sia possibile farlo”.

Possiamo dire che un imprenditore, magari onesto fino a quel momento, ha l’illusione di poter diventare socio di un delinquente?
“E’ una illusione, appunto. Non puoi essere socio di un delinquente, è come mettere insieme una zebra a un branco di oene. Per un certo momento, fintanto che alle iene va bene, la zebra sopravvive. Ma nel momento stesso in cui bisogna farla fuori automaticamente viene sbranata”.

E si passa al quarto livello…
“Che già si sta verificando in qualche modo dalle nostre parti. Succede che il nuovo socio a un certo punto dice all’imprenditore: questi sono i soldi, adesso tu esci dalla società e la gestiamo noi. E quindi la società, l’attività commerciale, viene gestita dalla criminalità organizzata. Ma voi immaginate che danno fa all’economia? Pensiamo a una panetteria che entra nelle mani della società foggiana: in quel momento innanzitutto riesce a fare il pane a prezzi più bassi e può vendere sottocosto grazie ai proventi che gli derivano dalla droga e da altre attività criminali, quindi fa fuori i concorrenti. Poi si passa a una estorsione più sottile: la società della panetteria va dagli altri commercianti e impone che per il pane si debbano rifornire presso quella panetteria, e non da altri. Sotto minaccia, ovviamente. Ed ecco allora che gli altri panettieri che apparentemente non hanno subito alcuna aggressione criminale finiscono per essere fortemente danneggiati perché sul piano economico non riescono più a sostenersi”.

Queste dinamiche sono state riscontrate soprattutto in Basso Molise?
“Racket e usura sono sempre in agguato nella nostra regione ma lo sono in modo più evidente sulla costa. E dirò di più: in alcune intercettazioni, nella scelta di fare l’estorsione a Campobasso a Termoli si preferisce farla a Termoli, e nella scelta se fare l’estorsione a Termoli o a Foggia si preferisce farla a Foggia, perché il livello di denuncia è più basso. Gli estorsori e gli usurai sanno perfettamente, insomma, che Termoli non è come Campobasso, dove è più difficile permeare il tessuto economico”.

Quali sono le possibilità per gli imprenditori?
L’unica possibilità è la denuncia oppure scappare via, togliersi di mezzo. Ma questa non è un’alternativa. Piegarsi significa sacrificare se stessi e sacrificare l’impresa. Piegati una volta, ci si piega definitivamente”.

Facciamo ancora in tempo, Procuratore, a salvarci?
“In Basso Molise, malgrado uno sforzo immane, la battaglia contro la droga è già una battaglia persa. Ma qui si può fare ancora qualcosa. La denuncia, ripeto, è l’unica possibilità. E non solo per il singolo ma anche nell’interesse della categoria. Una vittima del racket non è un concorrente in meno per gli altri, ma l’esatto contrario: una vittima del racket che non denuncia e si piega significa un concorrente più potente, più capace, che scalzerà progressivamente gli altri dal mercato. Perché una vittima del racket equivale a un concorrente in più che non è né l’amico né il collega, bensì il criminale che avrà preso posto della vittima”.

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