Il piano sulle terapie intensive

“Costi troppo alti”, battuta d’arresto per la Torre Covid. Altri 6 mesi di indagini sui tanti morti in ospedale

Sarebbero saliti a 9 milioni i costi necessari per riconvertire l'ex hospice dell'ospedale del capoluogo che avrebbe dovuto ospitare altri 14 posti di Terapia Intensiva. "Il progetto non è stato accantonato, ma va rivisto", spiega il commissario alla sanità nonchè presidente della Regione Donato Toma. "E' stato sforato il budget assegnato e abbiamo le Rianimazioni mobili inutilizzate perchè manca il personale". Intanto i giudici del Tribunale di Campobasso hanno accolto la richiesta della Procura a cui si erano rivolti i familiari delle vittime covid: si indagherà per altri 6 mesi, poi l'inchiesta potrebbe avere una svolta o essere archiviata

“I costi per realizzare la Torre Covid sono saliti a circa 9 milioni“. E’ l’ultima stima sul progetto e sui miglioramenti che bisogna apportare alla struttura adiacente al Cardareli. Parola del governatore nonchè neo commissario alla sanità Donato Toma. Ecco perchè l’ampliamento delle Terapie intensive nell’ex hospice dell’ospedale di Campobasso, hub nella cura dei pazienti covid, potrebbe naufragare del tutto. Prevedeva trentacinque posti letto tra intensive e sub-intensive, oltre a un pronto soccorso dedicato, come previsto nel piano approvato a Roma.

Per ora il presidente-commissario esclude tale eventualità. Piuttosto sono in corso delle valutazioni anche sulla base della dettagliata relazione che lo stesso Toma ha chiesto a Oreste Florenzano, direttore generale dell’Asrem, soggetto attuatore scelto dall’allora struttura commissariale nazionale guidata da Domenico Arcuri.

Il progetto non è stato accantonato ma va rivisto perchè, dopo le contestazioni della ditta che doveva eseguire i lavori, ha superato il budget previsto”, scandisce il presidente della Regione. Sui 9 milioni che ora servirebbero per attivare il padiglione covid con annesso pronto soccorso, 7 milioni servirebbero per la riconversione dell’ala del nosocomio di contrada Tappino, stando ai calcoli riferiti da Palazzo Vitale. Un milione di euro in più rispetto ai 6 già stanziati dal Governo.

“Inoltre il progetto va rivisto in relazione alle situazioni attuali, se abbiamo bisogno di soli posti di Terapia Intensiva o anche di semi Intensiva, se abbiamo bisogno di rafforzare i pronto soccorso. Insomma, dobbiamo capire le reali necessità e se ci sono cose già realizzate che vanno espunte dal progetto”.

Oltre alle ulteriori necessità di fondi pubblici e all’incertezza legata alla nuova eventuale ondata del virus che la campagna vaccinale potrebbe rallentare, c’è un altro freno al progetto: “Abbiamo 26 posti disponibili nelle strutture mobili inaugurate nei tre ospedali di Campobasso, Isernia e Termoli e che non riusciamo ad attivare perchè manca il personale”, sottolinea il presidente Toma.

Di conseguenza forse sarebbe anche complicato, una volta completato il padiglione covid, renderlo pienamente funzionante senza medici, infermieri e oss.

“Abbiamo avviato un’interlocuzione con Asrem – esplicita il governatore-commissario – che sta stilando una relazione per capire cosa può essere utile fare e come si può rientrare nel budget. Bisogna considerare che quel progetto prevedeva 14 posti letto di Terapia Intensiva in più rispetto ai 39 che abbiamo già a disposizione (con il coinvolgimento dei privati), mentre per attivare i 26 posti nelle strutture mobili bisognerà assumere personale tramite concorsi a tempo determinato e indeterminato”.

Le valutazioni del commissario alla sanità potrebbero concludersi con un inaspettato dietrofront su uno dei progetti più tormentati degli ultimi tempi, nato forse sin dall’inizio col piede sbagliato già nelle complicate procedure di scelta di tre imprese diverse come prevedeva il bando nazionale nel ‘Piano di rafforzamento della rete ospedaliera per l’emergenza Covid-19’. Tre fasi di elaborazione del centro covid, altrettante figure impegnate: una ditta per elaborare il progetto, una per validare l’opera e infine l’impresa esecutrice dei lavori. Forse ricorderete anche i nomi di chi rivestiva questi ruoli chiave: il gruppo Rtp Mastellone di Castelvetere, EN3 srl di Milano e il Consorzio Stabile Built scarl. A queste imprese alla fine dell’ottobre 2020 era stato affidato il piano di riconversione dell’ex hospice del Cardarelli (preferito dal Ministero all’ospedale covid di Larino).

Il centro Covid mai realizzato: il padiglione da 6 milioni ostaggio della guerra tra imprese. Ora chi paga?

 

Poi una serie di ostacoli, in primis la lite tra le ditte sulla fattibilità del progetto stesso che a più riprese ha fatto saltare il cronoprogramma dei lavori. Sembrava che alla fine di marzo si potesse partire. Ma è stato un altro buco nell’acqua.

Infine l’intervento della Procura di Campobasso che ha aperto un’inchiesta per accertare quanto contenuto negli esposti dei familiari delle vittime covid. Il 18 agosto, fra l’altro, il giudice del Tribunale di Campobasso ha accolto la richiesta della stessa Procura di prorogare per altri sei mesi le indagini. 

Alla magistratura era stato chiesto di chiarire se all’interno dell’emergenza sanitaria si siano verificate delle falle che hanno avuto poi conseguenze sull’assistenza e sul decesso dei malati covid: dal numero dei posti letto nel reparto di Terapia Intensiva alla corrispondenza tra quelli realmente attivati e quelli comunicati a Roma (i ‘famosi’ 39 posti letto, ndr); dalla carenza di personale sanitario nei reparti covid, al malfunzionamento dell’impianto di ossigeno fino alla promiscuità dei percorsi. Criticità attestate anche dai Carabinieri del Nas. Tali situazioni, secondo i familiari delle vittime, hanno favorito la ‘contaminazione’ dell’ospedale e quindi la diffusione del virus, il contagio e infine il decesso anche di chi era ricoverato in altri reparti (Chirurgia e Medicina). Persone morte dopo essersi infettate in ospedale.

Nell’atto di notifica inviato il 18 agosto al presidente del comitato ‘Dignità e verità vittime covid-19’ Francesco Mancini, assistito dall’avvocato Enzo Iacovino, vengono confermate alcune ipotesi di reato: falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, epidemia e delitti colposi contro la salute pubblica. Parliamo degli articoli 479, 438 e 452 del codice penale.

Nel caso dell’articolo 479, spiega l’avvocato Iacovino, “l’ipotesi di reato si riferisce, con ogni probabilità, ai dati inerenti i posti di terapia intensiva pubblici e privati, accreditati disponibili e occupati durante la pandemia e oggetto di formale comunicazione all’Istituto Superiore di Sanità ai fini della gestione dell’emergenza e dell’attivazione delle procedure CROSS attivabili dal momento in cui il 30% dei posti disponibili vengono occupati. Su tali dati si evidenzia che il comitato ha sporto formale denuncia, già a novembre 2020, per le diverse discrasie accertate”.

Il legale ricorda poi che “diversi primari già il 2 aprile 2020 segnalavano e denunciavano criticità e responsabilità per la gestione sanitaria dell’ospedale Cardarelli di fatto un centro Covid senza le dovute precauzioni”. E “diversi pazienti sono deceduti per Covid contratto dopo i ricoveri per patologie tempo dipendenti. Sono seguite anche le chiusure dei fondamentali reparti di chirurgia e di medicina”. Infine, “è stata denunciata inoltre l’insufficienza del personale medico e paramedico rispetto al crescere dei ricoverati. Tra i reparti più critici quello di malattie infettive che da 4 posti letto previsti è arrivato ad avere 80 pazienti ricoverati con personale immutato, come da dichiarazione dei medici del reparto”.

Per ora c’è una sola persona iscritta nel registro degli indagati: è l’ex commissario alla sanità Angelo Giustini accusato di omissione d’atti d’ufficio e abuso d’ufficio. Chissà se fra sei mesi, al termine delle indagini, ci sarà un colpo di scena o se l’inchiesta sarà archiviata del tutto.

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