Operazione pinocchio a campobasso

Spaccio con i bambini, colpo di scena in aula: slitta la sentenza, un testimone va riascoltato

Il procuratore Gallucci chiede ed ottiene un'integrazione probatoria prima che venga emesso il verdetto: discrasie tra trascrizioni e deposizione in aula

Era il 30 ottobre 2019. La squadra mobile di Campobasso dava il primo colpo, consistente, allo spaccio in città: sei misure cautelari, di cui quattro in carcere e due divieti di dimora in Molise, 19 indagati, quattro regioni coinvolte: Molise, Campania, Abruzzo e Puglia. Eppoi 3 mila dosi di droga sequestrate con 7 mila cessioni di stupefacente documentate.

“Operazione Pinocchio” fu la prima di una serie di retate antidroga. La stessa che oggi – lunedì 5 luglio –  doveva concludersi con la sentenza a carico degli ultimi tre imputati che nell’ambito del procedimento giudiziario a loro carico hanno chiesto di essere giudicati con il rito ordinario.

Invece in aula è arrivato il colpo di scena. Il procuratore Vittorio Gallucci ha chiesto un’integrazione probatoria, concessa dal tribunale collegiale.

Secondo la pubblica accusa sarebbero emerse discrasie fra quanto trascritto dai periti e la deposizione in aula di un agente di polizia che ha lavorato all’inchiesta. Discrasie che per il dottor Gallucci andavano chiarite a fronte di un verdetto scevro da dubbi e ed incertezze. Si è opposto alla richiesta l’avvocato Silvio Tolesino che difende due delle tre persone imputate. Ma il collegio ha invece ritenuto di dover concedere l’integrazione probatoria e dunque si tornerà in aula a novembre prossimo.

“Operazione Pinocchio” nacque a seguito delle diverse segnalazioni dei cittadini residenti nella zona di Piazza Venezia a Campobasso.

La squadra mobile smantella cellula dello spaccio: in corso 70 perquisizioni, 6 persone arrestate

Esasperati per la presenza, specie in via Quircio e via Iezza, di numerosi soggetti che si recavano di notte e di giorno in una appartamento della strada trasformato in base operativa dello smercio di droga.  Un quartiere con telecamere allestite e “vedette” pronte a segnalare ai protagonisti dello spaccio, ogni accesso nella zona da parte delle forze di polizia.

In particolare il leader del gruppo con a carico numerosi precedenti penali e di polizia, era molto cauto nei propri movimenti, comunicando poco al telefono ed utilizzando, invece, i contatti social. Dall’indagine emerse anche che l’uomo non aveva alcuna remora nel consegnare al proprio figlio ed ai nipoti lo stupefacente da spacciare o destinato all’uso personale.

Lui insieme alla compagna, coadiuvati dalla “famiglia”, si approvvigionava nelle province di Napoli, Foggia e Caserta di stupefacente destinato allo spaccio, in quantità non elevate, ma con ciclicità tale da poter rifornire costantemente il “market” della droga in via Quircio.

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