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Gemelli Molise, appello degli ex consiglieri: “Non possiamo tacere”

Anche l’associazione degli ex consiglieri regionali interviene in merito alla controversa vendita della Cattolica di Campobasso.

Riunito sotto la presidenza di Gaspero Di Lisa il direttivo ha presentato un documento sul futuro del centro di alta specializzazione Gemelli Molise. Documento che costituisce un appello lanciato alla società civile molisana, al mondo della politica, alle autorità religiose e non ultimo ai vertici nazionali della Cattolica, per ricordare le ragioni storiche che hanno portato alla realizzazione del centro di alta specializzazione a Campobasso, e per difendere e salvaguardare gli obiettivi strategici che consentirono di giungere alla concretizzazione di quella intuizione per fortificare il sistema sanitario regionale.

Obiettivi ancora attuali, evidenziano gli ex consiglieri, e che furono condivisi, non solo dal Pontefice, Giovanni Paolo II, che ne pose la prima pietra, ma anche dalle massime istituzioni nazionali, regionali, provinciali e comunali, oltre che da una vasta parte della struttura socio-economica molisana.

Questo il testo integrale dell’appello intitolato: “Perchè non possiamo restare ancora silenti sulla situazione politico-sciale e sulle emergenze nel Molise”

Dei temi preminenti, su cui puntare la nostra attenzione, per valutarne con responsabilità e serietà la portata e i disastrosi effetti sociali conseguenti, quello della sanità, si impone per assoluta e indiscutibile urgenza. E’ doveroso elaborare per il settore documenti e proposte da sottoporre al vaglio delle rappresentanze istituzionali a tutti i livelli e profili (sociali, culturali, scientifici, associativi, del volontariato, ecc.), unitamente alle riflessioni che andremo a svolgere.

La stampa dà notizie di situazioni e affaccia considerazioni, che, una volta portate alla conoscenza del pubblico, non possono essere trascurate. Pertanto, usciamo dai silenzi, anche perché la pubblica opinione se ne potrebbe a ragione lamentare e considerarli “di comodo” e di opportunistica acquiescenza. Non chiarire lo stato delle cose, non smentire le ipotesi circolanti (neanche da parte di chi – istituzionalmente – avrebbe il dovere di farlo a vario titolo), significa confermarle, avvalorarle e col silenzio far passare per corretti i procedimenti messi in atto, consentiti ed accettati i risultati, approvato il libero corso di una soluzione, con i requisiti di legittimità rispetto agli interessi pubblici per i quali la struttura era nata e la destinazione conferente alla qualità dei servizi da tutelare e garantire.

E’ chiaro che si parla della Cattolica.

Tra l’altro, si presenta e si prospetta la soluzione trovata come auspicabile crescita della qualità delle prestazioni e dei requisiti sottesi alle finalità del perseguimento del bene comune, tacendo quello totale delle persone o dei gruppi economici e finanziari coinvolti negli accordi. La vicenda sanitaria di riferimento, denunziata con il noto e ricorrente stile giornalistico, si adombra di profili affaristici di grande portata e di non lieve gravità per le pubbliche finanze e per i servizi cui dovrebbero essere destinati.

Il tutto appare di particolare ed inaccettabile gravità: manca la chiarezza necessaria per fugare i sospetti ed evitare gli abusati sistemi indefinibili tra accusa e calunnia. Di certo, la sanità, per il fine primario che ha di curare, non può essere trattata alla stregua di una qualunque “merce” da acquisire secondo le disponibilità e le convenienze di mercato.

La sanità (come il lavoro) non è merce! E non può essere esposta al rischio di essere deviata verso la speculazione, la rendita e i fini affaristici, obiettivi degli operatori finanziari. Questo è un aspetto particolarmente delicato, che merita attenzione e coerenza, per le conseguenti implicanze, soprattutto di chi – per cristiana misericordia – raccomanda di “visitare gli infermi”!

Questa misericordiosa opera corporale (che non può intendersi limitata alla ordinaria visita di cortesia) è stata praticata dalla Chiesa, nel corso dei secoli, con le opere di autentico ed integrale servizio dell’uomo: sanatori, ospedali e altre strutture sono state sempre destinate alla cura (per giunta gratuite), proprio delle persone in stato di bisogno economico, che sono più esposte e bisognevoli di cure, proprio loro che non possono pagarsele, senza il pubblico soccorso di una società solidale.

Questa è la ragione umana da far valere.

Questa è la frontiera che la Chiesa storicamente ha tenuto per ogni azione che ha svolto al riguardo, anche in Molise. Non possiamo fingere di non saperlo! Che questo fosse l’obiettivo, che la Cattolica si era dato con l’atterraggio nel Molise, abbiamo il dovere di darne documentata testimonianza, richiamando alla mia e alla vostra memoria, nonché a quella di tutta la comunità regionale, la venuta in Molise il 19 marzo 1995 del Papa, oggi santo.

Chi non lo ricorda, perchè non ha partecipato, chi non può ricordarlo per ragioni anagrafiche, chi vuole cancellarlo ideologicamente, deve pur sapere la umana verità sull’evento, divenuto storico per tutti noi. Si avverta da parte di tutti il dovere (con la serietà e la serenità doverose, perchè si tratta del bene salute del prossimo) di consultare gli archivi, e rileggere gli annunci e gli appelli di San Giovanni Paolo.

Noi c’eravamo.

Pertanto, abbiamo il dovere di testimoniarlo. Di buon mattino, lungo la salita della collina boscosa (dalla quale oggi si accede alla Cattolica) ho ascoltato con l’emozione del momento la voce stentorea di Wojtila che dal cantiere degli intrapresi lavori annunziava al popolo convenuto a Tappino: “Questo centro medico vuole essere al servizio dell’uomo, della persona del malato nella sua verità integrale e nella concretezza delle sue situazioni esistenziali.”[parole riportate su Avvenire del 21 marzo 1995 pag. 16 – Campobasso (A.Mu) – e su Il Popolo, stessa data, pag. 4, nel più completo articolo della brava ed attenta Vittoria Todisco titola: “Il Papa in Molise: In questa terra di umili” Giovanni Paolo II: l’uomo non è una merce” E ha sottolineato: “L’Università Cattolica ha fatto di questa scelta di valore l’asse portante dell’intera sua attività scientifica e culturale. Si è voluto privilegiare una zona carente di strutture ospedaliere, come purtroppo tante altre aree del Meridione d’Italia, in base al principio di solidarietà; un progetto affidato ad un’istituzione non statale, ben nota per il servizio che rende all’intera comunità civile”

Come si potrà, allora, ragionevolmente e legittimamente privare il nostro territorio di una struttura che, nel tempo trascorso da quella fulgida data, ha assicurato buona sanità ai molisani (e non solo) per l’ardire avuto dai politici e dalla classe dirigente del tempo, di dotare il nostro territorio della struttura di cui era privo il Molise e il Mezzogiorno!

Non è una posizione confessionale quella di chi sostiene che non può accettare e, tanto meno subire silenziosamente progetti e decisioni così evidentemente in contrasto con le parole e gli atti del Papa, nonché rispetto alle volontà di un popolo che concorse – in vario modo – alla realizzazione di un progetto, che nel bene totale raggiunse anche il bene comune. Solo la conoscenza chiara, trasparente e condivisa di quanto si tenta o si ha intenzione di fare della struttura esistente, le spiegazioni conferenti sui timori emersi e sulle opacità di operazioni di società di capitali, potranno riscattare il ruolo, che meritano le iniziative socio-sanitarie delle quali la comunità molisana (nonché il bacino territoriale delle regioni contermini al Molise) ha fruito nell’ultimo quarto di secolo.

Tanta parte del popolo molisano ha consapevolezza della qualità dei servizi sanitari della Cattolica di cui ha beneficiato e quindi ogni cittadino molisano deve presidiare il livello qualitativo delle cure ricevute, ed esercitare il diritto di mantenerle e possibilmente accrescerle per valorizzare la vita, bene sommo per ognuno di noi.

Alle eventuali devianze di gestione (segni del tempo e delle umane incoerenze) si pongano adeguati rimedi, alle manchevolezze si provveda con le opportune implementazioni, sui rapporti e sulle convenzioni per le prestazioni e i servizio si trovi intese sei tavoli delle trattative.

E che non si ripetano, nel convenzionato, gli errori commessi (nel pubblico) per la lotta all’epidemia, non ancora debellata! Ed infine, per ultimo ma non ultimo per importanza, si dica una parola chiara e si facciano le dovute riflessioni sulle fibrillazioni ovvie che la vicenda procura al personale tutto della Cattolica, che ignora il destino che lo attende.

A tutti indirizziamo un augurio di provvido avvenire, da continuare a preparare con un profondo e convinto impegno quotidiano a fare della solidarietà un elemento operoso e palese negli eventi, senza accontentarsi sei semplici proclami. Accogliamo e facciamo valere l’appello (riportato da Primo Piano Molise in Prima pagina di lunedì 12 luglio) che, proprio dal Gemelli, Papa Francesco ha lanciato all’Angelus di Domenica 11 luglio, per bloccare la compravendita delle strutture sanitarie (pochi mesi fa lo ha fatto per la cessione del Fatebenefratelli):

“Anche se qualche istituzione sanitaria non va economicamente bene, la vocazione della Chiesa non è fare quattrini ma offrire un servizio gratuito” Sono certo che oggi come allora (19 marzo 1995) la Chiesa in Molise – e non solo – confermerà e corroborerà la sua vocazione per una terra umile e modesta, che va amata proprio perché tale (ce lo ha raccomandato Francesco D’Ovidio).

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