La scelta

Ristorante chiude 10 giorni per focolaio e spiega il perchè. Presenti ‘contagiati’ del supermarket di Campobasso

Ha fatto notizia sui social la notizia relativa al ‘Casale di Clesilde’, ristorante immerso nel verde di Guardialfiera che ha deciso di restare chiuso per 10 giorni a seguito della emersa positività di 2 dipendenti e ha pubblicamente ammesso come stanno i fatti. Verosimile che il piccolo focolaio del paese sul lago, fino ad allora Covid-free, sia legato alla presenza nella struttura di convitati di una comunione che sono legati al cluster dell’ipermercato di Campobasso. Ecco perché non abbiamo fatto il nome

Il ristorante Il Casale di Clesilde, di Guardialfiera, ha deciso di ‘chiudere’ – nonostante la decisione abbia delle chiare ricadute economiche – per 10 giorni perché due persone dello staff sono risultate positive al Sars-Cov-2. È stata la struttura stessa ad annunciare pubblicamente il motivo della chiusura, motivandola con l’esigenza di sanificazione e con quella della tempistica utile ad effettuare tutti i tamponi sul resto del personale. Una scelta encomiabile, che fa onore soprattutto perché è dettata da trasparenza e da prudenza.

Una scelta che sui social sta facendo discutere e che viene associata alla scelta – contraria – di un ipermercato di Campobasso che – situazione analoga – non ha optato per l’abbassamento delle saracinesche. Ne abbiamo parlato stamane in questo articolo e volutamente abbiamo omesso il nome dell’attività commerciale. Ci siamo limitati a raccontare i fatti, ovvero quanti sono contagiati e le misure precauzionali prese (che ci sono state). Non sta a noi l’operazione di tracciamento tantomeno scatenare la ‘caccia all’untore’ che oggi ha ancora meno senso di un tempo.

Bene ha fatto il ristorante, e i relativi titolari, a dichiarare il fatto e a prendere come precauzione quella di fermarsi. Questo quanto scritto sui social: “Avvisiamo i nostri clienti che ci sono stati alcuni casi di Covid a mangiare qui da noi, e sono risultati due positivi del nostro staff. Saremo chiusi per 10 giorni per poter fare tutti i tamponi e poter sanificare tutti gli ambienti. Ci scusiamo per il disagio, ma per il bene di tutti abbiamo deciso di chiudere sperando che tra 10 giorni torni tutto alla normalità”.

La comunicazione è apparsa ieri, 16 giugno, sulla pagina facebook della struttura corredata da tanto di ricevuta dell’avvenuta disinfezione. Una scelta cautelativa, sicuramente di buon senso, e un chiaro segnale di trasparenza. Ne abbiamo parlato con il titolare, che ci ha spiegato come sono andati i fatti. Tutto è avvenuto domenica 6 giugno, quando il ristorante ha ospitato due eventi: un matrimonio e una comunione. Il primo con ospiti soprattutto guardiesi  e la seconda con convitati del capoluogo tra cui c’erano anche persone legate al supermercato di cui oggi tanto si parla.

Verosimile, visto la maggiore presenza del virus a Campobasso e l’assenza contestuale di contagiati a Guardialfiera, che ospiti infetti (inconsapevoli) della comunione abbiano in qualche modo fatto da vettore al contagio di tre persone di Guardialfiera. Due come detto sono persone dello staff del ristorante e uno è il sindaco Vincenzo Tozzi. Anche lui ha scelto di dichiarare pubblicamente la sua positività. “Buonasera Cari concittadini, vi voglio comunicare che questa mattina insieme alla mia famiglia abbiamo fatto presso l’ospedale di Termoli il tampone molecolare, su quattro tamponi tre sono risultati negativi e soltanto io sono risultato positivo. Non ho nessun sintomo, nè febbre, solo mal di gola”.

Chiariamo che un po’ tutte le persone contagiate di cui si parla in questo articolo sono in buono stato di salute. D’altronde l’infezione c’è e ci sarà, inutile negarlo, piuttosto la malattia è sempre meno un problema anche perché viene bloccata dal vaccino cui tanti – anche alcuni tra quelli cui si fa riferimento in questo articolo – si sono già sottoposti.

 

Ora, chiariamo che la nostra scelta di non fornire il nome dell’ipermercato del capoluogo è dettata soprattutto dalla non volontà di fomentare una caccia all’untore che, come detto, oggi ha assai meno senso. La responsabilità ha varie declinazioni. Il supermercato ha preso tutte le misure: le persone infette non si stanno recando al lavoro, le altre si sono sottoposte agli esami del caso e i locali sono stati sanificati. Prima di ciò, ad essere rispettate sono state le sacrosante misure cui oramai tutti siamo abituati: in primis l’utilizzo dei dispositivi di protezione unito alla regola aurea della distanza.

Un ristorante ha regole diverse, a cominciare dall’utilizzo della mascherina che in alcuni momenti – per ovvie ragione – non c’è. E allora chiudere precauzionalmente è una scelta più motivata. Sicuramente non scontata e dunque da plaudere.

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