Santa croce di magliano

Carri in posa come in una bella cartolina, la festa in onore di Sant’Antonio

Carri, fiori e abitini del monaco in mostra lungo il corso. E la festa in onore del Santo Patrono rivive i suoi momenti di gloria. Anche senza processione, i carri tradizionali privi di animali, tutti fermi e ordinati, in fila allineati sotto il cielo cristallino, rianimano il clima dimesso della pandemìa.

Senza voci, senza rumore di campane e campanacci. Senza grida dei cantori. Senza drappi bianchi dondolanti e incrociati sulle corna dei buoi dal sapore sannita. Senza il calpestìo rumoroso e faticoso degli animali in coppia. Senza tracce vive e fumanti oggi a riposo nelle stalle. Senza, dunque, processione, botti, spari, mortaretti e batterìe, per mettere, si spera, fine alla diffusione di un virus, che in paese, non molto tempo fa, ha portato in cielo non poche anime pie. E, in particolare, chi, da sempre, ha animato il linguaggio espressivo di questo scenario magnifico.

È la scena di una tradizione molto sentita che le norme anticovid, in piazza, hanno voluto così. Nel giorno dell’epilogo della “tredicina”, in mattinata, tanta la curiosità verso un’immagine inusuale dell’appuntamento più importante. Intriso di non pochi pensieri devozionali. Diretti in Cielo, lassù, verso l’alto. Un panorama sereno, pieno di quiete, calma, tranquillità. Senza tanto clamore, ma altrettanto caratteristico, significativo e bello. Da Piazza Marconi fino al campanile di pietra, in bella mostra, come si vede dal reportage fotografico, i carri colorati sono orgogliosamente tutti allestiti con le mani creative delle famiglie. Tutti in mostra con i loro simboli radicati nella cultura rurale. Stracolma di preghiere, attese propiziatorie e tensioni ideali.

È l’anima cultuale più profonda della festa presentata con un Annullo Filatelico Speciale, grazie alle Poste Italiane, al Comune di Santa Croce di Magliano con foto di Gianluigi Trasmundi e del Comitato Festa in onore di Sant’Antonio di Padova.  La festa, nella sua essenza, nasconde non pochi singulti dolorosi e pianti struggenti di questo strano tempo. In questo contesto ancora provato dagli effetti devastanti del coronavirus, l’invocazione a Sant’Antonio si fa sentire. Chiede al Santo protezione.

È una litanìa che si ripete all’infinito. La voce dei “Cantori della carregna” è più che mai attuale. Scuote la sensibilità di tutti. Talvolta piega gli animi e li riempie di tristezza. Risuona con veemenza ancora più forte nei versi della “Canzone dei Gigli”. Vibra quando dice: “Padre Santo/ Santo bello/è passato il gran flagello/sono i gigli la purezza/sono i gigli l’allegrezza/Tu sai quanto fu distrutto/tu sai quanto è il nostro lutto/I tuoi fiori puri e leggiadri/riconfortino la madri/ma la terra dei dolori/ha bisogno dei tuoi fiori (…).

La riflessione dunque si apre a tanti pensieri silenti. Verso la Chiesa di San Giacomo è nel suo pieno divenire. Si rievocano i passaggi sonori e la stagione dei pellegrini, che, un tempo, a passi lenti, viaggiavano sicuri sul regio tratturo con i loro armenti. Sui carri esposti colpisce la purezza del bianco, tra toni verdi, celesti e gialli, per venerare la statua del Santo. Che, più in là, nel “Quartetto”, tra le preghiere dei fedeli, regna sovrana. Si rianima una processione ideale che collega le due chiese più importanti del paese.  Qui il ritmo di una memoria antica s’intreccia per dare vita ad una devozione esaltante, alquanto sentita, orgoglio di una condivisione corale. Sui carri, sotto il sole, trionfa in prima linea il bambinello tutto bianco, riparato da un ombrellino delicato.  Trionfa l’immagine celebrativa più felice del Santo con i suoi cordoni candidi. Trionfano i prodotti del latte, la treccia, il grano e il profumo naturale dei gigli sacri. Non manca il pane delle fertili contrade.

Il pensiero va ai campi tutti giallo che abbracciano l’antico sito romano dell’abbazia di Santa Maria di Melanico. Nella gamma variopinta dei colori in bella mostra nastri, fiocchi, vessilli, fiori in festa e spighe, in difesa della propria fede. Carri, carretti e carrettini danno l’idea di un lavoro creativo che continua coinvolgendo donne anziane, grandi e piccini. Nel silenzio si avverte il canto della propria terra. I sentieri di questo giacimento di cultura immateriale sono sempre vivaci. Rivivono nella festa tradizionale. Chiedono l’unità dei gruppi per non fermarsi mai.

Il carro è una macchina di pace entusiasmante. Svela apertamente i suoi simboli, i suoi segreti e i suoi oggetti più cari. Sussurra un messaggio gentile pieno di umanità.  Perché radicato nello spirito più genuino della comunità.

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