Da foggia a campomarino

Al sole per ore, senza pause e acqua di pozzo per bere: fra i 7 arrestati per caporalato c’è un molisano

Operazione Schermo: nel blitz dei carabinieri di San Severo coinvolta anche una persona residente a Termoli. Confiscate 5 aziende, sequestri per un milione di euro. Vittime 150 lavoratori stranieri costretti a lavorare in condizioni disumane

Lavoravano sotto al sole per ore, senza mangiare, con acqua di pozzo per dissetarsi e senza alcuna protezione anti covid. Circa 150 migranti erano sfruttati così da caporali senza scrupoli nelle campagne fra il Molise e la Puglia. Stamane sono scattati gli arresti dell’operazione Schermo in seguito alle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Foggia e condotte dai militari della Sezione Operativa del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di San Severo e da quelli del Nucleo Ispettorato di Foggia. Tre persone in carcere, quattro ai domiciliari. Fra loro una persona residente a Termoli, oltre a un senegalese che viveva in Puglia e cinque foggiani.

Il nome dell’operazione nasce dall’esistenza di una società di intermediazione illecita di lavoro stanziata a Orta Nova, nel foggiano, capace di mettere in piedi un meccanismo per eludere i controlli e sfruttare la manodopera clandestina. In realtà la stessa società si occupava dell’assunzione dei braccianti, reclutati nei ghetti di Borgo Mezzanone e Rignano. Era arrivata a reclutare ben 150 lavoratori, che non avevano contributi né garanzie sulle norme di sicurezza sul lavoro.

In sostanza fungeva come un’agenzia interinale per le aziende più grandi, soprattutto nel periodo della raccolta dei pomodori, chiaramente senza averne le caratteristiche né le autorizzazioni. Gli imprenditori agricoli in questo modo eludevano i costi del lavoro e dei contratti. Una società con un amministratore finto, irreperibile dal 2011, che si appoggiava a un caporale africano che viveva proprio nella baraccopoli di Borgo Mezzanone e che si occupava di reclutare i braccianti.

Le indagini sono durate mesi, partite dalla denuncia di due braccianti – precisamente della Guinea Bissau – nel marzo 2020. Secondo quanto riferito dagli investigatori dopo mesi di appostamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali e ulteriori approfondimenti, i migranti erano sottoposti a turni estenuanti e senza cibo e invece dell’acqua potabile ai braccianti veniva data acqua di pozzo, anche nei periodi più caldi. I lavoratori non avevano pause pranzo, lavoravano a cottimo e dovevano produrre il più possibile per appena 4,5 euro l’ora, cui venivano decurtati 50 centesimi per qualsiasi inadempienza contestata, persino i pomodori sporchi o una cassetta sistemata male sul camion.

I braccianti africani venivano prelevati dalla baraccopoli di Borgo Mezzanone e Ghetto di Rignano e fatti salire a bordo di precari mezzi, particolare che fa tornare alla mente quanto accaduto nell’agosto 2018, con la strage di Ripalta sulla statale 16. Anche in quel caso si scoprì che alcuni di loro lavoravano nei campi molisani e oggi tre persone di una impresa agricola di Campomarino sono a processo per caporalato.

Dai ghetti i migranti dell’operazione Schermo venivano trasportati per 5 euro come costo del viaggio, nelle campagne di Manfredonia, Stornara, Foggia Borgo Incoronata, San Severo, Ordona e di Campomarino, in Molise. Lì lavoravano senza interruzione per ore a ritmi estenuanti, senza nemmeno i dispositivi di protezione individuale e sotto lo stretto controllo dei caporali.

Oltre agli arresti, i militari hanno operato sui beni: 5 aziende dal fatturato di circa 2 milioni di euro sono state tolte ai rispettivi proprietari e sottoposte a controllo giudiziario. Sono stati sequestrati beni mobili e immobili per un valore totale di un milione di euro.

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