Sos dalla costa

Ristorazione in crisi, camerieri e lavapiatti sono introvabili: “Non vogliono perdere il reddito di cittadinanza”

Allarme rosso a Termoli, che si sta organizzando nel settore del turismo e della ristorazione in vista dell’estate, dove diversi titolari di locali lamentano l’enorme difficoltà a reperire personale. “Chi è disponibile chiede di lavorare in nero per non perdere il reddito di cittadinanza – racconta un ristoratore – Ma non possiamo farlo. E’ assurdo quello che sta accadendo”.

Quella della ristorazione è stata una delle categorie maggiormente colpite dagli effetti collaterali della pandemia. Ora che la ripartenza ha ingranato la prima, dopo un lungo periodo di fermo, arriva un altro problema, che nulla ha che fare con i decreti del Governo. Introvabili camerieri, lavapiatti, aiuto cuochi e altre figure stagionali che gravitano attorno al mondo del “mangia-e-bevi”, cioè ristoranti, trattorie, pizzerie, bar, locali vari.

L’allarme è stato già lanciato a livello nazionale dalla Confesercenti, e i titolari di numerose attività molisane rincarano la dose. “Stiamo provando a ripartire con tutta la pazienza e la buona volontà del mondo – ci dice il gestore di una pizzeria di Termoli – ma non troviamo personale da assumere”.

“La richiesta è alta, dai battesimi alle cresime, ma non riusciamo a starle dietro per assenza di aiuto cuoco, lavapiatti e aiuto organizzatore di banchetto” riferiscono da una agenzia di catering sempre cittadina. Il problema principale? Si chiama reddito di cittadinanza, a detta dei gestori, che si sentono fare proposte irricevibili dai candidati lavoratori stagionali. “Quei pochi che sono disponibili – aggiunge un altro operatore della ristorazione che ha aperto un posto nuovo di zecca nel Borgo Vecchio – chiedono di poter lavorare in nero per non perdere il reddito di cittadinanza. Ma chiaramente sarebbe assurdo per noi: rischieremmo di chiudere il giorno dopo, e con tanto di supermulta”.

Il problema è serio, e sembra riguardare molte cittadine votate al turismo e finanche metropoli come Roma, dove pure i camerieri di questi tempi sono una specie di rarità.

Baristi, ristoratori e albergatori puntano il dito contro il reddito di cittadinanza, reo di fungere da “deterrente occupazionale”, come il presidente di Mio Italia (movimento imprese ospitalità) ha dichiarato. Ma dietro la difficoltà a trovare lavoratori c’è anche l’incertezza sulle riaperture. “E se si chiude tra un mese e io perdo il sussidio che finalmente sono riuscito a ottenere?” domanda retoricamente un trentacinquenne residente in un comune bassomolisano che fino al 2019 faceva l’aiuto cuoco in un locale della costa, lavorando da maggio a settembre.

Sotto accusa anche le paghe basse e i turni massacranti, anche di 12-14 ore. E c’è un fatto da non trascurare, avvertono gli addetti ai lavori: “Dopo 14 mesi di Covid una buona parte delle persone che facevano questi mestieri prima ha trovato un approdo lavorativo diverso, alcuni finanche nell’agricoltura. Molti hanno abbandonato il settore, molti altri preferiscono vivere di assistenzialismo. Prendono meno, ma tutti i mesi. Evidentemente c’è poca voglia di lavorare, e i sacrifici non sono considerati necessari”.

 

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