L'Ospite

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La Trinità: un riso dell’universo

di don Mario Colavita

trinità

Parlare della Trinità o cercare di capire la Trinità è opera ardua e difficile perderemo tempo in inutili argomentazioni e soluzioni, la Trinità è e rimane il mistero della nostra fede.

Oggetto e soggetto della nostra vita cristiana, la Trinità: Padre, Figlio e Spirito santo, ci accompagnano e custodiscono sempre. La fede di tutti i cristiani si fonda sulla Trinità.

C’è una felice espressione del filosofo tedesco Hegel che dice: «colui che non sa di Dio che egli è trino, non sa nulla di cristianesimo».

La Trinità non è un cruciverba del sacro e della religione è il cuore della fede creduta, celebrata e testimoniata. Non si contano i saggi e gli studi sulla Trinità, essi non sono che paglia se non ci mettiamo il cuore e la vita.

Il vescovo Hemmerle ha scritto: «All’inizio sta il Dio trinitario. In tutto ciò che la nostra fede ci dice, si tratta di Lui. Tutto prende da Lui il suo inizio, tutto tende a Lui, tutto è compreso dal suo agire che crea, salva, compie. Noi comprendiamo la rivelazione, ma anche il mondo e l’uomo, soltanto se li inseriamo nel loro contesto trinitario».

La festa della Trinità ricorre ogni anno la domenica dopo Pentecoste e fu introdotta nella liturgia cattolica nel 1334 da papa Giovanni XXII. Propone uno sguardo alla realtà di Dio amore e al mistero della salvezza realizzato dal Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo.

Benedetto XVI così ha spiegato questa realtà: «La prova più forte che siamo fatti ad immagine della Trinità è questa: solo l’amore ci rende felici, perché viviamo in relazione per amare e viviamo per essere amati».

Ora ci rivolgiamo a Dante, il sommo poeta, nel clima delle celebrazioni centenarie della sua morte avvenuta a Ravenna il 14/15 settembre del 1321, per entrare nel mistero del Dio uno e trino.

Dante uomo di fede, poeta, teologo, filosofo è rapito e affascinato dal mistero trinitario. Basti pensare che tutta la Commedia è modulata sul numero 3: tre terzine, tre cantiche, trentatrè canti, tre regni (infermo, purgatorio, paradiso), tutto modulato sul numero tre, quasi fosse la cifra per entrare nel mondo di Dio.

Quando la ragione e il factum non possono più procedere entra in gioco la poesia, parole umane per esprimere il divino e l’esperienza religiosa dentro l’umano.

Nel canto 27 del paradiso la Trinità è definita allegrezza e ricchezza della nostra terra, oltre che del cielo. Questo viene proclamato di fronte ai santi che cantano la dossologia alla Trinità.

Dante definisce questa scena “un riso dell’universo”: «Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo», / cominciò, «gloria!», tutto il paradiso, / sì che m’inebriava il dolce canto. /

Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso / de l’universo; per che mia ebbrezza / intrava per l’udire e per lo viso. / Oh gioia! oh ineffabile allegrezza! / oh vita intègra d’amore e di pace! / oh sanza brama sicura ricchezza!» (Paradiso, 27, 1-9).

Dante parla della Trinità come di tre luci in un’unica stella che rivolge il suo sguardo alle miserie umane: «Oh trina luce, che ’n unica stella / scintillando a lor vista, sì li appaga, / guarda qua giuso a la nostra procella!» (Paradiso, 31,27-30).

Alla fine del suo percorso Dante contempla la Trinità che immagina come tre cerchi di colore diverso, il terzo (lo spirito santo tutto fuoco): «Ne la profonda e chiara sussistenza/ de l’alto lume parvermi tre giri/ di tre colori e d’una contenenza;/ e l’un da l’altro come iri da iri/ parea reflesso, e ‘l terzo parea foco/ che quinci e quindi igualmente si spiri» (Paradiso, 33, 115-120)

Di Trinità non finiremo mai di parlare tanto è grande e sconfinata, ci basti la preghiera, la lode, il ringraziamento.

Nella sua semplicità e profonda fede san Francesco ha espresso i sentimenti comuni di lode e di ringraziamento alla Trinità: «Temete e onorate, lodate e benedite, ringraziate e adorate il Signore Dio  onnipotente nella Trinità e nell’Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose».

 

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