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Fate discepoli tutti i popoli, non con la forza ma con l’esempio

Trinità – Anno B

Fate discepoli tutti i popoli (Mt 28,16-20).

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

 

La missione affidata da Gesù ai suoi discepoli dopo la risurrezione è stata il più delle volte interpretata come una sorta di invio alla conquista del mondo, soprattutto da quando il cristianesimo è diventato il fondamento morale e spirituale di un impero, quello romano, che ha ispirato tutti gli imperi che si sono succeduti lungo la storia.

Proprio nel nostro tempo, in cui il cristianesimo non gode più di questo privilegio (nonostante i frequenti tentativi di farlo rientrare nei palazzi del potere) è possibile rileggere il mandato di Gesù in modo non aggressivo. Il Gesù che ha ricevuto ogni potere in cielo e in terra è colui che è stato crocifisso dall’alleanza dei poteri forti del tempo.

L’invio verso tutti i popoli sta ad indicare l’abbattimento dei muri di divisione tra chi si ritiene privilegiato perché benedetto da Dio e tutti gli altri, considerati maledetti. Gesù chiede di avere uno sguardo che abbracci veramente tutta l’umanità, senza distinzioni. Ma cosa vuol dire fare discepoli? Non certamente costringere con la forza, ma piuttosto affascinare con uno stile, come ha fatto Gesù che ha invitato alcuni a seguirlo solo dopo essersi fatto carico dei dolori di chi ha incontrato, discepoli compresi.

La richiesta di battezzare poi non significa l’ordine di fare un proselitismo fatto di riti, ma l’invito a far sperimentare, attraverso il prendersi cura (mi viene in mente la bella canzone di Battiato), chi è Dio e quindi avvolgere la persone (battezzare significa immergere) con lo stesso amore che c’è in Dio, e che unisce tre Persone in un unico mistero.

L’insegnamento di cui parla Gesù non è fatto di dettami e regole ma è fondato sull’esempio personale: solo amando si può insegnare l’amore. E’ questa la ragione della promessa finale di restare con loro: come avrebbe potuto essere credibile se dopo aver detto ai discepoli di amarli fino a dare la vita li avesse poi abbandonati al loro destino? E’ solo la concretezza dell’amore a rendere il cristianesimo credibile a affascinante. Altrimenti sono solo chiacchiere fuorvianti.

 

Don Michele Tartaglia

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