L'intervista

Bambini e ragazzi “vittime silenziose della pandemia”. E il Molise si scopre a rischio maltrattamenti

L'ultima indagine della fondazione umanitaria Cesvi piazza la nostra regione tra le ultime in Italia per capacità di proteggere e prevenire le violenze su bambini e adolescenti. Tra gli indicatori presi in esame c'è soprattutto una evidente difficoltà nell'acquisire sapere e conoscenza per importanti carenze nei servizi. "Ed è chiaro che questo crea le condizioni fertili affinché la violenza seminata venga poi fuori e spesso esploda" spiega la psicologa Ruberto con la quale abbiamo cercato di leggere i dati contenuti nella statistica.

In una regione in cui nascono pochi bambini, dove la tendenza al figlio unico è sempre più marcata, in un Molise spopolato anche per effetto delle migrazioni che non si sono mai arrestate, non stupisce affatto che l’attenzione alla prevenzione dei maltrattamenti sui più piccoli sia scarsa. Servizi di contrasto al fenomeno scarseggiano come evidenzia l’ultima indagine della fondazione Cesvi che pone la nostra regione tra le più vulnerabili d’Italia. Non sono solo le violenze fisiche o verbali a rendere meno bella quella che dovrebbe essere l’età della spensieratezza ma anche la carenza di spazi di aggregazione, l’impossibilità di ritrovarsi in luoghi sicuri e accessibili ai più piccoli, l’assenza di una offerta culturale a misura dei bambini o delle biblioteche.

Il focus del Cesvi, poi, quest’anno fotografa anche lo stato di salute di bambini e adolescenti dopo un anno di emergenza sanitaria legata alla pandemia da Covid-19, accende i riflettori sulle regioni del Mezzogiorno. Il Molise, purtroppo, è tra le ultime posizioni (15esima) seguita da Basilicata (16°), Puglia (17°), Calabria (18°), Sicilia (19°) e Campania (20°). Nel 2020 eravamo su di due posizioni.

“Una regressione – leggiamo dal focus – registrata rispetto a quattro capacità delle sei prese in esame dall’Indice: la capacità di vivere una vita sana, di acquisire conoscenza e sapere, di lavorare e di accedere a risorse. In particolare, la regione, rispetto all’anno precedente, perde una posizione nella capacità di vivere una vita sana (dal 13° al 14° posto), tre per la capacità di lavorare (dal 14° al 17° posto), quattro nella capacità di accedere a risorse (dal 13° al 17 posto) e ben 9 posizioni nella capacità di acquisire conoscenza e sapere (dal 4° al 13° posto). Migliora di due posizioni la capacità di vivere una vita sana (dal 14° al 12°) e di una posizione nella capacità di vivere una vita sicura (dal 15° al 14° posto). Il Molise si conferma, quindi, una regione a “elevata criticità” che combina una situazione territoriale particolarmente difficile sia per i fattori di rischio che per l’offerta di servizi”.

alessandra ruberto presidente Ordine psicologi

Di tutto questo abbiamo parlato con la psicologa termolese Alessandra Ruberto.

L’INTERVISTA

Secondo una recente indagine della fondazione Cesvi il Molise è tra le regioni italiane più esposte al maltrattamento all’infanzia, sia in relazione ai fattori di rischio presenti sul territorio regionale sia in relazione ai servizi di prevenzione e contrasto al fenomeno. Sembra qualcosa di molto allarmante, Presidente, secondo lei qual è lo stato di salute dei nostri bambini e adolescenti?

“Sicuramente i dati della fondazione Cesvi mostrano un dato abbastanza preoccupante; va detto che il rischio che possano esserci maltrattamenti non significa che questi in realtà ci siano, si tratta di una indagine che prende le mosse da indicatori statistici, e che il rischio di cui si parla è dunque potenziale. Tuttavia la presenza di fattori di rischio e di scarsa attenzione alle misure di prevenzione ha fatto sì che il Molise si posizionasse più in basso nella classifica. I nostri ragazzi, vittime silenziose della pandemia, non vivono una condizione di benessere psicologico. Consideriamo che sono stati privati di ciò che nella loro fascia d’età è fondamentale per un buono sviluppo emotivo; hanno rinunciato alla socialità, al gruppo, alla scuola in presenza; sono stati costretti a vivere in spazi ristretti, fisici e mentali”.

Il quadro generale mostra come al Sud il rischio legato al maltrattamento è più alto e l’offerta di servizi sul territorio è generalmente carente o di basso livello. Le otto regioni del nord Italia sono tutte al di sopra della media nazionale, mentre nel Mezzogiorno si riscontra un’elevata criticità. Lei come se lo spiega? Sembra quasi di essere al cospetto di una ‘questione meridionale’ dell’infanzia mai risolta.

“La questione meridionale credo non riguardi solo l’infanzia ma ovviamente anche questa ultima rientra nel panorama di sofferenza di cui il Sud è affetto. Consideriamo che sono diminuiti gli abitanti, che le famiglie si fermano al figlio unico, che il Molise ha un territorio che vede la presenza preponderante di anziani, che  – sebbene rappresentino una risorsa materiale e culturale per i bambini e per i ragazzi – non sempre permettono di investire in progetti che riguardano la fascia d’età più giovane”.

Il focus sul Molise, che ci vede posizionati tra le regioni più vulnerabili d’Italia, mostra una regressione rispetto a un anno fa su diversi aspetti esaminati dall’indagine: la capacità di acquisire conoscenza e sapere, di lavorare e di accedere a risorse. Una combinazione potenzialmente letale che combina fattori di rischio e scarsa risposta da parte di scuola, enti e istituzioni nell’offrire servizi adeguati. Quali soluzioni servirebbero?

“Questo è il quadro generale di cui prima parlavo. I maltrattamenti che spesso si manifestano nel contesto familiare, in realtà hanno un mandante diverso. È necessario, al fine di scovare tali cause profonde ed intervenire su di esse, supportare le famiglie, garantire il diritto al lavoro, l’accesso alle risorse ed al welfare; incentivare la scolarizzazione dei bambini, dei ragazzi ma anche degli adulti. È chiaro che, laddove questo manchi, si creano delle condizioni fertili affinché la violenza seminata venga poi fuori e spesso esploda; chi ne fa le spese sono sempre le fasce più deboli”.

Secondo la sua esperienza quale tipo di disagio è più diffuso tra i bambini? Mi spiego meglio. Per maltrattamenti intendiamo violenze fisiche, verbali o soprattutto psicologiche?

“Per maltrattamento si intende ogni forma di violenza. Non esiste secondo me una classifica della violenza. Ogni forma di violenza, che sia essa fisica o psicologica, va condannata, riconosciuta e laddove possibile intercettata e prevenuta”.

Quali segnali possono evidenziare che c’è la manifestazione di un disagio in un bambino?

“I bambini parlano molto, in diversi modi, basta semplicemente ascoltarli. Le scuole hanno un ruolo fondamentale in questo. Io credo molto nelle istituzioni e sono convinta che queste, in particolare la scuola, possano fare la differenza”.

Il ruolo della pandemia ha inciso e in che modo su questo fenomeno?

“La pandemia ha funzionato da amplificatore. Non ha fatto emergere cose nuove, semplicemente ha portato alla luce situazioni che già precedentemente erano presenti ma probabilmente sopite. Sicuramente la stretta convivenza, a volte forzata, la paura, la perdita del lavoro hanno generato manifestazioni del disagio di cui spesso a farne le spese sono stati i minori”.

 

Alessandra Ruberto è la presidente dell’Ordine degli Psicologi del Molise nonché responsabile regionale della Società italiana comportamentale cognitiva, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale. Ha conseguito un master nei Disturbi da dipendenza con e senza sostanze, è libera professionista a Campobasso, esperta in neuropsicologia.

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