Mentre lui nasceva, l’Italia usciva con le ossa rotte dalla Grande Guerra. Ha attraversato quasi per intero il XX secolo e nel XXI si è affacciato per oltre un ventennio. Ne è stato un testimone diretto, vivendo sulla propria pelle gli orrori della guerra ma anche le gioie della vita, che sembrava appesa a un filo nel corso della ‘campagna di Russia’ alla quale partecipò da soldato italiano nel 1942, prima di essere catturato dalle truppe sovietiche e fatto prigioniero per sei lunghi anni. E’ stato l’ultimo testimone della spedizione italiana nella terra degli zar e del comunismo durante la Seconda Guerra Mondiale.
Se n’è andato Francesco Mignogna, aveva 103 anni. Era originario di Riccia ma da una vita si era stabilito a Campobasso. Amatissimo bidello in diverse scuole del capoluogo fino alla pensione, ha toccato con mano cambiamenti, progressi, benessere, generazioni di studenti, e in tanti lo ricordano con grande affetto.
Un ex alunno della scuola media ‘D’Ovidio’ riporta alla luce un aneddoto toccante: “Il professor Foschini spesso gli faceva raccontare la sua storia nelle classi, dove ragazzi increduli ed emozionati ascoltavano la sua voce rotta dall’emozione” ricorda con affetto Enzo de Santis, che ha frequentato la scuola di piazza della Repubblica dal 1964 al 1967.
Qualche tempo fa queste furono le sue dichiarazioni rilasciate a ‘Il Bene Comune’: “Ho visto la morte, sono sopravvissuto a quella carneficina. Con i superstiti sono stato fatto prigioniero, avevo gli arti congelati, mi hanno messo nell’acqua calda, hanno dovuto tagliare la divisa perché altrimenti veniva via tutto”. Così raccontò la battaglia di Arbuzovka, una delle fasi più sanguinose sulle rive del Don. Francesco Mignogna riuscì a scampare a quel massacro e dopo sei anni di prigionia fare ritorno a Riccia, suo paese natale.
“Ricordo che quando sono arrivato in paese mi sono fermato davanti al Santuario della Madonna del Carmine, lì ho incontrato un signore che mi aveva conosciuto prima che partissi, era andato ad ammazzare il maiale e teneva il biscotto con i cicoli nella tasca. Me lo ha dato e mi ha detto di non preoccuparmi perché i miei parenti stavano bene e che sarebbe corso ad avvisarli. Cominciò a fare voci per il paese dicendo che ero arrivato, che ero tornato ed è così che è arrivata la voce a mio padre che incredulo rispose che io ero disperso e si convinse solo quando mi vide. Mio fratello più piccolo, che mi era venuto incontro, mi ha riconosciuto subito nonostante fossi molto cambiato. Mi diedero subito da mangiare della salsiccia vicino al fuoco. Mio padre, per la contentezza, stava quasi per cadere nel camino”.
Grandi festeggiamenti gli furono riservati nel 2018 in occasione del suo secolo di vita quando, circondato dalla sua famiglia e dagli amici, ricevette gli auguri e la targa ricordo da parte del Sindaco di Campobasso Antonio Battista. Lo ricordano oggi con commozione tutti i suoi parenti, in particolare il figlio Gianni e il genero Paolo Mitri.
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