Davanti al tribunale di campobasso

Protesta e veglia sotto il Tribunale, comitati e familiari chiedono di rompere il silenzio: “Indagare sui decessi”

La manifestazione di questo pomeriggio - 20 aprile - in piazza Municipio per incalzare la magistratura ad andare avanti nelle indagini. "A distanza di cinque mesi non abbiamo risposte sugli esposti", sottolinea Francesco Mancini. "I nostri cari sono stati abbandonati e sono morti. Non vogliamo essere abbandonati anche noi", insiste invece la figlia di un ottantenne morto all'ospedale Cardarelli. Mentre Andrea di Paolo invita a "rompere il silenzio".

Sono state accese le candele in piazza Municipio, piccole luci che brillano man mano che il sole tramonta. Il numero impresso dagli organizzatori della protesta-veglia è quello riportato nel bollettino ufficiale dell’Asrem, 466. Un numero impressionante per una piccola realtà come Molise, al quale il conteggio fatto da Primonumero ormai da mesi aggiunge altre 30 vittime. Persone decedute nelle case di riposo e non finite nelle schede di mortalità per covid, oppure in casa, senza aver fatto in tempo a raggiungere l’ospedale.

“Fuori i colpevoli”: lo chiedono a gran voce i familiari delle vittime e i rappresentanti dei comitati che questo pomeriggio (20 aprile) si sono ritrovati davanti al Tribunale di Campobasso per incalzare la magistratura ad andare avanti nel lavoro di indagine e per chiarire le eventuali responsabilità rispetto ai decessi. Ci sono state decisioni tardive nell’organizzazione dei reparti covid e degli ospedali? Ha sbagliato qualcuno delle autorità sanitarie o degli stessi operatori che hanno dovuto gestire un’emergenza inedita?

In Procura sono stati depositati quattro esposti dal Comitato vittime del covid. “Ma è tutto fermo, perchè?”, si chiedono coloro che hanno perso un genitore, un fratello o una sorella. “A distanza di cinque mesi non abbiamo risposte sugli esposti presentati dal nostro Comitato”, dice Francesco Mancini. “Quindi oggi vogliamo sensibilizzare questo Tribunale ad avviare le indagini rispetto a quanto abbiamo documentato in modo molto ampio”.

L’appello del Comitato vittime e delle associazioni (come ‘Cacciamoli’ di Emilio Izzo e il Soa Operai Autorganizzati) viene raccolto da circa 50 persone che si ritrovano nella piazza che è il cuore del capoluogo presidiata da un nutrito gruppo di forze dell’ordine che vigilano sul rispetto delle misure anti-covid.

C’è la signora Maria Teresa Lombardi che ha perso il padre. “I nostri cari sono stati abbandonati e sono morti. Non vogliamo essere abbandonati anche noi, abbiamo bisogno di risposte da parte della Procura”, sottolinea.

Maria teresa Lombardi

In piazza Municipio è presente anche un’infermiera di Agnone: la madre è stata una delle prime vittime della prima ondata dell’epidemia, una delle signore trasferite di notte a bordo di un’ambulanza da una casa di riposo di Agnone al Santissimo Rosario di Venafro. “Vede com’era bella mia madre?”, ci dice con commozione mostrandoci una foto sul cellulare della donna che sorrideva felice abbracciata proprio alla figlia. Vite spezzate, famiglie distrutte dal virus.

“E’ arrivato il momento di rompere il silenzio“, insiste Andrea Di Paolo. “Le denunce pubbliche sono tante, anche quelle reali, su carta. Ma vediamo che c’è ancora troppo silenzio. E mai come in questo caso il silenzio uccide due volte: ci sono tanti familiari delle vittime per covid che aspettano la verità”.

L’unica nota stonata è rappresentata dalle ruggini all’interno del fronte di lotta nato per chiedere la verità sui decessi: mancava ad esempio l’avvocato Vincenzo Iacovino, colui che ha curato gli esposti presentati in Procura. Assenza dovuta sembra al dissenso espresso nei confronti di alcuni rappresentanti dei comitati che avrebbero ‘vietato’ ad altre associazioni (il Forum per la sanità pubblica di Italo Testa ad esempio) di partecipare all’iniziativa.

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