Dopo la protesta degli striscioni

Attivista della pagina Fb “Qui si muore” convocato in caserma. “Probabilmente per qualcuno siamo scomodi”

Questa mattina uno degli autori del profilo social è stato chiamato dai carabinieri per rispondere ad alcune domande sulla pagina facebook che denuncia situazioni di malasanità, violazioni ambientali, interessi politici. "Ma sempre senza ricorrere alla denigrazione o alla diffamazione". I ragazzi chiariscono: "Strano quello che è accaduto, ma noi andiamo avanti determinati".

A chi dà fastidio la pagina facebook Qui si muore, SOS Molise? La domanda resta senza risposta, ma si deve porre poche ore dopo la convocazione di un attivista nella caserma dei Carabinieri per rispondere a domande relative proprio al profilo social. Quali? Queste: chi l’ha fondato, chi sono i referenti, se beneficia di finanziamenti esterni o donazioni.

Un episodio quantomeno insolito quello che si è verificato questa mattina a Bojano, quando alle 8 e 30 del mattino una pattuglia dei Carabinieri della stazione ha citofonato a casa di uno studente universitario, chiedendo la sua disponibilità a presentarsi dal maresciallo il giorno stesso. “Mi hanno detto che desiderava parlarmi e ci sono andato” racconta Biase D’Andrea, uno dei giovani che qualche mese fa ha dato vita alla protesta degli striscioni, pacifica ma dal forte impatto, che ha coinvolto decine di comuni molisani. Una esperienza di resistenza sociale, andata avanti durante la pandemia avvalendosi – prevalentemente ma non solo – dei canali social, che non risentono del rischi assembramenti né di violazione di norme anti-contagio.

Ma evidentemente qualcuno ha trovato ugualmente fastidioso, irritante e forse perfino pericoloso l’interesse di questo gruppo di ragazzi, residenti in vari centri della regione tra il BassoMolise, il capoluogo e l’area matesina, che in maniera spontanea hanno dato vita a un movimento di denuncia e sensibilizzazione affrontando, talvolta in piazza ma il più delle volte su Facebook, situazioni di ingiustizia e sofferenza soprattutto in riferimento alla sanità nella fase cruciale della pandemia in Molise, parlando dei risvolti  legati all’interesse dei privati che penalizzano fortemente la sanità pubblica, di diritto alla cura negato e di “affari” sulla salute delle persone. Argomenti trattati, del esto, anche in ambienti istituzionali come il consiglio regionale.

Dal discorso degli ospedali e dei tanti, troppi morti di covid, il collettivo qui si muore Sos Molise è passato ad affrontare anche altre tematiche, in primis quella ambientale con focus sul bosco di Corundoli a Montecilfone messo a rischio dal passaggio del metanodotto e, più di recente, rilanciando il controverso progetto di cementificazione della costa di Montenero di Bisaccia che passa sotto il nome di South Beach.

Impossibile allo stato attuale ipotizzare chi sia dietro alla richiesta di chiarimenti finita in mano ai Carabinieri, probabilmente delegati dalla procura ad accertare l’identità dei componenti degli autori della pagina Facebook. Sono stati gli stessi autori a comunicarlo con un post: “Questa mattina un nostro attivista è stato svegliato dai Carabinieri del suo comune di residenza con un invito non formale, ma insistente a recarsi in Caserma per un colloquio senza conoscere le motivazioni perché non fornite. Il motivo del colloquio era questa pagina.  Gli è stato chiesto se ci sono dei finanziamenti esterni, se esistono dei referenti o una struttura, di quale tematiche ci occupiamo e per quale ragione. Il colloquio è terminato in breve tempo e il nostro attivista è stato congedato dopo aver rilasciato copia del documento d’identità. 

Vero come è vero che non è successo nulla, ci chiediamo però se questa procedura viene effettuata a tutti gli organi spontanei di divulgazione di informazioni tramite social, o se noi siamo un caso particolare perché ci azzardiamo a parlare di sanità, ambiente e lavoro.  Il fatto che Qui Si Muore- Sos Molise susciti molte attenzioni da parte delle forze dell’ordine e nessuna attenzione da parte della politica regionale però ci ha fatto riflettere e siamo arrivati ad una conclusione: non faremo nessun passo indietro, neanche per prendere la rincorsa”.

Biase D’Andrea conferma: “Sono venuti da me perché volevano sapere di tutto il gruppo, non certo per una questione personale. Mi hanno fatto domande sulla pagina: chi l’ha fondata, come è nata, mi hanno chiesto se ci occupiamo anche di ambiente e se prendiamo finanziamenti da qualcuno. Ma non so le ragioni di questo interesse, tantomeno le ho potute vedere su un atto scritto: la convocazione è avvenuta verbalmente. Quello che posso dire – conclude – è che a mia madre è preso un colpo vedendo i carabinieri sotto casa”.

Di sicuro, aggiunge lo studente universitario di Bojano, “è la prima volta che mi succede una cosa del genere. Non ci fermiamo, ovviamente: siamo assolutamente convinti di essere nel giusto. Se anche dal nostro gruppo sono partite critiche, come è nel pieno diritto dei cittadini, sono certissimo che mai ci siano state operazioni di diffamazione o denigrazioni di chicchessia”.

Una intimidazione “ordinata” dall’alto verso un libero movimento che ha denunciato le morti per covid e le situazioni di difficoltà in ospedale, le scelte interessate nel piano pandemico e la confusione ai massimi livelli istituzionali? Biase è cauto nei giudizi, non si lancia in interpretazioni sprovvedute dell’episodio. “Penso che Qui si muore Sos Molise sia diventato scomodo per qualcuno, e questo ci spinge ad andare avanti con maggiore consapevolezza è determinazione”.

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