Prove di immunità

“Anticorpi contro il Covid attivi fino a 11 mesi dopo la malattia”: fra i ricercatori anche la virologa Francesca Colavita

La 32enne campobassana ha preso parte all'importante studio dello Spallanzani pubblicato sulla rivista 'Viruses', che chiarisce che “gli anticorpi neutralizzanti sono ancora presenti a livelli consistenti” a quasi un anno dalla negativizzazione dei pazienti.

Gli anticorpi neutralizzanti contro il Coronavirus nei pazienti guariti dall’infezione restano attivi anche 11 mesi dopo la fine della malattia. Lo ha chiarito una ricerca realizzata dal laboratorio di virologia dell’Istituto nazionale malattie infettive ‘Lazzaro Spallanzani’ di Roma, diretto da Maria Rosaria Capobianchi, nella cui equipe c’è anche la virologa molisana Francesca Colavita, 32enne campobassana (oggi stabilizzata), balzata in cronaca un anno e due mesi fa per lo straordinario risultato ottenuto dal gruppo di ricerca, che in 48 ore isolò l’agente patogeno del Covid 19.

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Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista ‘Viruses’, chiarisce che “gli anticorpi sono ancora presenti a livelli consistenti” a quasi un anno dalla negativizzazione dei pazienti. Il Laboratorio di Virologia dello Spallanzani ha analizzato, tra febbraio 2020 e gennaio 2021, 763 campioni di siero da 662 pazienti Covid-19, prelevati durante il ricovero allo Spallanzani o dopo il superamento dell’infezione, nel corso dei controlli di follow-up o degli screening per potenziali donazioni di plasma immune.

“I campioni sono stati quindi sottoposti a sieroneutralizzazione, tecnica virologica classica – spiegano i ricercatori – con la quale si verifica la capacità dei campioni ematici di neutralizzare il virus vivo e che rappresenta il ‘gold standard’ per la determinazione dell’efficacia protettiva degli anticorpi, essendo più precisa ed affidabile della tecnica degli pseudovirus alla quale molti gruppi di ricerca oggi ricorrono, soprattutto quelli che non dispongono di laboratori di biosicurezza quali quelli presenti presso l’Inmi”.

Dalla ricerca è emerso che i livelli di anticorpi neutralizzanti sono più elevati nelle persone di età superiore ai 60 anni e tanto più elevati quanto più severi sono stati i sintomi respiratori manifestati durante la malattia.

Questa la sintesi dello studio: “Nel 60% circa dei casi seguiti gli anticorpi neutralizzanti hanno raggiunto il picco tra uno e due mesi dopo l’infezione, hanno subito un lieve calo tra i due e i tre mesi e successivamente sono rimasti stabili sino a undici mesi dopo l’infezione. Nel 24% dei casi gli anticorpi hanno manifestato un trend di discesa continua, senza tuttavia arrivare mai al livello di non essere rilevabili. Nel 15% circa dei casi, infine, gli anticorpi neutralizzanti hanno evidenziato un trend opposto, di incremento nel corso del periodo osservato”.

Essenziali le conseguenze pratiche della ricerca, visto che i virologi hanno sviluppato un algoritmo per lo screening dei donatori di plasma convalescente e che i dati supportano pienamente l’ipotesi che la durata della protezione conferita dall’infezione naturale e dai vaccini possa andare oltre gli otto-dieci mesi sino ad oggi ipotizzati dalla letteratura sull’argomento.

“La sieroneutralizzazione, anche se complessa ed impegnativa in termini di tempo richiesto e competenze degli operatori, rimane lo strumento di riferimento per la valutazione dell’immunità anticorpo-mediata dopo l’infezione da Sars-CoV-2 – affermano Giulia Matusali e Francesca Colavita, due delle autrici dello studio, nelle dichiarazioni rilasciate all’AdKrons -. Utilizzando algoritmi di test intelligenti siamo riusciti ad ottimizzare il flusso di lavoro del laboratorio per monitorare la protezione anticorpo-mediata nei pazienti Covid-19, nei donatori di plasma e negli individui vaccinati”.

“Mentre i medici seguono i pazienti nel percorso successivo all’infezione, i loro campioni biologici ci aiutano a capire meglio la risposta del nostro organismo all’infezione e ad elaborare nuove ipotesi sull’evoluzione della malattia e sulla durata della protezione garantita dall’infezione naturale o dai vaccini, in un circolo virtuoso che mette sempre al centro il paziente e le cure” afferma poi Maria Rosaria Capobianchi, direttrice del laboratorio di Virologia dell’Inmi Spallanzani di Roma, commentando lo studio che ha coordinato.

 

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