Il voto sulla mozione

La sfiducia non passa, Toma è salvo ma anche i suoi lo avvertono: “Cambiare passo”. Consiglio-fiume ad alta tensione

Il capo della Giunta regionale schiva la fine anticipata della legislatura e viene salvato dalla maggioranza, come da pronostico: 11 a 10 (ha votato anche Toma). Ma la tregua nella coalizione sembra essere al capolinea: dagli interventi in Aula di alcuni esponenti del centrodestra trapela una sorta di avvertimento nei confronti dell'operato del presidente. "Serve un maggior coinvolgimento del Consiglio regionale o prenderò le distanze", avverte Micone. Critici anche i rappresentanti del movimento di Aldo Patriciello, il vice presidente Vincenzo Cotugno e il consigliere Gianluca Cefaratti. Alta tensione in Aula nel dibattito-fiume che ha raggiunto momenti di scontro vero e proprio, tanto che è stato perfino invocata l'autorità di pubblica sicurezza.

Consiglio regionale sfiducia Toma 23 Marzo

Il presidente Donato Toma si salva per la seconda volta in calcio d’angolo. Il governatore tace a lungo, interviene solo alla fine delle oltre cinque ore di dibattito in Consiglio regionale e anche se il secondo tempo della partita disputata oggi – 24 marzo – finisce a suo favore.

Il voto sulla mozione presentata da M5S e Pd si conclude come era nelle previsioni, nonostante il ‘rinforzo’ arrivato dai banchi del centrodestra e in particolare dai due esponenti di Fratelli d’Italia Aida Romagnuolo e Michele Iorio. Anche se, ricorda l’assessore Quintino Pallante (eletto con FdI), “Giorgia Meloni ha detto più volta ‘mai con Pd e 5 Stelle'”.

Dieci i voti a favore (sono quelli di Pd, 5 Stelle, Michele Iorio e Aida Romagnuolo). Undici quelli contrari: oltre ai dieci esponenti della maggioranza, vota lo stesso governatore.

In aula la sfiducia a Toma, previsioni 10 a 10. Agitazione in FdI, ma Iorio annuncia: “Io e Romagnuolo non ci abbiamo ripensato”

Nessun franco tiratore tra le fila del centrodestra nonostante gli scongiuri delle minoranze. Invece Mena Calenda si era sfilata già qualche giorno fa, il 19 marzo, quando dopo aver firmato la sfiducia che avrebbe definitivamente affossato la legislatura, ha preferito ‘lanciare’ il pallone in tribuna. Nel giro di tre ore ha ritirato la firma in calce all’atto mandando all’aria il piano delle opposizioni e ha accettato la controfferta del presidente (l’incarico da assessore al Lavoro e alle Politiche sociali).

Tuttavia il voto in Aula – alla fine di un consiglio ad alta tensione, nel quale è stata sfiorata la rissa, con urla e insulti che echeggiavano dal corridoio nei momenti più caldi –  probabilmente non blinda, non mette al sicuro i prossimi due anni (circa) della prima legislatura del commercialista nato a Napoli 63 anni fa.

E questo non solo perchè in tre anni “si è assistito alla disgregazione della maggioranza“, per usare le parole di Fabio de Chirico (M5S). Una coalizione scomposta da una serie di fatti che il collega pentastellato Angelo Primiani snocciola come un rosario: due azzeramenti della Giunta, i rimpasti e gli innumerevoli cambi dell’assessore al Lavoro e alle Politiche sociali.

aida romagnuolo consiglio regionale

Non è escluso che di questa partita ci saranno i tempi supplementari perchè la ‘tregua’ sembra essere al capolinea nella stessa maggioranza. Nel dibattito fiume alcuni consiglieri di maggioranza hanno parato i colpi provenienti dalle opposizioni, tentato in tutti i modi di porre un rialzo per sostenere il traballante ‘tavolo’ del governo regionale. Ma è vero pure che il dissenso che serpeggia anche tra gli esponenti del centrodestra viene espresso anche da chi ha sempre mantenuto un profilo più riservato. E’ il caso di Vincenzo Cotugno, che non è un assessore qualsiasi: è vice presidente della Giunta regionale e soprattutto è il cognato dell’europarlamentare Aldo Patriciello, il più potente alleato di Donato Toma. L’uomo che ha il vero potere di mandare a casa il Governatore e chiudere la partita semplicemente facendo venire meno il sostegno dei suoi uomini: Cotugno e Cefaratti, contro il quale il pentastellato Greco urla in aula, in uno dei momenti a maggiore tensione: “Io non mi faccio votare da Aldo Patriciello”.

“Sarebbe opportuno dare supporto all’azione amministrazione ed evitare anche all’interno della maggioranza una sorta di calciomercato per andare addirittura a nuove elezioni e dare vita ad una campagna elettorale in piena pandemia”, premette Cotugno, titolare del Turismo. “Forse sfugge quello che sta accadendo in questi 12 mesi, le difficoltà di imprese e cittadini a causa del covid”. Alle opposizioni dice: “Credo però che il modo peggiore per il Molise sarebbe oggi aprire una campagna elettorale che nessuno capirebbe”. Mentre riferendosi a Mena Calenda e a Michele Iorio, il vice presidente della Giunta chiarisce: “Non mi scandalizzo che un consigliere eletto nella maggioranza entri in Giunta così come mi auguro che chi è stato eletto nella coalizione di maggioranza torni a lottare per le sue idee all’interno della stessa”.

Vincenzo Cotugno

Cotugno guarda al futuro: “Alla fine di questa pandemia anche il Molise avrà bisogno di riforme. Dobbiamo ripartire, dare forza ad una nuova strategia, una nuova governance per dare risposte ai cittadini. Abbiamo bisogno di coraggio e azioni forti”. 

Ancora più forti le parole di Gianluca Cefaratti, consigliere eletto sempre nella lista di Orgoglio Molise (e quindi il riferimento è sempre Patriciello) e designato vice presidente del Consiglio regionale all’inizio dei lavori. L’ex sindaco di Campodipietra viene scelto dalla maggioranza, le opposizioni votano invece Angelo Primiani (M5S).

“Ammetto che questa maggioranza ha commesso degli errori – osserva Cefaratti – non è esente da colpe e deve dare risposte al territorio più di quanto lo ha fatto finora. In questi tre anni a questo gruppo è mancato il dialogo, anche con i sindaci e i cittadini. E tocca a lei, presidente, fare da collante”.

Lancia un avvertimento più diretto il presidente del Consiglio regionale Salvatore Micone che a Toma dice: “Deve coinvolgere di più i gruppi e i consiglieri, non siamo in una condizione normale, siamo in guerra. Confido in lei affinchè possa esserci un pieno coinvolgimento di questo Consiglio. Aspetto, non ancora per molto. Poi sarò più fastidioso delle minoranze e se serve prenderò le distanze”. 

Nel finale urla, litigi e accuse politiche tra le varie fazioni in Aula in cui si sfiora lo scontro fisico e si invoca l’intervento della forza di pubblica sicurezza.

Parlano solo alla fine gli esponenti di Forza Italia Nicola Cavaliere e Roberto Di Baggio che, a parole sue, invita all’unità, plaude al lavoro di Toma pur esordendo: “Sono tentato di votare questa sfiducia”.

Alla fine, poco prima delle 22.30, i consiglieri regionali salvano la poltrona. 

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