Campobasso

Pene dimezzate per ‘Pensa’ e Maselli, due giovanissimi finiti in un “giro sbagliato”

Michele Di Bartolomeo (che in primo grado era stato condannato a 24 anni) ha ottenuto oggi la condanna a 10 anni di pena. Tre anni (ne aveva presi sei) per il complice 19enne

Pene dimezzate in Corte d’Appello per Michele Di Bartolomeo (detto “Pensa”) e Andrea Maselli.

Il primo, recluso a Larino, arrestato l’altro marzo 2019 dagli uomini della Mobile nell’ambito di “Operazione Pensa”, è stato condannato in secondo grado a 10 anni di reclusione. Accolte dunque la richiesta dei suoi difensori Silvio Tolesino ed Emanuela Petrucci che alla Corte (composta da  Vincenzo Pupilella, Giuseppina Paolitto, Giovanni Fiorilli) questa mattina ha illustrato una serie di motivazioni a sostegno dell’istanza di scarcerazione o di riduzione della pena.

Pena dimezzata anche per Andrea Maselli, suo complice nella stagione di spaccio e rapine, e difeso in aula dagli avvocati Giuseppe Fazio e Letizia Di Lena. Il 21enne di Campobasso (all’epoca dei fatti ne aveva 19) che si trova ai domiciliari, dovrà scontare 3 anni di reclusione.

In primo grado, Michele Di Bartolomeo  era stato condannato a 24 anni di carcere. A suo carico tredici capi di imputazione che avevano indotto il giudice Veronica D’Agnone a ricorrere all’applicazione del concorso materiale dei reati. Vale a dire che per ogni reato aveva applicato una pena. Quindi per “Pensa” la somma dei reati commessi era arrivata a 23 anni e nove mesi di reclusione.

Andrea Maselli, invece, era stato condannato a cinque anni e otto mesi di carcere. Due anni e otto mesi per rapina e lesioni. E tre anni per due episodi di spaccio.

Si chiude oggi – giovedì 11 marzo – il secondo step di un procedimento giudiziario che ha visto alla sbarra due giovanissimi del capoluogo inquisiti per una serie di reati che avevano provocato scalpore in città.

Andrea Maselli, già durante l’interrogatorio di garanzia aveva ammesso al giudice di “aver commesso una spacconata” palesando da subito pentimento e risentimento per quanto  aveva compiuto.

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Anche Di Bartolomeo prima che il giudice Veronica D’Agnone emettesse la sentenza di primo grado, chiese di poter parlare in aula confessando rammarico per le colpe di cui si era macchiato. Ma all’epoca servì a poco. La mano dei giudici fu pesante per ambedue.

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Oggi il verdetto di secondo grado che vede soddisfatti i tre avvocati impegnati in questi anni non soltanto a studiare gli aspetti tecnici e procedurali di un fascicolo voluminoso e complesso ma anche a “salvare” due giovanissimi probabilmente finiti per sbaglio in un giro più grande di loro.

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