L'Ospite

L'ospite

Il tempio e lo zelo

tempio di gerusalemme

di don Mario Colavita

 

Il luogo più importante della Gerusalemme al tempo di Gesù era il Tempio. Luogo centrale del culto e della politica giudaica. Su quel monte la tradizione giudaica riteneva la fondazione del mondo, su una roccia posta al centro della spianata i maestri ritenevano fosse la pietra del sacrificio (non consumato di Isacco), lì Salomone costruì il tempio una bellezza agli occhi dei re del medio Oriente. Dopo la distruzione fu Erode detto il grande a ricostruire il tempio ancora più grande.

La ri-costruzione comportò circa 46 anni di lavoro, un flusso di denaro investito ed una economia in ripresa.

Intorno all’anno 10 a.C., Erode allestì la cerimonia di consacrazione del Tempio ricostruito (denominato ancora Secondo Tempio benché in realtà si trattasse del terzo grande edificio sacro realizzato in loco). Stando a Giuseppe Flavio, era un capolavoro di bellezza architettonica: “Agli stranieri in viaggio verso Gerusalemme [il Tempio] appariva da lontano simile a un monte coperto di neve, perché dove non era ricoperto d’oro era bianchissimo”.

In questo contesto, dove al centro della vita religiosa, politica ed economica, vi era il tempio è da collocare il discorso di Gesù sulla purificazione, la distruzione e l’edificazione del tempio in tre giorni.

Al tempo di Gesù vicino al tempio correva una strada dove commercianti e quant’altro potevano vendere, un po’ come da noi quei luoghi di commercio sacro nei pressi dei santuari.

Lì c’era di tutto commercianti di animali, spezie, incensi, cambiamonete. Le monete romane che circolavano portavano l’effige dell’imperatore; nel tempio, nella parte sacra era proibita ogni immagine. Gesù, ci dice l’evangelista Giovanni, prende un flagello (frusta) e comincia a rovesciare le bancarelle dei commercianti.

Il flagello nelle mani di Gesù, richiama il Messia che purifica e mette ordine. Con questo gesto Gesù è presentato come un personaggio divino, come il figlio di Dio realizzando così la profezia del profeta Malachia che dice: Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate” (Malachia 3,1), da qui l’espressione di Gesù: “non fate della casa del Padre mio un mercato”. Dicendo così Gesù dice di essere il figlio di Dio, la scena dunque ha un sapore cristologico, il tempio di pietra non conta più, per Gesù ciò che adesso conto è un altro di tempio, il suo corpo.

Gesù quindi è venuto a ridare fiducia ai poveri e a togliere il marcio di una mentalità in cui Dio, la fede, la religione, diventa un recinto sacro per vendere e comprare.

Il grande segno che Lui ci mostra e ci affida è l’amore, il dono, la sofferenza, la morte e risurrezione.

Abituati come siamo a segni di forza di gloria e di potenza, corriamo il rischio di non saper leggere e accogliere un altro segno è quello per cui Gesù si è incarnato è morto e risorto per noi.

La terza tappa della quaresima ci invita a rivedere il nostro culto, i riti, le cerimonie a fare una radicale pulizia di tutto ciò che sa di pagano (o che si veste di mondano) e di diverso da Cristo.

Il nuovo tempio, il corpo di Cristo è la Chiesa, siamo noi che ancora una volta crediamo a queste parole, ci fidiamo e affidiamo a lui.

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