L'Ospite

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Giornata internazionale della donna, i messaggi delle Istituzioni

Il ruolo delle donne nella nostra società è fondamentale, imprescindibile. Cittadine, madri, figlie, mogli, lavoratrici, professioniste, rappresentanti delle istituzioni sono pilastri importantissimi per la collettività.

Ringraziarle e, al contempo, riflettere su quanto è stato fatto e quanto ancora si debba fare per tutelarle, difenderle e valorizzarle in tutti i contesti, a partire da quelli familiari e lavorativi, così come prevede anche la nostra Costituzione: è questo, a mio giudizio, il senso vero che ha l’8 marzo, giorno in cui ricorre la Giornata internazionale della donna. Una riflessione, però, che ci deve accompagnare giorno dopo giorno e che si deve tradurre in atti concreti, al di là del pur giusto evento celebrativo.

Lungo e tortuoso è stato il percorso che ha visto, negli anni, le donne lottare per ottenere maggiori riconoscimenti o, più semplicemente, per vedere riconosciuti più diritti. Tante sono state le conquiste che hanno colmato gap inspiegabili e incomprensibili. Altri passi in avanti devono essere ancora compiuti per sconfiggere qualsivoglia disparità o violenza. In questi lunghi mesi di pandemia, ad esempio, sono ancora una volta le donne ad averci rimesso maggiormente in termini di posti di lavoro.

Nei giorni scorsi, in occasione delle dichiarazioni programmatiche d’insediamento del nuovo Governo, il presidente Draghi ha pronunciato parole che ritengo siano da condividere pienamente: “Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro”.

Le istituzioni hanno il dovere di fare di più e meglio per favorire la parità, il rispetto e la valorizzazione delle donne. Bisogna investire, inoltre, a partire dalle scuole, in campagne di sensibilizzazione contro ogni forma di violenza.

In quest’anno così complicato caratterizzato dalla pandemia, tra gli operatori sanitari, tantissime sono le donne in prima linea. Con enormi sacrifici, sottraendo tempo alle rispettive famiglie, profondono il massimo impegno. A loro va il nostro doveroso ringraziamento e la nostra vicinanza: ci inorgogliscono.

Così come sono motivo d’orgoglio i numerosi esempi di eccellenze al femminile che la nostra terra riesce a declinare in ogni campo, il cui numero, ci auguriamo, possa crescere sempre più. Da parte nostra, faremo di tutto perché ciò accada.

Donato Toma, Presidente della Regione Molise


L’8 marzo, una data per puntare i riflettori sulla lunga lotta di rivendicazione dei diritti delle donne che ancora tanto richiede in termini di parità e uguaglianza.

Troppe le discriminazioni, gli abusi e le violenze che la pandemia ha amplificato.

In uno scenario dove già la disparità di genere era una criticità, il crollo economico ha accentuato ogni problematica.

Il 2020 nella sua drammaticità ha ulteriormente peggiorato il mondo del lavoro femminile: le donne con bassa occupazione, salari molto più scarsi, contratti più precari e molto meno occupate nelle posizioni aziendali apicali, sono le prime a subire gli schiaffi suonati da questa crisi.

Oltre a questo siamo sempre ad affidare i carichi della cura e della famiglia sulle spalle delle donne. Lo smart working imposto al fine di ridurre i contatti e i contagi inesorabilmente ha finito per sovrapporsi agli impieghi domestici senza creare un minimo di differenziazione ed intervallo tra le attività.

A questo va aggiunto il “tradizionale obbligo” delle donne a occuparsi delle sempre più numerose fragilità familiari.

Pertanto se da una parte si può apprezzare come la pandemia sia stata acceleratrice di processi di tipo tecnologico, allo stesso tempo dobbiamo prendere atto che lo è stata anche dei processi di diseguaglianza e di fragilità; ha fatto emergere e rilevare dei punti deboli di una società sui quali serve un intervento massivo.

Oltre alle donne, è stato molto penalizzato il mondo dell’infanzia e dei bambini e dell’assistenza ai cosiddetti “fragili”.

Tra accelerazioni e fermate, chi ha continuato il suo cammino inesorabile è sicuramente la violenza subita dalle donne: la violenza di genere non si è mai fermata, il bisogno di restare a casa ha rappresentato una condanna per numerose donne.

Le politiche di genere devono cogliere il senso di cambiamento che la pandemia ha imposto a ciascuno di noi. Non si può restare indifferenti. II tema delle pari opportunità rimane un tema cruciale per il nostro paese. Il nostro paese ripartirà davvero soltanto quando diminuiranno le diseguaglianze e quando si investirà in modo serio e continuativo sulle strutture sociali e su tutto ciò che ruota intorno al tema della cura, della famiglia e dell’assistenza.

La strada pertanto è ancora lunga, é mistificante parlare dell’8 marzo come “festa” della donna, una mortificazione del percorso fin qui fatto che tanto ancora ci deve vedere come protagoniste della nostra storia.

Filomena Calenda, Vice presidente del Consiglio regionale del Molise


Celebrare i diritti delle donne oggi significa porre il giusto e doveroso risalto sulle qualità che le donne, in termini di competenze e visioni, in ogni settore professionale e personale, sanno mettere a disposizione dei contesti in cui operano, dimostrando con i fatti e con le loro idee, di essere forza trainante per lo sviluppo di un nuovo modello di integrazione sociale che sappia finalmente liberarsi da quei conformismi e pregiudizi che per troppo tempo, anche nell’epoca contemporanea, hanno concorso ad ostacolare la realizzazione di un’uguaglianza di genere piena, da intendersi come punto nevralgico per raggiungere quell’obiettivo di un futuro sostenibile per tutti, così come indicato nell’Agenda 2030 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.

La pandemia che viviamo oramai da un anno in Italia ha toccato fortemente alcuni settori lavorativi, penso ad esempio alla sanità e all’istruzione, solo per fare alcuni esempi, nei quali le donne rappresentano la maggioranza degli occupati, esponendole a rischi che però, loro stesse per prime, ci hanno insegnato a fronteggiare con lucidità e capacità di scelta e di azione, reggendo l’urto di una dimensione emergenziale totalmente nuova e sconosciuta per la nostra storia più recente che però, è inutile negarlo, a causa delle  restrizioni imposte, ha costretto le donne italiane a farsi ancora più carico, in prima persona, di una gestione familiare complessiva che non può essere data per scontata o finire con il passare sotto traccia.

È quindi ora ancora più urgente e necessario, visto il contesto storico e sociale che ci ritroviamo ad affrontare e nell’ottica di una pronta ripartenza generale, intervenire adesso, in maniera strutturale, per superare il divario di genere diffuso nel settore occupazionale, ma non solo, che influisce poi in termini di opportunità finanziarie ed anche nella ancora scarsa presenza delle donne nei ruoli di vertice, in diversi settori produttivi e amministrativi, del nostro Paese.

Roberto Gravina, sindaco di Campobasso


Abbattere ogni ostacolo che separa le donne dalla loro piena emancipazione. È questo il presupposto fondamentale per costruire un’Europa più giusta e solidale. Celebrare l’8 marzo non deve essere un semplice esercizio retorico, ma l’occasione per riflettere seriamente sul ruolo che la donna riveste nella società di oggi, sull’importanza di proseguire lungo la strada della piena e completa parità di genere. Il Parlamento europeo continuerà a battersi affinché sia bandita ogni forma di discriminazione e affinché la lotta contro la violenza di genere sia una priorità in ogni Stato della Ue. Auguri dunque a tutte le donne: perno della famiglia e motore di un mondo che cambia.

Aldo Patriciello, europarlamentare e membro del Gruppo Ppe al Parlamento europeo


La Giornata Internazionale della Donna ci induce sempre a profonde riflessioni, oggi più che mai in piena emergenza sanitaria.

Ancora oggi la donna, spesso, subisce discriminazioni, soprattutto sul luogo di lavoro, e violenze nell’ambito dell’alveo familiare, quest’ultimi registrati anche durante i periodi di lockdown. La crisi generata dalla pandemia ha acuito non solo le diseguaglianze sociali, ma anche quella di genere.

Si deve ancora far molto in termini di crescita culturale nel nostro Paese, sia in tema di pari dignità lavorativa sia sulla partecipazione delle donne nei processi decisionali politici ed economici.

Secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World Economic Forum, l’Italia è risultata al 76° posto su 153 Paesi nel mondo per la parità tra uomini e donne. Per quel che concerne, invece, la partecipazione al mercato del lavoro l’Italia si posiziona al 95° posto.

Abbiamo visto tutti l’importante ruolo della donna nel corso di quest’anno di pandemia. Nel settore sanitario le donne ricoprono una presenza importante. Secondo i dati dell’INAIL del 31 gennaio 2021, il 70% del totale dei contagiati sul lavoro è risultata essere donna con le infermiere in testa.

Il mio abbraccio virtuale, oggi, va a tutte le donne, affinché si continui a lavorare per garantire sempre la pari dignità tra uomo e donna. Sono obiettivi fondamentali per chi ricopre ruoli istituzionali, fermo restando che, come tutte le giornate di sensibilizzazione, non possiamo prescindere da un cambio culturale che deve partire dai più giovani, che rappresentano il futuro della nostra società civile.

Francesco Roberti, presidente della Provincia di Campobasso


Quando, ogni anno, ricorre la celebrazione della Festa della Donna si è letteralmente inondati di messaggi che da una parte inneggiano ai traguardi raggiunti dal genere femminile nel corso degli anni e dall’altra invocano la conquista di obiettivi ancora migliori in termini di parità effettiva. Purtroppo, però, dispiace constatare come sempre più spesso si tratti di semplice retorica, che non trova poi spazio, concretamente, nei fatti.
L’8 marzo non si contano i proclami a favore delle donne che hanno bisogno di politiche familiari e sociali di sostegno, che devono poter beneficiare di leggi a tutela della maternità e di asili nido nei luoghi di lavoro. Donne che devono occupare più posizioni dirigenziali negli organismi che contano, che devono essere aiutate ad emergere ed essere protette dalla violenza maschile. Insomma, improvvisamente il mondo è attento ai loro bisogni. Un rito che si ripete ogni anno, con tanto di partecipazione delle donne, ma senza che nulla si sposti e che nulla cambi

Ma le donne al di là delle dichiarazioni di circostanza, si trovano a dover affrontare nella vita di tutti i giorni una realtà fatta di disparità e violenza. L’Istat, per esempio, ci ricorda nella sua ultima indagine sulla violenza di genere che in Italia 49.394 donne si sono rivolte ad un Centro anti violenza. Con un aumento del 13,6% rispetto alla precedente rilevazione. E ci dice che il numero di donne giunte al Pronto soccorso con una diagnosi di violenza ammonta a 19.166 persone.

Tutto questo ci mostra che il sistema attuale non funziona a va cambiato. Oggi, quando una donna denuncia di aver subito episodi di stalking, minacce, abusi e violenza, non viene messa in sicurezza. Le forze dell’ordine attivano il procedimento e si avvia eventualmente l’iter di accertamento da parte degli organi giudiziari, ma le misure attualmente previste non sono sufficienti a tutelare efficacemente le vittime.  Dalla segnalazione alla neutralizzazione del pericolo, infatti, restano tempi ancora troppo lunghi che lasciano la donna in balia degli eventi. Occorre rivedere, quindi, il sistema. Sia con una riforma procedurale e normativa – evidenzia la Garante – sia con un incremento del sostegno concreto che deve essere fornito alle vittime. A queste vanno garantite forme immediate di protezione, che possono essere la collocazione in strutture anti violenza o altre misure di ‘soccorso’. L’impegno delle istituzioni, che possono agire materialmente su questo fronte, deve essere costante. Chi ha le possibilità di cambiare le cose deve adoperarsi per farlo.

Stesso discorso va fatto anche per la parità di genere. Secondo l’edizione 2020 del Global Gender Gap Report, indagine promossa dal Forum economico mondiale nel 2006 per fare il punto sul divario di genere nel Mondo, in Italia i dati sulla disparità salariale e sulla partecipazione femminile alla vita economica non sono affatto incoraggianti. Il nostro Paese, infatti, nell’indice generale si colloca al 76esimo posto su 153 Stati. Su questo fronte, sopravvivono ancora molti stereotipi, come evidenzia l’Istat. Per il 32,5% della popolazione avere successo sul lavoro è più importante per un uomo piuttosto che per una donna, per il 31,5% gli uomini sono meno adatti alle attività domestiche e per il 27,9% spetta all’uomo provvedere alle necessità economiche delle famiglie.

L’impegno che ci viene richiesto è di tipo sia sociale che culturale: creare le condizioni affinché una donna possa trovare opportuna collocazione in ambito lavorativo ed economico e diffondere una cultura priva di preconcetti e retaggi del passato, che getti le basi per un reale riconoscimento della figura femminile in termini di parità di diritti e competenze.

Leontina Lanciano, Garante regionale dei Diritti della Persona

 

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