Tanto rumore per nulla e altro tempo perso a litigare, discutere, firmare e controfirmare carte per il Ministero. Il centro covid al Vietri di Larino non si farà: il progetto è sfumato definitivamente questa sera, al termine del nuovo vertice tra i tre soggetti coinvolti. Regione Molise, Asrem e struttura commissariale sembrano convergere sul fatto che la pandemia, nella fase critica in cui è arrivata in Molise e con una richiesta giornaliera di ricoveri doppia rispetto solo a qualche settimana fa, non concede la possibilità di allestire il Vietri in tempo per rivelarsi utile alla causa. In soldoni: non c’è tempo.
Giustini, al quale spetta l’onere di attuare le linee di indirizzo e che dunque rappresenta la parte “operativa” ha nuovamente cambiato idea, o forse ceduto davanti agli ostacoli – oggettivi – in campo. Pur con il nulla osta del ministro Speranza in mano, ottenuto giovedì scorso nell’incontro romano. Stavolta non è questione di burocrazia ma di “tempi tecnici” per allestire un ospedale e dotarlo di monitor, caschi, sistemi di ventilazione, personale. Non sarebbe questione di una settimana ma ne occorrerebbero – pare – almeno tre. E quindi bye bye centro covid a Larino, si ripiega sulla soluzione che finora era stata relegata in fondo alla lista ma che oggi sembra aver trovato piena concretezza: l’ospedale da campo.
I tir della Croce Rossa sono arrivati al San Timoteo, hanno scaricato il materiale e domattina – martedì – avrà inizio l’allestimento delle tre tende, per un totale di 24 posti che verosimilmente saranno riservati a degenti covid per cure a bassa o media intensità. Anche se una certezza nemmeno in questo caso esiste, visto che la decisione sul destino dell’ospedale militare (sarà covid o sarà per degenza ordinaria?) lo dovrà stabilire la Asrem, sentiti i medici.
I vertici molisani, in ogni caso, sono giunti alla decisione di incrementare i posti letto semintensivi utilizzando quelli messi a disposizione dal Gemelli Molise (20) con attrezzature e personale di Neuromed (sollecitato a fornirli ora che non ci sono più incertezze) e altri 24 posti letti dell’ ospedale da campo della CRI. Posti utili per curare i paucisintomautici, però. Le Terapie Intensive rimangono un problema, anzi: il problema.
Quelle di Termoli non si possono usare perché sono dedicate alle patologie extra-covid e si sa come funziona: se metti un paziente covid in una rianimazione no covid di fatto monopolizzi l’intero reparto per la cura contro il virus. E d’altronde occupare tutte le Terapie Intensive degli ospedali pubblici molisani per il covid equivale a far collassare il sistema sanitario di base: se un cittadino ha un aneurisma, un ictus, un problema cardiaco grave, dove va?
I tre posti di Intensiva covid del San Timoteo, i 2 posti di intensiva covid del Veneziale e i 9 posti di intensiva covid della Torre nell’ex hospice accanto al Cardarelli (cioè i 14 posti che Asrem e commissario dovevano attivare prima della fase 5, vale a dire del disco rosso) esistono solo sulla carta. E sulle carte mandate a Roma la scorsa estate. Insomma: non ci sono perché i lavori non sono mai iniziati, l’adeguamento strutturale dei reparti non è nemmeno partito. Intanto il Cardarelli scoppia: oggi i pazienti intubati hanno sfiorato il numero record dei 17 con l’attivazione di tre respiratori polmonari nel blocco operatorio. Non resta che sperare nella Rianimazione mobile.
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