Operazione "red zone"

Tentata estorsione con metodi mafiosi, gli esecutori del ‘ricatto’ restano in carcere

Il tribunale del Riesame ha confermato le misure a carico dei due uomini di Campomarino autori - secondo l'accusa - di minacce a carico di un imprenditore campobassano. Resta ai domiciliari anche il terzo indagato

Il tribunale del Riesame ha respinto il ricorso: i due maggiori indiziati di inchiesta “Red Zone” restano in carcere.

Rimane ai domiciliari senza alcuna possibilità di tornare al lavoro nell’azienda di cui è titolare. anche il terzo indiziato.

I primi risvolti giudiziari di operazione “Red Zone”, l’inchiesta della squadra mobile di Campobasso coordinata dalla Distrettuale antimafia, confermano l’impianto accusatorio costruito in lunghe settimane di indagine dopo la denuncia disperata di un imprenditore di Campobasso “vessato” dalla coppia di Campomarino su richiesta di un terzo indagato (l’imprenditore ai domiciliari).

Secondo la ricostruzione operata degli inquirenti, poco prima di Natale i due pluripregiudicati si sono presentati sotto casa della vittima, un imprenditore edile di Campobasso poi fallito.

I due avrebbero preteso dall’imprenditore campobassano la restituzione di una grossa somma di denaro reclamata dall’uomo di Sant’Elia a Pianisi, mandante della tentata estorsione. A quanto pare infatti un credito da 7.000 euro era lievitato fino a 100.000 euro, secondo le pretese delle persone che il 4 febbraio scorso sono stati arrestati dagli agenti di Raffaele Iasi.

Secondo l’impianto accusatorio condiviso dal gip Roberta D’Onofrio, le intimidazioni nei confronti dell’imprenditore campobassano sono state effettuate con l’aggravante del metodo mafioso. I due soggetti di Campomarino infatti sono personaggi non estranei al mondo della camorra e in particolare il campano risulta essere un affiliato. L’operazione è stata quindi denominata Red Zone, perché effettuata in due territori diventati di recente Zona rossa per grossi focolai covid, prima Sant’Elia a Pianisi e più di recente Campomarino.

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Ma la scelta del nome rimanda anche alla volontà di mantenere il territorio molisano esente da presenze costanti della criminalità organizzata. “Se prevarranno i cittadini con la schiena dritta – ha detto a più riprese il procuratore della Distrettuale Nicola D’Angelo -, questa regione non avrà nulla da temere dalla criminalità mafiosa. Non la procura, non le forze dell’ordine, ma proprio costoro saranno quelli che impediranno alle organizzazioni mafiose di radicarsi. Se prevarranno i cittadini dell’altro stampo, il destino potrà essere diverso. Gli sforzi della procura e delle forze dell’ordine potrebbero non bastare”.

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