Il bel gesto

Sconfitto il Covid Don Mario Colavita diventa donatore di plasma iperimmune: “Fatelo, può salvare delle vite”

Il parroco di Petacciato era risultato positivo a inizio anno ma ha superato il virus e adesso diventa un esempio per tutti. “Nel mio sangue c’è una grande quantità di anticorpi. Donare è la cosa più bella che si possa fare"

Pochi giorni dopo l’Epifania la cattiva notizia, che aveva tenuto in apprensione Petacciato. Don Mario Colavita, da oltre tre anni parroco del paese che affaccia sull’Adriatico, era risultato positivo al virus Sars-Cov2. Erano stati giorni difficili per lui e per la sua comunità di fedeli. Per fortuna il sacerdote originario di Sant’Elia a Pianisi ha sconfitto il virus e ha deciso di diventare donatore di plasma iperimmune, una delle poche armi che possono aiutare nella lotta contro il Covid-19. Il plasma iperimmune è infatti una terapia sperimentale, utilizzata sui malati già ospedalizzati. In molti casi ha dato risultati positivi per effetto degli anticorpi generati dall’organismo e presenti nel sangue di chi guarisce dalla malattia.

 

Don Mario, oggi per lei il virus è un brutto ricordo. Ha avuto paura in quei giorni?

“Più che per me, ho avuto timore per i miei parrocchiani. Per fortuna dai tamponi è emerso che nessuno si era infettato. I dottori mi hanno detto che sia io che i fedeli avevano rispettato tutte le precauzioni anti contagio”.

Ha avuto sintomi nel periodo di positività?

“Solo tosse e un po’ di febbre per fortuna. Sono stato in isolamento finché sono diventato negativo”.

Adesso è diventato donatore di plasma. Com’è nata l’idea?

“Su suggerimento del sindaco Roberto Di Pardo. Così ho chiamato l’Avis di Termoli e ho parlato con la dottoressa De Filippi per fare gli accertamenti e il prelievo”.

Dopodiché si è recato al centro trasfusioni dell’ospedale di San Timoteo per gli esami di rito?

“Sì, mi hanno fatto prima un prelievo del sangue, poi esami cardiologici e del torace. Dal referto è emerso che il mio sangue è ricco di anticorpi contro il virus. In particolare in una scala da uno a dieci il livello è buono. Superiore a dieci è ottimo”.

E il suo a quant’è?

“A diciassette. Quindi il mio plasma può essere utilizzato per i pazienti Covid. Mi hanno fatto il prelievo e la mia sacca verrà utilizzata subito per chi si trova in ospedale al Cardarelli”.

Perché ha deciso di rivelare pubblicamente la donazione?

“Perché ritengo che sia un gesto buono che può aiutare chi combatte contro questa malattia e rischia la vita. Non l’ho fatto per farmi pubblicità, ma per invitare gli altri a fare lo stesso. Lo sto dicendo a tutti quelli che so essere stati positivi e ora sono guariti. Molti infatti non sanno di questa possibilità e di cosa sia il plasma iperimmune. Mi auguro di poter incentivare qualcuno a fare come me”.

Era già donatore di sangue o plasma?

“No, questa malattia mi ha fatto scoprire la donazione. In generale la malattia ti fa mettere i piedi per terra, ti fa ragionare diversamente”.

Cosa significa diventare donatore di sangue o plasma?

“Donare è la cosa più bella che c’è, è come dire ‘ti voglio bene’. E poi è un dovere civico”.

 

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