Criticità e prospettive

Rianimazione datata e assenza di requisiti: le motivazioni degli Ispettori al No per il Vietri centro Covid

Dalla lettura della relazione degli Ispettori del Ministero della Salute emergono diverse criticità nelle strutture sanitarie molisane oggetto, appunto, di ispezione circa un mese fa. Sul no al Vietri centro Covid pesa soprattutto la obsolescenza della Terapia Intensiva. L'esortazione è invece ad un utilizzo della struttura specie in funzione riabilitativa, anche post Covid

“La struttura appare inidonea alla riconversione parziale o totale in ospedale covid per mancanza di requisiti essenziali tra cui Laboratorio analisi (esiste solo un punto prelievi), Radiologia (al momento disponibile solo la Radiologia tradizionale – RX), e Terapia intensiva (ospita la vecchia terapia intensiva mai attivata e ora datata). Il tutto si completa con la indisponibilità di personale da assegnare ai servizi de quo”. Con queste righe il Ministero della Salute ha ‘bocciato’ l’idea di fare del Vietri un centro Covid, come vi avevamo anticipato ieri.

Vietri, per il Ministero non è idoneo come Covid Hospital: la relazione degli ispettori dice no

Ricordiamo che la Rianimazione dell’enorme ospedale di Larino non è stata di fatto mai collaudata tantomeno utilizzata, con attrezzature incellophanate a distanza di anni ed anni. Tanto che, qualcuno ricorderà, l’ex Procuratore capo della Repubblica di Larino Nicola Magrone aveva anche aperto un fascicolo di inchiesta che coinvolgeva i vertici politici della Regione Molise e la Direzione della Salute, inchiesta successivamente archiviata.

Relazione Ispettori Ministero Salute

Ma dalla lettura del documento ovvero la relazione degli Ispettori Ministeriali, venuti in sopralluogo (accompagnati dai Nas) nelle strutture sanitarie molisane a fine gennaio, emergono le motivazioni circostanziate relative alle criticità rilevate non solo alla Casa della Salute di Larino ma anche al Cardarelli di Campobasso, al San Timoteo di Termoli (in foto) e al Veneziale di Isernia.

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Tornando a Larino, fulcro di interesse da circa un anno come potenziale struttura in grado di ‘risollevare’ le sorti della rete anti-Covid molisana, le parole scritte nero su bianco non sembrano lasciare àdito a dubbi. Nella relazione – indirizzata al Commissario ad Acta Angelo Giustini, al Sub-Commissario Ida Grossi e al Direttore Generale per la Salute della Regione Molise Lolita Gallo – si ‘bacchettano’ anche i vertici deputati all’organizzazione sanitaria molisana dicendo che, sempre per quanto attiene al Vietri, è necessario provvedere tempestivamente a implementare il potenziamento dell’offerta programmata con i decreti del commissario ad acta (del 14 luglio e del 26 ottobre 2020, ndr), in particolare per le attività post covid e l’attivazione di percorsi assistenziali inerenti la medicina di iniziativa come attività qualificante delle cure primarie; ma altresì per le patologie cronico-degenerative, anche attraverso l’implementazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata e inserimento degli infermieri di comunità; e infine la riabilitazione, anche con l’attivazione di prestazioni di riabilitazione ambulatoriale dedicate ai pazienti post-Covid.

Sembra quest’ultimo punto la prospettiva indicata – o forse la si potrebbe leggere come una vera e propria esortazione – per l’ospedale frentano, la sua ‘collocazione’ più adatta in quella che attualmente sembra la congerie dell’organizzazione sanitaria molisana travolta dal Covid.

 

Per quanto riguarda gli altri ospedali e l’organizzazione tout court, gli Ispettori non lesinano critiche, sebbene individuino anche delle considerazioni ‘positive’ o quantomeno assimilabili alla ‘sufficienza’.
Dal personale poco aduso alla conoscenza dei protocolli per la minimizzazione dei rischi di contagio, alle condizioni igienico-sanitarie non del tutto adeguate (specie per quanto riguarda il Veneziale), alla carenza – cronica – di personale, passando per la promiscuità dei percorsi in seno agli ospedali fino al nodo delle Terapie Intensive e dell’organizzazione della rete chirurgica definita come ‘parziale’. “I pazienti dell’Ospedale di Campobasso che necessitano di interventi chirurgici non urgenti e che verosimilmente (per tipologia di intervento o condizioni cliniche) richiedono terapia intensiva post operatoria, solo in alcuni casi vengono programmati negli ospedali spoke di Termoli e Isernia”.

C’è poi un altro punto critico, da tempo sottolineato da fonti ospedaliere. “Dalle rilevazioni effettuate de visu e dai colloqui intercorsi con il personale emerge la mancanza di una governance (definita poi, in un altro punto, ‘debole’, ndr) di Direzione Medica in particolare”. Come noto infatti le tre principali strutture sanitarie condividono uno stesso Direttore Sanitario (quello dell’ospedale di Campobasso), il dottor Dino Sassi, che è divenuto facente funzioni anche per i nosocomi di Termoli e Isernia, dove non si è provveduto ad individuare una nuova figura in seguito al pensionamento delle precedenti.

Infine la nota sul mancato completamento dell’attivazione dei servizi e dei posti letto post covid, come invece previsto dal piano di potenziamento della rete ospedaliera e dal piano per il rafforzamento della risposta territoriale in fase di emergenza.
Gli elementi su cui riflettere (e agire), insomma, sono diversi.

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