Santa croce di magliano

“Quarantana quarantena”, una tradizione antica diventa una vignetta anti-contagio

quarantana santa croce

Sibila la voce di una tradizione antica  per contrastare ogni forma di pandemìa

In vetrina, per tutto il periodo quaresimale, una delle tradizioni più singolari della cultura santacrocese. Si tratta della Quarantana, al centro di una scena teatrale decisamente solitaria. Tra pezzi di cielo, del tutto spontanea, in molti angoli del paese pende su vicoli, vicoletti e piccoli spazi urbani.

In questi giorni ricorda a tutti il periodo dell’astinenza da osservare fino all’arrivo della Pasqua. Questa stranissima e goffa o gentile vecchina, come una bambola, è sospesa ad un filo. Tra finestre, balconi e nuvole grigie  indossa la mascherina. Anche per lei il momento del suo trionfo è incerto e solitario. Lontano da ogni battito di vita umana.

teco vorreisanta croce

Innato da tempi immemori, assicura il suo distanziamento sociale senza regole e senza ordinanze. Ovunque prende le distanze da ogni forma di contagio. La sua vita è appesa ad un filo per quaranta giorni.

Da qui nasce il nome di questa vecchia tradizione radicata in tante famiglie santacrocesi. La sua presenza  si perde tra le pieghe di una storia lontana. Segnata dall’intreccio tra radici albanesi, greche e balcaniche. Non a caso il paese nel Settecento era chiamato Santa Croce dei Greci. Ha il compito di ricordare il tempo che passa con  sette penne conficcate ad una patata, legata ai suoi piedi. Tante quanto sono le settimane mancanti all’arrivo delle festività pasquali. Ogni settimana che passa ne viene tolta una. Una sorta di orologio pubblico naturale, per annunciare una delle festività più importanti della vita cristiana.

In zona rossa la sua dimora è dunque il cielo. Qui, in totale isolamento, dondola, sbatte e si rovina. Alacremente oscilla nella bufera. Senza farsi male. Senza perdere mai il respiro. Perché deve richiamare l’attenzione del vicino. Ha il destino di avere un breve cammino. All’insegna della “vita brevis” come ci insegnano le Parche nella mitologìa latina. Metafora della vita. Il volto del  monologo della Quarantana domina il vuoto di una spaccato urbano o di un vicinato in particolare. Richiamando alla mente gli “oscilla” di epoca romana, quelle testoline che, appunto, oscillavano al vento davanti alla “domus” per allontanare ogni forma di maleficio.

Sulla scorta di queste radici culturali, la Quarantana santacrocese si configura come una tradizione tutta da scoprire. In queste settimane colora simpaticamente l’architettura urbana. In questi ultimi anni  ha velocemente moltiplicato la sua presenza. E’ diventata un idolo trionfante. Travestita da pupatta, anziana, bambina o ragazzina. La sua filosofìa intona un canto arcano. Stranamente si riappropria del reale.

quarantana santa croce

Oggi, più che mai la sua lezione sale in cattedra, grazie anche ad una iniziativa editoriale. Presso l’archivio dell’ Editrice Lampo di Campobasso è in bella mostra una graziosa cartellina. Al suo interno contiene, appunto, una litografìa d’arte che la rappresenta in piena pandemìa.

quarantana santa croce vignetta

L’immagine di questo strano personaggio, tutto al femminile, è stata disegnata da Giovanni Mucci, noto vignettista santacrocese. La vis creativa dell’autore ne accentua le esigenze attuali contro ogni forma di pericolo virale. Il suo look  è destinato a contrastare il giro diabolico del Covid-19 con tutte le sue mutazioni in atto. Con tanto di cartello, amuchina, guanti e mascherina, mostra gli antidoti più efficaci per combattere la pandemìa. Porta un cestino di viveri da consumare a casa perché non si può uscire. L’aringa, in questo caso, non è più il pesce simbolo dell’astinenza quaresimale. L’ironìa di Giovanni Mucci  è squisitamente didascalica. E’ unita  a una poesìa tratta da “Versi in quarantena” di Luigi Pizzuto. Una voce sottile, dall’alto, in ogni squarcio silente rintrona. Lancia un messaggio da abbracciare. Sussurra un ritornello che non si ferma mai: “Quarantana quarantena. Qui in cielo vivo bene per aver preso a tutto campo ogni debita distanza”. Grazie a Gino Palladino riecheggia, così, nei cassetti della memoria. Nel fluire del tempo che verrà.  Tra non poche fonti d’archivio.

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