I casi sommersi nella zona rossa

Malata di covid e abbandonata, sola e con due figli positivi. “Il tampone? Non mi chiamano. I medici? Non vengono”

La testimonianza di una 46enne di Campomarino, epicentro del contagio con oltre 400 casi reali molti dei quali sommersi. Tra di loro c’è anche quello di Laura Serino, che parla a nome di numerosi cittadini lasciati senza assistenza e senza monitoraggio.

Ha la febbre, la tosse, una spossatezza diffusa. Ha un bambino – alunno delle scuole medie – per il quale il tampone molecolare ha accertato la presenza del coronavirus. Lei, la madre, ha certamente preso la covid 19 (ha tutti i sintomi e sta anche male) ma finora nessuno l’ha sottoposta al tampone. E nemmeno è stata visitata dalle Unità Speciali di Continuità Assistenziale. Nè ha avuto una visita o una indicazione farmacologica dal medico di famiglia.

“Mi sento abbandonata, anzi, sono stata abbandonata da un sistema che mostra le sue falle ovunque. E non sono certo l’unica. Come me tantissimi in queste condizioni”.

Laura Serino, mamma di 46 anni, abita a Campomarino, in questo momento epicentro del contagio con 200 casi accertati ma oltre 400 effettivi, come abbiamo riferito in un approfondimento sulla situazione nella cittadina bassomolisana.

Lei è appunto uno di questi casi sommersi. La sua positività, e la sua malattia, rischiano di restare “invisibili” alle statistiche ufficiali. Di non entrare nemmeno nei bollettini delle autorità sanitarie. “Parlo a nome di tante persone che molto più di me hanno paura a esporsi, so che questa è purtroppo una situazione diffusa a Campomarino. So che ci sono tanti cittadini che ora stanno sperimentando sulla loro pelle i sintomi, la quarantena, le difficoltà e la paura senza assistenza e senza conforto”.

Come è cominciato tutto?

“Mio figlio, il più piccolo, frequenta la scuola media dove c’è stato un focolaio. Lunedì scorso (25 gennaio, ndr) ha scoperto di avere il covid sulla base del tampone molecolare fatto a tutti i ragazzi della scuola”

Sono circa una ventina i  positivi nelle scuole medie del paese, senza contare il personale fra cui alcuni insegnanti che vengono da fuori.

A quel punto tu cosa hai fatto?

“Ho subito chiamato il mio medico di famiglia, come stabilito dal protocollo, che mi ha fatto l’impegnativa alla Asrem garantendomi che nell’arco di un paio di giorni sarei stata chiamata per il tampone”.

E invece?

“Invece di giorni ne sono passati 8 e non mi ha chiamato nessuno”.

Sei sintomatica?

“Non solo. Sto anche male e la settimana scorsa sono stata peggio, eppure non ho ricevuto neanche una visita domiciliare. Naturalmente mi sono messa in quarantena immediatamente, non avevo alternative. La settimana scorsa è stato male mio figlio, e anche la mia figlia maggiore ha avuto febbre e dolore alle braccia e alla parte superiore del corpo, sintomi che fortunatamente sono durati poco”.

 Nel tuo caso invece le cose sono andate meno bene, giusto?

“Io ho cominciato ad avere problemi gastrointestinali, poi febbre che saliva, dolori alle gambe che posso descrivere come una specie di sciatalgia con scosse elettriche talmente forte che ti mozzano il respiro e ti spaventano. Non riuscivo a stare in piedi. Mi è venuta anche la tosse, secca e fastidiosa”.

Hai chiamato le Usca?

“Sì, ho chiamato i medici dell’Usca diverse volte, sono sempre stati gentili e disponibili ma mi hanno detto che la mia situazione non era grave come quella di altri e che non sarebbero venuti. Ho anche provato a chiamare la guardia medica del paese che però non è venuta mai a casa”.

E il medico di famiglia?

“Non mi ha più telefonato. Ho telefonato io per chiedere come mai non mi avessero chiamato per il tampone e lui mi ha suggerito di presentarmi direttamente in ospedale. Ma è un controsenso, io non posso mettere a rischio gli altri se sono positiva”.

Chi ti sta aiutando?

“Mi aiutano i ragazzi volontari della Protezione Civile, che meno male che esistono… Quando devi stare in isolamento e non puoi uscire neanche per 5 minuti cominciano tutta una serie di problemi, anche pratici. Per esempio a casa siamo tre e nessuno dei tre può uscire. Se non hai denaro contante non puoi neanche pagare la spesa o i farmaci che ti portano a domicilio”.

Ti senti abbandonata dalla sanità e dalle Istituzioni?

“Non mi sento, sono abbandonata. E’ un fatto. Non c’è stato nessuno dell’amministrazione che si sia interessato. So che in altri comuni, come Palata (anche qui c’è un focolaio importante, ndr) dove vive una cugina la cui bimba è positiva, hanno fatto screening sulla popolazione. Qui invece siamo soli e sono tante le famiglie probabilmente piene di casi di positività, lasciate a se stesse.  Credo che il problema sia anche a monte, riguardi lo Stato che non è assolutamente presente. Non c’è aiuto, non abbiamo centri di riferimento. Chi nega che la situazione sia questa è perché ha paura di affrontare la paura”.

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