La triste storia di portocannone

La salma di Faisal torna in Pakistan. Contro la malasanità una lezione di amore dal Molise

Non è stata una semplice raccolta fondi ma una lezione di solidarietà straordinaria quella che i molisani hanno messo in atto in favore della famiglia di Faisal, il pakistano di 36 anni che ha trovato la morte in Molise quattro settimane fa, al termine di una vicenda di mancata assistenza sanitaria e ritardi nei soccorsi che si sono rivelati letali.

Superati gli ostacoli burocratici e le lungaggini che hanno subito ulteriori ritardi a causa del covid, la bara è tornata a casa ma Faisal Shafquat continua a vivere nel cuore di tantissimi molisani.

La morte era sopraggiunta un mese fa, quando il servizio regionale del 118 chiamato con urgenza dalla famiglia non era arrivato per indisponibilità dichiarata. La guardia medica da Campomarino aveva rimandato a casa il trentaseienne senza visitarlo. La mattina successiva di quella tragica sera era sopraggiunta la morte.

Faisal, morto a 36 anni perché non è stato soccorso. “Il 118 non è andato e la guardia medica non lo ha nemmeno visitato”

Il sindacalista Andrea Di Paolo, residente a Portocannone e cioè lo stesso comune in cui Faisal era ospite di una zia da un paio di giorni, impegnato in un lavoro nei campi come bracciante, scrive la ricostruzione della vicenda: “Il giornale primonumero.it racconta la storia, il Soa Sindacato Operai Autorganizzati si mette in contatto subito dopo con la famiglia del giovane che conferma l’accaduto ma è impossibilitata economicamente ad affrontare da sola le spese del funerale per il ritorno in patria della salma, il nostro invito a denunciare alle autorità competenti il grave accaduto di malasanità. La priorità per loro è stata sempre quella di far rientrare la salma in Pakistan, dove ci sono tre piccoli figli e la moglie, gli amici e altri familiari che aspettano il corpo di Faisal. Noi rispettiamo il loro volere da subito e avviamo una colletta pubblica di solidarietà. Non è stata una semplice raccolta fondi, però: il messaggio dei tanti molisani che hanno partecipato è stato unanime contro la vergognosa vicenda di malasanità”.

Man mano, con il trascorrere delle ore e dei giorni, la solidarietà è aumentata, crescendo in maniera esponenziale. I molisani hanno pensato ai piccoli, alla moglie, alla famiglia rimasta sola in una condizione di precarietà. Ed è stato possibile non solo garantire il rimpatrio del feretro ma anche mettere insieme una piccola somma che servirà ai familiari del trentottenne per tirare avanti.

“Questi gesti riscattano la mancanza di coscienza e la cattiva politica che hanno umiliato con l’abbandono un giovane che era venuto nel Molise per trovare lavoro nei campi – scrive ancora il SOA -. La gente di cuore del Molise ha preso in mano la situazione con rabbia e dolore, il Comune di Portocannone nonostante il dissesto finanziario ha fatto la sua parte.

La famiglia con la sua amica Pina e il Soa prendono atto di tutto ciò e ringraziano: “Questa storia è andata oltre la colletta o una semplice elemosina, è stata una lezione di solidarietà attiva, un gesto che non solo piange ma ringhia di rabbia per la costruzione di una società migliore. Oggi siamo tutti meno soli”.

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