L'Ospite

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La com-passione per vincere il virus

gesù compassione

di don Mario Colavita

Nel libro del Levitico ci sono ben due capitoli circa le prescrizioni in caso di lebbra che i sacerdoti e non i medici devono diagnosticare e tenere sotto controllo.

Al tempo di Gesù la lebbra era una malattia terribile, oltre al male fisico, essa comportava l’esclusione della comunità. Una punizione di Dio per la sua trasgressione.

I lebbrosi dovevano osservare un rigido protocollo di esclusione. Nel libro del Levitico leggiamo:   “[il lebbroso] porterà le vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo! Se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento” (Lv 13,45-46).

Ai sacerdoti spettava il controllo e determinare l’ammissione o l’esclusione del malato dalla comunità.

Gesù incontra un lebbroso che invoca il suo aiuto. Coraggioso quell’uomo, fa una cosa che non poteva fare: si avvicina ad un uomo sano, entra in contatto con una persona pura.

Il vangelo di Marco dice che si mise in ginocchio e supplicava Gesù dicendo: “se vuoi puoi purificarmi”.

Ha perso tutto, amici, parenti, dignità, lavoro, Dio, ha perso tutto non gli rimane che chiedere misericordia a questo rabbì di cui ha sentito cose prodigiose.

L’evangelista Marco con poche parole descrive la reazione di Gesù: “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: Lo voglio, sii purificato!. E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato” (Mc 1, 41).

È bello il termine che usa Marco, compassione, indica la restituzione della vita a chi non ce l’ha. Gesù tocca l’impuro per donargli purezza. Lui il santo ri-dona vita a chi l’ha perduta.

Compassione significa patire con, avere il dolore dell’altro: La compassione, cioè, soffrire con l’altro, ha un senso etico. È la cosa che ha più senso nell’ordine del mondo (Emmanuel Lévinas). Come pensiero attivo della sofferenza degli altri, come tentativo di vedersi e valutarsi con gli occhi degli altri sofferenti.

Ha scritto il teologo J. B. Metz: “La compassione non è un vago romanticismo pastorale, ma è una virtù quotidiana, una virtù base dei cristiani: è espressione della filiazione divina”.

Il gesto di toccare il lebbroso è chiaramente contro la legge e la prescrizione del libro del Levitico; Gesù è oltre la legge e vuole donare all’uomo quella speranza fiduciale che libera dai legacci di un legalismo mortifero.

Dopo la guarigione Gesù rimprovera il lebbroso per aver creduto in un Dio che lo aveva escluso dal suo amore.

Non è bella l’immagine di Dio esclude, castiga, in questo nostro tempo dovremo sforzarci di manifestare e testimoniare un Dio che aiuta, avvicina gli uomini, un Dio che si realizza e manifesta nella fraternità.

Il lebbroso guarito diventa annunciatore di novità, liberato dai legacci di una falsa religiosità annuncia e testimonia la libertà ritrovata.

In questo tempo di pandemia in cui le relazioni si sono ridotte, i rapporti congelati, ci resta la compassione, una buona medicina per vincere dal di dentro questo terribile virus. La compassione di Dio è più forte delle nostre malattie interiori (papa Francesco).

 

 

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