L'intervista

La biologa che studia come ‘uccidere’ le cellule tumorali. “Il Covid ci ha sottratto risorse importanti, ma la ricerca non si è fermata”

Intervista alla biologa Maria Agnese Della Fazia, termolese, docente presso l'Università degli Studi di Perugia e coordinatrice dell'equipe del Laboratorio di Biologia Cellulare e Molecolare dove si occupa di ricerca contro il cancro. Nell'anno della pandemia i finanziamenti (statali e privati) sono in larga parte stati dirottati verso il virus Sars-Cov-2 e questo ha tolto risorse vitali alle sperimentazioni sulle altre malattie. Nonostante questo, il gruppo di studio della dottoressa ha prodotto ben 5 articoli su riviste scientifiche internazionali. I vaccini per i pazienti oncologici? "Quanto prima"

Da quasi un anno a questa parte il mondo della sanità e della scienza è tutto votato alla lotta contro il Covid. Ma le patologie tumorali (così come altre) non si sono certo messe in stand-by e i pazienti oncologici non possono in nessun modo essere tralasciati. Allo stesso modo è impensabile far arrestare la ricerca che è come la farina per il pane della clinica. Lo scorso 4 febbraio in tutto il mondo si è celebrata la Giornata mondiale contro il cancro. E proprio di ricerca abbiamo parlato con la dottoressa Maria Agnese Della Fazia, termolese ma da anni a Perugia dove è docente presso l’Università degli Studi di Perugia e dove svolge attività di ricerca e coordina – assieme al marito, anche lui di Termoli, il professor Giuseppe Servillo – l’equipe del Laboratorio di Biologia Cellulare e Molecolare del Dipartimento di Medicina e Chirurgia.

Le difficoltà, in questo tempo dilatato e sospeso, sono state enormi ma nonostante questo il lavoro di ricerca non si è affatto fermato. Anzi, dalle difficoltà – cui i ricercatori sono invero adusi, ma che in questi mesi si sono acuite – è forse nata un’opportunità, un ripensamento dell’attività che ha portato l’equipe di ricerca della Dr. Della Fazia a pubblicare ben 5 articoli scientifici in altrettante riviste internazionali. E gli articoli, per un gruppo di ricerca che ha bisogno di sempre nuovi finanziamenti, sono come “una carta d’identità per noi, che ci dà credibilità e che naturalmente diventa un patrimonio per tutto il mondo scientifico”. Il ricercatore non è abituato a pensare nei termini dell’Io ma in quelli del Noi, che tradotto significa benessere della comunità. “Noi che siamo sempre stati visti come topi di laboratorio, un po’ avulsi dalla realtà, in realtà facciamo tutto questo come fosse una missione, e lo facciamo per gli altri”. La missione di cui parla la dottoressa potrebbe definirsi ritorno alla vita, perché la ricerca da loro condotta – ormai da decenni – è un supporto imprescindibile per la diagnostica e per la terapia. È come il sole e il mare, che la dottoressa ama tanto, che appare d’improvviso. E d’improvviso la dottoressa ci rivela che dall’Umbria appena può tornerà nella sua Termoli, per respirare a pieni polmoni l’aria della sua città, del suo mare.

Dottoressa, in quest’anno l’attenzione e gli sforzi sono stati catalizzati verso la lotta alla pandemia. Crede che si sia trascurato altro?

“In questi lunghi mesi è stato lecito e sacrosanto incanalare e indirizzare attenzioni e risorse sulla lotta al virus Sars-Cov-2, però di tumore si muore anche oggi e la ricerca oncologica non si può fermare. Ci stiamo accorgendo che molti gruppi di ricerca negli ultimi tempi si sono convertiti verso lo studio del virus che dà la malattia Covid-19. È vero, siamo in guerra, però non è che in una guerra si dividono i soldati. Non solo l’oncologia ma anche altre patologie – da quelle cardiache a quelle metaboliche passando per quelle neurologiche – non possono essere dimenticate. Piuttosto che convogliare, come in un imbuto, tutte le risorse verso la pandemia forse si potevano rafforzare ed ampliare anche quelle verso le altre patologie”.

Anche perché c’è un’osmosi tra le diverse patologie, e sappiamo che il Covid va a colpire più duramente i soggetti con altre morbilità. Se queste ultime però vengono accantonate…

“Esatto, se la Covid si manifesta in persone affette da altre patologie produce effetti più deleteri rispetto a quelli che potrebbe produrre in soggetti in buono stato di salute. E torno a ripetere, oltre alla diagnostica e alla terapia medica è ugualmente importante la ricerca medica, quella che ad esempio noi conduciamo da anni. Si tratta di una ricerca di base, che nel caso specifico si occupa dei meccanismi molecolari nella patologia tumorale, che acquisisce conoscenze che poi si possono applicare alla medicina traslazionale. Importante sottolineare come la terapia possa essere personalizzata. Ognuno di noi è in parte diverso biologicamente, abbiamo l’esito di meccanismi molecolari che si possono diversificare da individuo a individuo. Dunque la patologia oncologica può essere differente nei vari individui, e se noi conosciamo i meccanismi molecolari di ognuno possiamo contribuire alla personalizzazione della cura. Lo stiamo continuando a fare, ma in questo periodo con meno soldi a disposizione”.

Ecco, in quest’anno di pandemia avete ricevuto minori finanziamenti? Ne avete risentito?

“Ovviamente sì. L’attività è andata avanti e il laboratorio non è stato chiuso praticamente mai. Quando c’è stato il primo lockdown abbiamo rallentato, questo sì, l’attività sperimentale, e ci siamo organizzati per il proseguo, in modo da evitare il sovraffollamento in laboratorio. La sperimentazione però era in atto, ed è come un campo da coltivare: si deve fare giorno per giorno, non si può lasciare in sospeso alcuna attività. Pertanto in quei primi ed unici giorni abbiamo messo in quiescenza alcune attività. Quello di cui abbiamo risentito è stata la minore elargizione di fondi. Non tanto i fondi ministeriali, perché quelli erano stati già assegnati ed erogati. (La dottoressa scherza sull’esiguità di queste risorse, ndr). Parlo dei finanziamenti che provengono da Fondazioni private. Molte in questo periodo hanno dirottato i finanziamenti su progetti di ricerca contro il Sars-Cov-2. Non ne abbiamo risentito solo noi o i gruppi di ricerca italiani: è successo anche oltreoceano. Non c’è nessuna accusa in quello che dico, è tutto comprensibile. Ma col senno di poi è tutto rivalutabile, così si è impoverito chi era già povero”.

E come si fa ricerca in queste condizioni?

“Eh (la dottoressa sospira, ndr). Si fa con le poche risorse che rimangono, con la buona volontà, con il mutuo soccorso tra i laboratori… Nella ricerca è come in una fabbrica o in una azienda: il piano finanziario si fa a inizio anno. I fondi disponibili sono destinati ad acquistare reagenti per fare quella determinata ricerca/esperimento.

Abbiamo deciso di rallentare, non già fermarci come dicevo poc’anzi, e abbiamo pensato di recuperare tutti i dati che negli anni precedenti non avevamo utilizzato e impiegato in altri prodotti della ricerca. Mi spiego. I prodotti della nostra ricerca sono in ultima istanza le pubblicazioni sulle riviste scientifiche internazionali. Sono un ‘prodotto’ fondamentale sia per dare credibilità all’equipe di ricerca sia perché sono la nostra ‘carta d’identità’, necessaria per ottenere sempre nuovi finanziamenti. Ora, con quel che ci rimaneva dei fondi abbiamo acquistato i reagenti necessari alle sperimentazioni. Nel frattempo noi ricercatori all’attività pratica in laboratorio abbiamo associato la raccolta delle informazioni acquisite negli anni e, appunto, non utilizzate in precedenti progetti. Abbiamo fatto un po’ come uno scrittore che tira fuori un manoscritto finito nel cassetto da diverso tempo. La nostra ‘redazione’ ha scritto nuove storie, nuovi manoscritti. Ovviamente abbiamo condiviso il tutto (tantissime in questo periodo le riunioni online), lo abbiamo discusso e ne abbiamo fatto una lettura critica. Abbiamo di volta in volta deciso se limare o integrare il lavoro. Infine lo abbiamo sottoposto ad alcune riviste internazionali.

E?

“E devo dire che nel male della pandemia, in questo buio, c’è stato un barlume di speranza. Siamo riusciti a pubblicare ben 5 articoli in riviste internazionali. Chiaramente quando invii il lavoro all’Editorial Board di una rivista scientifica non tutto va ‘liscio’ da subito. È un esame ‘difficilissimo’, i revisori sono molti critici e molto spesso chiedono ulteriori dati a supporto. Dunque il lavoro torna indietro e va integrato sulla base delle loro ‘critiche’. Oltretutto dopo la pubblicazione ci sono agenzie che controllano la veridicità dei dati. Insomma non è una passeggiata. Ma in questo anno, come detto, sono stati ben 5 gli articoli pubblicati”.

Un bel successo. Questi lavori hanno a che fare con i vostri studi sulla proteina Hops, la cui ricerca è stata pubblicata a gennaio scorso?

“Sì, ci occupiamo del meccanismo di questa proteina da 20 anni circa. Ci ha detto tanto, ma non ancora tutto. In questo senso i 5 articoli fanno parte di quella storia, una storia che continua…

In particolare abbiamo pubblicato nuove informazioni sul meccanismo di questa proteina e su come agisce verso altri processi molecolari. Per intenderci, la proteina Hops è coinvolta nel ciclo cellulare. In particolare può mandare a morte cellulare (apoptosi) le cellule che non funzionano come dovrebbero, controllando l’attività di una proteina chiave (p53) definita ’guardiano del genoma umano‘. Chiariamo che la morte cellulare è un processo fisiologico (un po’ come le foglie che cadono in autunno) che non deve spaventare. È una morte ‘programmata’, funzionale al nostro organismo, è in realtà un evento di protezione dell’individuo. Quando il nostro organismo subisce dei danni (pensiamo alle radiazioni, al fumo di sigaretta, all’inquinamento…) le nostre cellule possono subire delle alterazioni. Ma per fortuna c’è questo meccanismo dell’apoptosi che è una sorta di suicidio della cellula alterata. In pratica la cellula capisce che c’è un danno al DNA, prova a ripararlo ma se non ci riesce o va in senescenza (avrà dunque un funzionamento ridotto ma non già lesivo) oppure andrà in apoptosi. Nel processo tumorale la cellula non riesce ad attuare questi meccanismi e si fa neoplasia: diventa una cellula tumorale. Ebbene, la proteina Hops è fondamentale per il processo apoptotico e dunque per la distruzione delle cellule pericolose. In sua assenza invece il processo non funziona alla perfezione. Quindi nel caso di deficienza di questa proteina (abbiamo prodotto dei topi in laboratorio che non hanno questo gene) la progressione della malattia è maggiore perché l’Hops può bloccare la proliferazione delle cellule tumorali.  Gli articoli pubblicati approfondiscono questo e vari altri aspetti”.

Bene, la ricerca dunque non si è fermata…

“Assolutamente no, anche se ha avuto modalità in parte diverse. Abbiamo continuato utilizzando tutti i DPI e le precauzioni necessarie. L’Università stessa non si è mai fermata (il Laboratorio di Biologia Cellulare Molecolare coordinato dalla dottoressa Della Fazia fa parte del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Unipg). Certo, abbiamo ridotto le compresenze, ma non i tempi di presenza. Chiaro che la compresenza in un laboratorio di ricerca è importantissima ed è stata dura doverla ridurre. Ma l’attività è andata avanti al 100%. Specie noi coordinatori nell’attività di laboratorio non siamo mai mancati. Nella ricerca non abbiamo orari, tempi scanditi, né fine settimana. Ci siamo anche la notte, se serve”.

Chi non vi ha fatto mancare il proprio supporto è l’AUCC (Associazione Umbra per la lotta Contro il Cancro).

“Verissimo. L’AUCC ha continuato a sostenere la nostra attività, anche finanziando borse di studio per la ricerca. L’AUCC  da sempre offre un servizio di assistenza domiciliare gratuita per i pazienti oncologici, e per le loro famiglie, su tutto il territorio della regione. Anche durante la pandemia l’attività dell’AUCC non si è fermata. Ma la ricerca non ha confini, non si pensi che è limitata alla sola Umbria. Tra l’altro nel 2019 l’Associazione ha istituito la Fondazione per la Ricerca Oncologica Menesini (FROM) che svolge attività su tutto il territorio nazionale. Io e il Professor Servillo facciamo parte del Comitato Tecnico Scientifico, di cui fanno parte, ad esempio, anche professori dell’Università della California, Istituzione con cui noi collaboriamo”.

Le donazioni sono una linfa vitale per voi

“È proprio così. In un momento così difficile in cui è venuta a mancare gran parte dei finanziamenti e statali e privati, le donazioni – anche quelle dei singoli cittadini – diventano fondamentali per noi. Ma non è solo un supporto economico, è anche emotivo. Sapere che ci sono persone che capiscono le difficoltà del nostro lavoro diventa per noi una forza, ed è molto gratificante, ci spinge ad andare avanti”.

Per concludere, può dirci cosa ne pensa dei vaccini (anti-Covid) per i pazienti oncologici?

“Premesso che non sono un microbiologo o virologo, dico che i pazienti oncologici devono vaccinarsi, e il piano vaccinale deve riprendere la sua corsa. Se non ci fossero stati i rallentamenti che conosciamo, i pazienti oncologici avrebbero cominciato le vaccinazioni perché inseriti nella seconda fase. Ora, purtroppo spesso è limitato per questi pazienti il supporto della medicina di base, che invece deve essere un trait d’union con lo specialista oncologo e con l’Asl di riferimento. Non è detto che il paziente in questione sia inserito nelle liste di priorità del piano vaccinale, allora il medico di base deve insistere. Questi pazienti devono fare il vaccino, assolutamente, non corrono altri rischi, anzi. Prima si vaccinano e prima possono tornare a fare le terapie rallentate durante la pandemia. Sappiamo bene che la terapia oncologica è foriera di depressione/deficienza immunologica. Quindi il paziente è più vulnerabile, si ammala con maggiore probabilità e mostra il fianco più facilmente a questo maledetto virus.

Quanto ai dubbi sui vaccini, sono assimilabili a quella che si dice ‘buona ignoranza’. Come può un vaccino costituito da un piccola porzione di RNA andare a modificare il DNA? Taluni sono diffidenti perché la sperimentazione – e poi l’approvazione – di questi vaccini ha avuto tempi molto rapidi. Ma è ovvio, e il perché lo spiegavamo all’inizio: si sono reclutate ingenti risorse, umane ed economiche, che hanno abbattuto i tempi, anche per le procedure burocratiche, ma le fasi della sperimentazione sono state assolutamente tutte rispettate. E poi c’è stata la convalida dell’Oms e delle Agenzie Internazionali del Farmaco. Se fosse così facile modificare il nostro genoma (DNA) avremmo risolto la patologia oncologica e sconfitto altre malattie genetiche. Per fortuna le nostre cellule hanno numerosi sistemi di controllo per mantenere integro il così prezioso DNA”.

 

La FROM, che prende il nome dal Professore universitario Menesini che si ammalò di tumore e fondò appunto l’AUCC, fiore all’occhiello della sanità umbra, è un’altra fonte di finanziamenti per la ricerca oncologica.

Fondazione Ricerca Oncologica Menesini (FROM) ets   www.fromitalia.org

Per sostenere la Fondazione Ricerca Oncologica Menesini puoi effettuare un bonifico bancario sul conto corrente intestato a:

FONDAZIONE RICERCA ONCOLOGICA MENESINI – F.R.O.M. – E.T.S. STRADA LA VIA TORRETTA 2/BIS 06123 PERUGIA PG

IBAN IT 13 J 02008 03027 000105160486

 

PERSONE FISICHE

Le erogazioni liberali:

1) sono detraibili dall’imposta nella misura del 35% dell’erogazione effettuata e nel limite massimo di € 30.000 per ciascun periodo di imposta.

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2) sono deducibili dal reddito complessivo nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato. In questo caso la quota di deducibilità che supera detto limite può essere dedotta nei periodi successivi, ma non oltre il quarto, fino a concorrenza del suo ammontare.

PERSONE GIURIDICHE (SOGGETTI IRES)

Le erogazioni liberali sono deducibile dal reddito complessivo netto, nel limite del 10% del reddito complessivamente dichiarato. In questo caso la quota di deducibilità che supera detto limite può essere dedotta nei periodi successivi, ma non oltre il quarto, fino a concorrenza del suo ammontare.

CONDIZIONI PER LA FRUIZIONE DEI BENEFICI FISCALI

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Le agevolazioni fiscali sopra illustrate non sono cumulabili tra loro, né con altre analoghe agevolazioni derivanti da eventuali altre disposizioni di legge previste per le stesse erogazioni.

 

Associazione Umbra per la lotta Contro il Cancro (AUCC) onlus   www.aucc.org

Conto corrente postale N° 15412067

Unicredit Banca IT 93 A 02008 03027 000029458531

Monte dei Paschi di Siena IT 46 T 01030 03000 000063477486

 

Per FROM e AUCC si può donare il 5xmille durante la denuncia dei redditi

equipe ricercatori pino servillo agnese della fazia

Foto (pre-Covid) dell’equipe di ricerca del Laboratorio di Biologia Cellulare e Molecolare – Dipartimento di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Perugia

Da sinistra verso destra dall’alto: Dr. Damiano Scopetti, Dr. Nicola Di Iacovo, Dr.ssa Stefania Pieron, Dr. Danilo Piobbico

Dr.ssa Marilena Castelli, Dr.ssa Maria Agnese Della Fazia, Prof. Giuseppe Servillo, Dr.ssa Simona Ferracchiato

 

 

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