Emergenza coronavirus

Da Campobasso a Cesena, un volo per la vita: trasferito il decimo paziente Covid in gravi condizioni

Alle 14 un elicottero dell'Aereonautica Militare è atterrato all'antistadio di contrada Selvapiana per trasportare un 53enne della Terapia intensiva. Il Molise nel pieno della Rete cross che ha saltato la quarta fase passando direttamente a quella di massima emergenza

Siamo in guerra contro il covid. Quante volte abbiamo pronunciato oppure ascoltato o anche soltanto letto questa espressione? Moltissime. Così tante da averci persino fatto l’abitudine. E assuefatti a questo modo di dire, abbiamo forse cominciato a  guardare con distacco i campi di battaglia dove ogni giorno si consuma una lotta sempre più frequentemente impari: quella tra l’uomo e il Covid-19.

Chi scrive ha raccontato in più occasioni la pandemia dalla Rianimazione del Cardarelli, dalle zone “rosse”, dalle postazioni del 118, dalla casa di famiglie che hanno perso i loro cari a causa del virus, eppure quella espressione del “siamo in guerra” non è stata mai così calzante come è accaduto oggi – martedì 23 febbraio – all’antistadio di Contrada Selvapiana.

Sono le 14 quando arriva a bordo dell’ambulanza il decimo paziente covid costretto ad essere trasferito in un altro ospedale perché il Cardarelli è saturo.

Quella in corso è la settimana peggiore, dicono i medici. Poi aggiungono incrociando le dita: “O meglio, speriamo che non ci siano altre ancora peggio”. Lo è perché il virus e le sue varianti circolano con estrema facilità, i ricoveri aumentano, anche quelli in Rianimazione. Il reparto del dottore Romeo Flocco non ce la fa più: è allo stremo.

Il paziente numero 10 da trasferire, ha 53 anni. I suoi polmoni faticano, è attaccato ad un respiratore, la sua vita è a rischio. L’elicottero tarda di qualche minuto sulla tabella di marcia. Ci sono i Vigili del fuoco che monitorano l’arrivo del velivolo, a loro tocca il compito di garantire atterraggio e decollo in sicurezza.

Nel primo pomeriggio in contrada Selvapiana c’è quasi nessuno e il silenzio è ovunque.  A squarciarlo, qualche minuto dopo le 14, arriva il rumore assordante dell’Aw-101 dell’Aereonautica Militare.

Il suo frastuono è un pugno allo stomaco.

Il chiasso del motore, il vento delle eliche, l’ambulanza del Cardarelli che accende i lampeggianti, i vigili del fuoco che si precipitano a mettere in sicurezza l’area, l’Aw-101 che atterra, il portellone posteriore che si apre, i militari (alcuni bardati) che scendono  e l’incontro con i medici del Cardarelli per concordare il trasferimento del paziente da una barella all’altra.

Ecco, le sensazioni di questi minuti rinsaldano quel pensiero che fino a qualche giorno fa aveva quasi il sapore di una metafora  e che invece non lo è perché  “siamo davvero in guerra contro il covid e contro il tempo”.

L’Aw-101 viaggia sulle nostre teste per circa due volte, deve calcolare l’atterraggio (d’altronde l’eliporto del Cardarelli, argomento di ogni campagna elettorale da anni, non è ancora nelle condizioni di ottemperare a queste emergenze). Quando si spengono i motori e le eliche si fermano, dal portellone i militari dell’Aereonautica tirano fuori la barella.

Quindi imbracano il paziente e rapidamente lo spostano sull’altra lettiga per bio-contenimento.  Si chiamano così quelle utilizzate per i malati affetti da patologie ad alta contagiosità.

Quello che accade in questo momento rientra nella cosiddetta “Rete cross” (centrale remota operazioni soccorso sanitario) che in Molise è stata attivata direttamente nella “fase 5” cioè quella dell’emergenza massima, saltando la “fase 4” a causa dell’improvviso peggioramento dei contagi e quindi dell’impossibilità del sistema sanitario regionale di far fronte ad un picco rilevante e senza precedenti di ricoveri ed emergenze.

Il paziente molisano, 53 anni, è quindi il decimo che rientra nel sistema di degenza organizzato con la “Rete cross”. Dopo quelli trasferiti nel Lazio, in Abruzzo, in Toscana, quest’ultimo malato sarà portato a Cesena.

Ci siamo. La barella attraversa la soglia del portellone posteriore del velivolo. I soccorritori terminano la disinfestazione delle tute e si preparano al decollo.

Ancora quel rumore dei motori che squarcia il cielo di Campobasso e ti costringe a coprire le orecchie con le mani. Il comandante di volo prima di salire a bordo saluta il personale medico del 118 che è fermo davanti all’ambulanza in attesa che l’elicottero riparta.

“Ciao ragazzi – dice – in bocca al lupo”. Uno dei tre soccorritori della nostra ambulanza si commuove, porta le mani alla testa, quasi a proteggersi dal pianto.

Già, in bocca al lupo. Ne abbiamo bisogno tutti,  ancora di più ne ha bisogno il paziente molisano in viaggio verso Cesena e tanti come lui che lottano tra la vita e la morte.

Noi? Noi, che abbiamo la fortuna di non essere attaccati al ‘bip’ del respiratore, probabilmente potremmo fare molto per evitare contagi e ricoveri. Inutile ribadirlo.

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