Antica, eppure sempre nuova. Lacrime dal cielo, immacolate; un manto candido per restaurare al di là di ogni fango una purezza perduta. Neve, dea sottile. Un canto silenzioso, bellezza in divenire: magia che ammalia gli occhi dei bimbi, incanto del creato.
L’avevamo attesa, sulla scorta delle rigide temperature di questi giorni, anche nella nostra regione. Ed è arrivata, oggi (giovedì 7 gennaio), manifestandosi quasi a sancire il preludio di una nuova Epifania: un’apparizione, un segno, una rivelazione.
I tetti imbiancati, le strade coperte, i fiori nascosti dal gelo: tutto giace sotto poesie di silenzio. Ogni contorno dolcemente limato, ogni profilo più morbido; ogni cosa resta, come gentilmente sospesa eppur viva, sotto il medesimo abbraccio.
Un abbraccio che, quando il ghiaccio si sarà sciolto, ci restituirà tutto: le parole interrotte ed i sorrisi attesi, le ferite combattute, gli amori inseguiti e quelli finalmente trovati.
E proverà a restituirci, magari, la stessa quiete che dovremmo misurare nelle stanze delle nostre quotidiane esistenze, soprattutto adesso, in un momento storico così delicato anche per le nostra terra. Mettendo a tacere i contrasti, l’astio e le vetuste ruggini; mettendo a tacere ogni interiore bellicosità.
E mettendo a tacere, volendo, anche la retorica pacchiana, banale e ammorbante del solito “pronto intervento”, capace di arringare e stracciarsi le vesti persino dinanzi a un pacco di pasta. A un pacco di pasta. Un pacco di pasta.
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