Il commento

Dopo l’assalto a Capitol Hill/ Tutti sotto shock, il mondo s’interroga. Trumpisti e populisti imbarazzati ma non pentiti

Occuparsi di politica estera sembrava una volta cosa da snob, riservata ai cosiddetti “circoli diplomatici” il cui vangelo era Le monde diplomatique ma nei grandi giornali ci si lamentava che i servizi di corrispondenti e inviati fossero tanto costosi quanto ignorati dalla gran parte dei lettori.

Oggi invece in un mondo così interconnesso, globalizzato e medializzato, le cose sono decisamente cambiate come dimostra l’interesse mondiale che dal 6 gennaio in poi desta il colpo di stato al Senato USA tentato da bande di Trumptruppen (copyright Gramellini).

Stupore e preoccupazione sono universali, tranne che nei regimi totalitari. Non a caso Russia e Cina festeggiano “una democrazia al collasso”.

A scorrere decine e decine di autorevoli articoli e interviste, ci s’imbatte in uno sterminato florilegio di orrori. Il noto scrittore americano Paul Auster, per citarne a caso qualcuno, si chiede come sia stata possibile “la tragica realtà di un episodio così grave, atroce, agghiacciante e imperdonabile come l’assalto a Capitol Hill che sembra uscito da un pessimo film di serie B”.

Michael Walzer, il più celebre dei politologi, è preoccupato per i danni arrecati alla democrazia dalla presidenza Trump. Per lui il Campidoglio sotto assalto si è rivelato – come la democrazia americana – più vulnerabile del previsto.

L’autorevole columnist Salena Zito lamenta che la stampa ha preso Trump «letteralmente, ma non seriamente», mentre «i suoi sostenitori lo prendono seriamente, ma non letteralmente». Ezra Klein, grande firma del New York Times, ribatte che le élites del partito repubblicano hanno sostenuto Trump prendendolo né seriamente né letteralmente, ma cinicamente.

Il Wall Street Journal, faro del conservatorismo americano, chiede a Trump di dimettersi subito. Twitter sospende Trump e i democratici pensano a un quick impeachment per farlo sloggiare dalla Casa Bianca. Russia e Cina festeggiano “una democrazia al collasso”. Ma lui, Trump, atteso da almeno tre cause per truffe economiche nelle sue attività imprenditoriali, minaccia la stabilità degli Stati Uniti e incoraggia i suoi tanti, troppi fan: “Il nostro incredibile viaggio è solo all’inizio”.

Giuliano Ferrara parla di “un’aggressione squadrista”, di “toni e metodi di guerra civile diventati gazzarra armata”, di “prezzo che si paga alla paranoia narcisista di un uomo stupidamente e ferocemente violento”. Valter Veltroni teme le conseguenze del “mostro populista creato da Trump”. Anche per Aldo Cazzullo “il problema è soprattutto della destra che da conservatrice è diventata populista e da patriottica si è fatta nazionalista”.

Perfino il più fedele senatore di Donald, Lindsey Graham, ammette lo sconforto sui social: «È un imbarazzo a livello nazionale». Ma com’è in Italia l’imbarazzo delle forze politiche da sempre filo-trumpiane? Decisamente ipocrita. Salvini: “La violenza non è mai la risposta o la soluzione ad alcun problema. Noi siamo dalla parte della libertà e della democrazia, gli Italiani vengono prima di tutto e continueremo ad avere rapporti di collaborazione con gli Stati Uniti”. Giorgia Meloni: “Mi auguro che le violenze cessino subito come chiesto dal Presidente Trump. In questi momenti serve grande prudenza e serietà. Mi auguro che la situazione possa tornare al più presto alla normalità”.

Tutto qui. Ecco che tutto finisce a tarallucci e vino. E figuratevi se dalle nostre parti possano mai spuntare un po’ di populisti trumpiani pentiti. La parola d’ordine è una sola: Zitto e mosca.

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